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Cari e care,
ci facciamo vivi per augurarci reciprocamente il meglio possibile per le prossime feste.
Ma cominciamo con riferirvi innanzitutto del Seminario del 13 e 14 novembre.
Come ricorderete, era stato deciso per ripensare insieme il nostro lungo cammino. Ci eravamo dati come titolo IL SOGNO DELLA RETE: UN LEGAME CON IL FUTURO
Ed è stato realmente un momento molto partecipato, sia per l’interesse dell’argomento, sia per la gioia di potersi rivedere dopo tanto tempo. Si erano iscritte al Seminario più di 70 persone e quindi anche i momenti di confronto sono risultati molto vivaci e ricchi di spunti.
I relatori in parte sono stati presenti e in parte hanno mandato il loro contributo videoregistrato. Già questa è stata per noi una bella novità, rispetto alla difficile organizzazione dei precedenti convegni. Come vedrete, per esempio, è stato sempre presente come osservatore Filomeno Lopes, giornalista originario della Guinea Bissau. Ma abbiamo avuto contributi importanti in videoconferenza da Haiti, dal Brasile, dal Cile e dall’Africa.
Tutti i relatori hanno sottolineato l’importanza di restare fedeli ai valori portanti della Rete, piccola realtà che non ha ceduto alla tentazione di diventare una struttura burocraticamente organizzata. Ci hanno invitato, anzi, a ritornare alle fonti senza cedere alla paura o alla nostalgia, ma ricercando ancora una volta in esse la spinta di quell’utopia mobilizzatrice che ha sempre accompagnato il cammino della Rete, ancora oggi convinta che un altro mondo è possibile.
Di seguito il link che contiene il materiale del Seminario, dove potete scegliere anche i singoli interventi che vi interessa ascoltare

Seminario di Rimini – Novembre 2021

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Intanto gli eventi si accavallano e non possiamo tacere sull’ipocrisia dell’Europa che da una parte condanna il regime della Bielorussia che usa i migranti come arma di ricatto, ma dall’altra non si assume la responsabilità di corrette politiche di accoglienza, né al confine polacco (si tratta di alcune migliaia di persone), né sulle coste francesi della Manica, né ai confini orientali, dove la polizia croata mette in atto respingimenti del tutto illegali, infliggendo vere e proprie torture anche a ragazzi minorenni. Nel frattempo, si rinnovano gli accordi con la Libia, finanziando la guardia costiera perché possa riportare nelle terribili prigioni di quel paese chi tenta di attraversare il Mediterraneo.
Di fronte a questo “naufragio di civiltà”, come l’ha definito papa Francesco nel suo ultimo viaggio a Lesbo, crediamo che più che mai oggi sia necessario testimoniare con le proprie scelte di vita la solidarietà, consapevoli al contempo della portata politica del proprio agire.
Anche qui in Italia denunciamo che si cerca di intimidire chi fa solidarietà: la più nota vicenda è quella di Mimmo Lucano; ma continua il tentativo di mettere sotto accusa le ONG che operano i salvataggi in mare. Quest’anno, inoltre, un’anziana coppia di Trieste (Fornasir Franchi) è stata denunciata e ha subito perquisizioni al proprio domicilio. Hanno fondato un’associazione che si dedica ad assistere chi arriva stremato e disperato a Trieste. La loro prima attività è proprio il curare e il fasciare i loro piedi feriti.
Vediamo alzarsi, dunque, sempre nuovi muri materiali e sempre nuove barriere economico-politiche, ma sappiamo che per la nostra salvezza e per quella del pianeta c’è una sola possibilità: “uscirne insieme”. Questa è l’utopia verso cui ancora una volta ci spinge la Rete.

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Per quanto riguarda i nostri progetti, sono appena arrivate dal Ghana le foto che testimoniano che, ad Adjumako, i lavori di costruzione del blocco mensa e servizi per la scuola stanno andando avanti molto bene, tanto che si è arrivati al tetto.
In memoria di Emilio Butturini abbiamo raccolto, come rete locale e con le offerte di amici di altre reti, 3300 euro. Inoltre, 470 euro sono stati versati da amici di Emilio e di Paola, che frequentavano, insieme a loro, uno stesso gruppo biblico.
Questi contributi sono stati suddivisi tra i due progetti che sosteniamo come rete di Verona:
il microcredito in Guatemala e il diritto allo studio delle ragazze in Ghana.

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Infine, stiamo aspettando che suor Alicia dalla Palestina possa trovare una data possibile per un incontro on-line. Speriamo così di vederci presto anche tra noi, almeno su zoom, per farci gli auguri di buone feste insieme a lei.
Anche Emma, la nostra referente in Ghana si è resa disponibile per inviarci un video sull’andamento del progetto. Questo video probabilmente sarà pronto all’inizio del prossimo anno e sarà un altro motivo di sentirci e ritrovarci.

Un caro saluto e un augurio affettuoso a tutti e a tutte.

Maria e Gianni

Verona, 13 dicembre 2021

 

Circolare Nazionale Rete Radiè Resch
Dicembre 2021
Il seminario di Rimini (13-14 novembre 2021) è stata un’occasione per respirare l’aria pura che scaturisce dalla storia della Rete. Abbiamo ripercorso il suo cammino guidati da alcuni testimoni, lasciandoci interpellare dagli interrogativi del nostro presente.
Il quadro che ne è emerso richiama fortemente le radici. Secondo Ercole Ongaro la Rete nasce da un incontro (quello fra Masina e Gauthier) ed è terreno di incontri. Uno spazio di amicizia e di condivisione in cui i poveri diventano parte attiva del loro cammino di speranza. Negli anni sono cambiati alcuni riferimenti, ma è ancora forte la fedeltà ad una struttura organizzativa leggera, basata integralmente sul volontariato. La lettera appassionata di Carla Grandi ne è testimonianza preziosa e richiamo profetico. Come mette in evidenza Matteo Mennini, la Rete non si è mai trasformata in una associazione strutturata, inevitabilmente ancorata a figure professionali che fanno dell’impegno associativo il loro “mestiere” e ne condizionano l’evoluzione, nel bene e nel male.
Questa scelta di leggerezza organizzativa corre alcuni rischi inevitabili, il principale è quello della scarsa visibilità, che rasenta, nei momenti difficili, l’inconsistenza. Una limitazione percepita e vissuta da molti aderenti, di fronte alle grandi scelte che a volte la politica pare esigere. Più recentemente le casistiche definite dalla legge sulle organizzazioni di volontariato hanno suscitato un ampio dibattito, concluso tuttavia con soluzioni ancora provvisorie, a tratti carenti di chiarezza nella formulazione fin qui accettata.
Ci sarà ancora la Rete in un futuro ormai prossimo, quando le energie di alcuni grandi appassionati trascinatori potranno venire meno?
Filomeno Lopes ci invita ad accettare la ciclicità di ogni esperienza umana. Anche il tramonto può essere visto senza paura e senza nostalgia. La lotta alla globalizzazione dell’indifferenza ha un senso che va al di là del presente e si proietta nel futuro (oltre i figli, verso i nipoti). L’ascolto degli oppressi ha in sé un momento di riconciliazione con la propria storia, anche con una storia coloniale che gli italiani hanno spesso negato.
La continuità e la durata sono oggi fuori moda. La velocità della nostra comunicazione ci porta ad esigere i risultati di ogni nostro impegno. Il finanziamento tramite autotassazione invece, con la sua lentezza e con la sua esiguità (rispetto alle possibilità operative di organizzazioni no-profit che accedono a fondi pubblici e si danno una organizzazione manageriale), pare provenire da un’altra storia, fatta di testimonianza individuale più che di risultati visibili.
Inoltre il modello assembleare del coordinamento, che induce a prendere decisioni in modo lento e sempre provvisorio, stride fortemente con i modelli comunicativi in cui prevalgono lo slogan immaginifico e la sintesi autoritaria. E tuttavia questa fatica non è inutile. Nel coordinamento si mette in pratica l’esigenza di cogliere la dimensione strutturale e la valenza politica delle idee, nel confronto anche dialettico con altre prospettive convergenti. Stedile ci ha ricordato come i movimenti siano essenziali alla crescita della società: la politica da sola non basta, senza un humus sociale ed organizzativo carico di visioni innovative e di speranze che stimolino all’impegno disinteressato.
Gli schemi economici mondiali stanno cambiando rapidamente, a volte disorientando coloro che erano legati ad alcune abitudini di scontro ideologico (ad esempio: capitalismo di modello nord americano contrapposto al cosiddetto “terzo mondo”). Così la Cina, oggetto dell’intervento di Pietro Masina e di gran parte dell’opuscolo di Pier Paolo Pertino, sta diventando la maggiore potenza economica mondiale con caratteristiche nuove ed in parte inesplorate. In particolare Masina ha segnalato le forme di rivalsa verso le potenze europee che nell’Ottocento hanno imposto all’impero cinese la sudditanza economica. Da questo contrasto è nato uno stato a parole comunista, ma impregnato di legalismo formalista confuciano (che ignora i modelli occidentali di creazione del consenso), con una organizzazione fortemente verticistica del potere politico e con un sistemaeconomico che accetta tutte le logiche capitalistiche (Cina membro del WTO dal 1997). Masina ha accennato anche al timore atavico dei dirigenti cinesi per le forme di autonomia, che nel passato hanno determinato forme di frammentazione dello stato, timore che si concretizza nell’oggi con la repressione delle minoranze (gli uiguri turcofoni del Xinjiang, i tibetani, ma anche gli studenti delle grandi città costiere che vorrebbero spazi di libertà) e con la gestione autoritaria e spersonalizzante dell’emigrazione interna.
La riflessione di Antonio Olivieri, animatore dell’associazione “Verso il Kurdistan”, ci ha aiutato a leggere il complicato mosaico medio-orientale da un’altra prospettiva, quella di una identità etnico- linguistica dispersa fra cinque diversi stati e perennemente alla ricerca di qualche forma di autonomia (oggi particolarmente difficile in un’area egemonizzata dalle mire espansionistiche del governo turco guidato da Erdogan). Antonio ci ha parlato di piccoli progetti di sostegno sanitario e scolastico in zona curda, in cui le donne hanno un ruolo importante (vera eccezione in uno spazio culturale che sembra andare in altre direzioni) e ci ha lasciato nel cuore il saluto tradizionale curdo “ti porto sugli occhi”
Molto ricca è stata la riflessione sulle tradizioni popolari che esprimono lo spirito di un popolo. Così
abbiamo attraversato con lo sguardo i simboli della cultura Mapuche sempre a rischio di ghettizzazione e di emarginazione nel difficile incontro con la situazione politica cilena (la bandiera “cosmica”, l’albero sacro, il gioco collettivo del palin, la casa comunitaria). Dal filmato su Haiti abbiamo imparato a conoscere il “konbit”, termine haitiano-creolo che designa una forma tradizionale di lavoro comunitario, ritmato da canti, che valorizza l’aiuto reciproco nella preparazione dei campi.
Secondo Masina occorre fare però attenzione agli approcci idealizzanti a questi simboli identitari. La
ricerca dell’identità è anche una radice di tutti i nazionalismi. In tutte le tradizioni popolari ci sono meccanismi di esclusione e spesso riti ancestrali giustificano un ruolo marginale delle donne.
Da questo punto di vista Joao Pedro Stedile ci ricorda, fra le altre cose, la necessità di una attenta analisi di classe dei movimenti popolari, citando il pensiero di Gramsci.
Un discorso a parte merita la ricerca di un incontro con i giovani, a lungo discusso negli incontri di coordinamento e tema di iniziative importanti, come i seminari e i viaggi. Con efficacia e semplicità i giovani presenti ci hanno ricordato l’inutilità di catalogazioni collettive, che non appartengono agli individui concreti. I giovani sono molto diversi fra di loro, a volte distanti dagli schemi riassuntivi con cui proviamo ad incontrarli. La Rete è spesso in difficoltà con il loro modo di comunicare perché usa un linguaggio prevalentemente verbale, mentre le nuove generazioni si muovono con più agilità e partecipazione nel mondo delle immagini, in particolare quelle ricche di emozioni.
Fra i messaggi ripetuti nella comunicazione giornalistica di questi giorni emerge l’appello a “salvare
il Natale”. Naturalmente è l’invito legittimo alla prudenza contrapposto ai comportamenti che possano espandere il contagio, ma questa “salvezza” è spesso connessa alle stime sui consumi previsti (per lo più dai centri studi delle associazioni dei commercianti). Insomma dobbiamo “salvare” 14 miliardi di euro di spesa, sulla base dell’ultima previsione che ho letto per l’Italia. Difficile non fare il collegamento. E per noi difficile non pensare alle centinaia di persone che sono state respinte a colpi di acqua gelata nelle foreste della Bielorussia. O di quelle lasciate alla deriva nel cuore del Mediterraneo.
Il nostro augurio è quello di “salvare il Natale” nello spirito di questa storia della Rete. Una storia che
ha un percorso diverso rispetto alla logica che comunemente ci viene proposta come normale. Una storia che abbraccia tutte le profezie di questo tempo difficile. E getta un ponte fra tutte le persone che le condividono. Vi portiamo sugli occhi!
Il gruppo della Rete di Casale Monferrato

Seminario nazionale della Rete Radié Resch – Rimini 13-14 Novembre 2021

IL SOGNO DELLA RETE: UN LEGAME CON IL FUTURO

SINTESI:

Introduzione di Lucia Capriglione

Presenta Filomeno Lopes, originario della Guinea Bissau, in Italia dal 1986, lettore di notiziari in lingua portoghese presso la radio vaticana, laureato presso la Gregoriana, giornalista e autore di libri sulla differenza culturale.

Compito di Filomeno: ascolto e relazione finale

Maria Picotti legge la lettera inviata da Carla Grandi

Video di Matteo Mennini

La Rete non è diventata FBO, è rimasta fedele alle sue radici (nello stesso periodo Focsiv e Mani Tese si sono “professionalizzate”

Il tema delle fondamenta nel rapporto con la terra e con la storia: le lettere di Masina

La nostra coscienza e la nostra discendenza

  • Bisogno di riconciliazione (con la nostra storia e con la nostra fede)
  • Assunzione delle violenze del sistema (le cause strutturali)
  • L’ascolto degli oppressi

Ercole Ongaro

La Rete nasce da un incontro (Masina e Gauthier). Incontro come valore fondante

  • Una condivisione continuativa: l’autotassazione
  • La libertà organizzativa dei gruppi e l’assenza di istituzionalizzazione. I gruppi hanno la libertà e la leggerezza dei movimenti spontanei.
  • I momenti comuni del seminario e del convegno biennale.

La valenza politica: innescare forme di cambiamento in cui i poveri fossero parte attiva

Mettersi periodicamente in discussione

Luci e ombre: nascita e morte di tanti gruppi locali

  • Non siamo attraenti in una società che predilige la breve durata
  • Siamo carenti di visibilità e di efficienza (ma può essere un valore)

Una associazione vive se c’è chi la fa vivere. Il mondo si è evoluto in modo diverso

Filomeno Lopes

Rileggere la Rete senza paura e senza nostalgia. Quando è buio non temere di tornare indietro. La sfida intergenerazionale: nel discorso non è ancora uscita la parola futuro. Nella mia cultura il futuro sono i nipoti, più che i figli. Il rito di iniziazione (in Mali?).

La Rete nasce da un incontro per ricordare che la vita sono gli altri

Contro la globalizzazione dell’indifferenza

  • Il peso della storia: l’assunzione delle responsabilità coloniali (tra parentesi: l’Italia fa più fatica a riconoscersi come potenza coloniale)
  • L’ascolto degli oppressi come strumento di riconciliazione: la parola è vita ed è come il sangue o l’acqua, non si può raccogliere una volta emessa.

Pietro Masina (associato di Storia e istituzioni dell’Asia a Napoli, già ricercatore di Fondazione Rothschild, esperto di sud-est asiatico, in particolare di Vietnam)

La Cina è un paese emergente (supererà l’economia USA entro 10 anni, già oggi molti indici sono superiori), con venature di revanchismo rispetto alla sconfitta militare e alla penetrazione commerciale imposta a partire da fine ‘700 (guerra dell’oppio 1839-1842)

  • Il governo di Pechino viene riconosciuto dall’ONU solo nel 1971 (in precedenza la Cina era Taiwan)
  • L’egemonia cinese ignora il modello occidentale della creazione del consenso
  • Il sud-est asiatico come luogo di confronto fra le due egemonie

Il timore del gruppo dirigente cinese: la frammentazione, gli autonomismi e i conflitti interni (la memoria storica degli “stati combattenti”, V-III sec. a.C.)

  • La questione del Tibet e la rivolta del 1959 (fomentata dalla CIA)
  • Le popolazioni turcofone (uiguri) nel Xinjiang
  • La repressione dei movimenti millenaristi, come il Falun Gong

Il confucianesimo di Meng-Tzu (370-289): l’animo umano è fondamentalmente buono, ma deve essere educato. In seguito prevale la tesi della cattiveria umana che necessita di norme, su queste basi si è fondata la riunificazione della Cina su base legalistica durante la dinastia Qing.

Sesto plenum del PCC, Xi Jing Ping proclamato “grande leader” per la terza volta, sulle orme di Mao e di Deng. Nella sua relazione si vanta di aver sottratto alla povertà 850 milioni di persone (100 milioni durante il suo mandato). Fra gli obiettivi l’aumento dei salari e la delocalizzazione, mantenendo le produzioni di maggior valore aggiunto.

  • Dal 1997 la Cina fa parte del WTO, in pratica accetta la logica del capitalismo
  • La povertà assoluta si è ridotta, ma è aumentata la disuguaglianza
  • Migrazione interna non permanente di lavoratori molto giovani

Nel dibattito intervengono:

Gianni Pettenella: la tensione politica locale

Paolo Guglielminetti: valore dei progetti; relazioni con associazioni giovanili

Caterina Perata: difficoltà nell’incontrare i giovani, hanno linguaggi propri

Laura (Torino): i giovani si esprimono con le immagini dei social più che con le parole

Lucia Capriglione: si trasmette con la testimonianza; il web crea situazioni-bolla

Pier Pertino: far conoscere un diverso modo di incontrare la realtà

Nadia Zamberlan: i giovani sono molto diversi fra loro, non è possibile parlare a tutti

Ludovica (Celle): le esperienze hanno sempre funzionato, manca la continuità

Antonio Vermigli: i problemi hanno un perché, gli impoveriti della storia

Sergio (Quarrata): essere di esempio, sentirsi responsabili

Pietro Masina: i giovani sono bravi a trovare risposte, occorre insegnare a fare le domande giuste. Dare un senso è il compito della Rete

mattina 14 novembre

Testimonianze a partire da alcuni interrogativi: la Rete è mai stata colonialista?

Video del collettivo SE a partire dal progetto in Repubblica Centrafricana

Intervista a Richard Kitienge, riportata da Nadia

  • La profondità del “senso delle cose” come identità culturale resiliente alle mutazioni della “agency”

Video di Josè Nain sulla situazione dei Mapuche in Cile

  • Gli accordi con la corona spagnola (i trattati che preservavano l’autonomia mapuche)
  • Le forme di identità attraverso la festa e i simboli cosmici (la bandiera “cosmica” dei Mapuche, l’albero sacro, il gioco collettivo del palin, la casa comunitaria)

La situazione di Haiti (da un filmato)

Discussione sul “konbit”, termine haitiano-creolo per indicare una forma tradizionale di lavoro cooperativo comunitario, ritmato da canti, tramite il quale tutti le persone di una comunità si aiutano reciprocamente a preparare i loro campi.

Antonio Olivieri, Associazione “Verso il Kurdistan”

Come è nata l’associazione: Incontro con Ocalan e con Dino Frisullo (che per la sua solidarietà aveva sperimentato le carceri turche)

  • 40 milioni di abitanti sparsi in 5-6 stati. Unica cultura medio-orientale che offra uno spazio significativo alle donne
  • La richiesta dei curdi non è più indipendenza politica, ma autonomia reale e riconoscimento della lingua
  • Il ruolo del colonialismo: ad esempio il confine turco-siriano corrisponde al tracciato della ferrovia Konya-Bagdad, costruita dai tedeschi. Cizre è un nodo strategico di questa ferrovia e spiega i bombardamenti ai danni di questa città abitata da curdi (uno dei progetti dell’associazione riguarda proprio Cizre, oggi semi-distrutta e sotto il controllo delle truppe turche)
  • Altri progetti: adozione a distanza di famiglie di detenuti politici
    • Progetto Berfin (bucaneve) per il sostegno scolastico delle ragazze
    • Ospedale nel territorio degli Yazidi

Per concludere un saluto curdo: “ti porto sugli occhi” (“ser cha ua”)

La lotta dei braccianti di Castelnuovo Scrivia

Problema locale di sfruttamento di braccianti marocchini, uso del caporalato da parte della proprietà, presidio di 74 giorni con tenda ai bordi della strada.

  • ma anche problema strutturale: riguarda l’intera filiera agro-alimentare

Il problema dell’emergenza abitativa (pur in presenza di case confiscate alla mafia, in questo momento inutilizzate)

Antonio Vermigli

Il movimento Sem Terra, intervento di Joao Pedro Stèdile (in portoghese)

Dall’accampamento all’assentamento (organizzazione più stabile di occupazione della terra, con produzioni agricole e sistema di vendita al dettaglio a costi accessibili per le popolazioni più povere)

  • La scuola del movimento Sem Terra
  • La politica da sola non basta: i movimenti popolari sono essenziali alla crescita della società, perché arricchiscono il dibattito di idee.
  • I “santi” di riferimento: Antonio Gramsci e papa Francesco

Pietro Masina

Occorre fare attenzione ed evitare idealizzazioni, la ricerca di una identità non ha sempre un valore positivo, talvolta è alla radice dei nazionalismi. In tutte le tradizioni popolari ci sono meccanismi di esclusione (spesso di marginalizzazione delle donne). Incontrare le comunità locali spesso significa incontrare i capi (maschi) della tribù dominante. Stedile ci ricorda che dobbiamo anche fare un’analisi di classe dei movimenti popolari.

Filomeno Lopes, conclusioni in due riprese, intervallate da un dibattito

Le grandi sfide sono oggi quelle delle idee. Le identità tradizionali che sono sopravvissute hanno accettato la sfida del confronto con le idee dei colonizzatori ed hanno assorbito una parte della cultura occidentale, mettendosi in dialogo/contrapposizione.

  • Abbiamo troppa fretta di parlare
  • Sentirsi parte integrante di quello che si sta dicendo
  • Desidera il benessere del tuo vicino prima che i suoi lamenti ti impediscano di dormire” (proverbio dei Bambara del Mali)
  • La mano che riceve sta sempre sotto
  • La luna cala e cresce: una civiltà non può essere sempre crescente. Così anche i movimenti come la Rete. Occorre accettare la ciclicità
  • La cultura occidentale è stata grande quando ha avuto un sogno
  • Gli europei bianchi sono gli unici a ritenersi nella storia: importanza di proporre diversamente la storia a scuola.

Al dibattito hanno offerto un contributo (difficile da sintetizzare in poche righe):

Monica Armetta, Paolo Guglielminetti, Fabiano Ramin, Teresa Gavazza

Caterina Perata, Antonio Vermigli, Giovanni Esposito (per voce di Marco Zamberlan)

Ercole Ongaro, Maria Picotti, Pier Pertino, Clotilde Masina

 

MATERIALI:

Come si specchiano nell’oggi e nel domani i valori fondanti della Rete?

Carla Grandi   Lettera

Ercole Ongaro   Relazione

Matteo Mennini   Video

Filomeno Lopez   Video

 

Visione della realtà globale e nuove frontiere geopolitiche

Pietro Masina   Video

Colonialismo e de-colonialismo

Caterina Perata   Video

Josè Nain   Video

Situazione di Haiti   Video

 

Ascolto dei movimenti

VideoAntonio Olivieri   Relazione

Josè Pedro Stèdile    Video     Traduzione

 

Conclusioni a cura di Filomeno Lopes

Audio parte 1

Audio parte 2

Carissima, carissimo,
oggi siamo nella fase in cui troppi vivono nella falsa ideologia che bisogna lasciar fare tutto al mercato, all’economia e alla finanza; debbono pensarci loro! Papa Francesco nella Evangeli gaudium ha denunciato con forza questa deriva, Affermando con forza che ciò non può funzionare, perché l’idea che ognuno possa fare il proprio comodo non può funzionare ma è solo frutto della somma dei nostri egoismi. L’arrivo del Covid ci ha fatto prendere coscienza della nostra interdipendenza e del fatto che non possiamo salvarci da soli ma abbiamo bisogno di cooperazione e coordinamento di fronte ai grandi problemi, questo oggi spero sia più chiaro per tutti. Perché il mercato non soddisfa i bisogni dell’umanità, ma soltanto di quelli che possono pagare. E’ impressionante il fatto che le 85 persone più ricche del mondo abbiano la stessa ricchezza dei tre miliardi e mezzo di persone più povere.
Dobbiamo riappropriarci del nostro singolo valore, farlo diventare comunità fase fondamentale per ogni cambiamento. Dobbiamo riprendere a sognare perché il sogno è la parte più intima di quanto pensiamo e diciamo, ed é anche la parte più vera, la più originale, la più esigente e coerente.
Tutti noi vedendo le immagini sui siti il video di agenti della polizia di frontiera che inseguono e colpiscono con la frusta i migranti haitiani siamo rimasti indignati, abbiamo pensato che quegli agenti sono cattivi e razzisti visto che i migranti sono neri. Questa è l’immagine che nei giorni scorsi ha riempito Internet, ha dominato i titoli dei giornali e ha suscitato aspre critiche da parte di alcuni esponenti politici e difensori dei diritti umani.
I migranti, portando zaini e bambini sulle spalle, stavano cercando di attraversare il fiume in cerca di protezione e opportunità negli Stati Uniti. Per molti, la traversata è stata l’ultima tappa di un arduo viaggio che li ha portati attraverso foreste senza strade e fiumi oscuri nell’America centrale e meridionale. Alcuni hanno iniziato il viaggio nel 2010, quando un forte terremoto ha colpito Haiti, paralizzando l’economia già paralizzata del paese. Il sisma ha ucciso più di 220.000 persone, lasciando altre “in disperato bisogno di assistenza”.
Dopo quella devastazione c’è stato l’assassinio, lo scorso luglio, del presidente Jovenel Moïse. Haiti era alle prese con sconvolgimenti politici “ben prima dell’assassinio”. Ma la violenza è aumentata solo dopo l’uccisione di Moïse. E un mese dopo l’assassinio del presidente, un altro terremoto ha colpito la nazione caraibica.
Le crescenti crisi hanno costretto molti a tentare la fortuna altrove. I migranti le cui immagini hanno inondato Internet erano tra le migliaia di richiedenti asilo haitiani che tentavano di ricominciare la propria vita negli Stati Uniti. Ma gli agenti di pattuglia federale, che indossavano pantaloni e cappelli da cowboy, li hanno affrontati e respinti, dimenticando Una vergogna!
Padre Zanotelli domenica scorsa al termine della Marcia per la pace dalla Rocca di Assisi ha lanciato l’iniziativa di “Andare in massa a Riace” per manifestare la nostra solidarietà a Mimmo Lucano, l’andata è prevista per sabato 6 e domenica 7 novembre. Io ci sarò.
Antonio

 

Circolare di Ottobre

Care e cari,

La nostra è la circolare dell’ascolto. Tante domande e poche risposte, tutte da costruire insieme.

Ascoltiamo voci di donne, di braccianti, di giovani. Siamo immersi nei movimenti, desiderose di esserci.

Ombre nere avanzano, oggi come allora, a Genova. La democrazia è fragile.

È il caso dei vaccini, l’antidoto è nella politica e nel conflitto sociale. Senza la garanzia dell’estensione globale della tutela della salute (quanti vaccini in Africa?) e della sicurezza collettiva, emergono forme di autoorganizzazione aristocratica dei sovranismi.

Che fare?

Ci sono domande epocali a cui non so rispondere. Ma a che punto è il conflitto sociale?

Sento dei rumori in lontananza, come mareggiate che si avvicinano.

Certo non è il 68, sogni di rivoluzione e di cambiamenti che hanno segnato la nostra generazione.

Le giovani della Casa delle donne sono attiviste senza paura, si contrappongono al potere locale (certo molto reazionario!) sfidando la legge.

Sono qui in cerchio ad ascoltare le loro voci. Tante denunciate, in attesa di processo. Ci abbracciamo, generazioni a confronto: un filo rosso ci lega. È il desiderio di non arrendersi.

Questo è il loro programma: “Nella realtà politica e sociale in cui ci troviamo a vivere, dove il genere e i corpi sono utilizzati per perpetuare l’assetto patriarcale, la difesa dello status quo misogino, colonialista, maschiocentrico, borghese, fondare uno spazio transfemminista è, forse prima ancora che lotta, necessità. Così è successo nella nostra città, dove il collettivo di Non una di meno Alessandria porta all’attenzione della città tematiche diversamente taciute. In un sistema in cui l’attività politica è stigmatizzata con la “scesa in campo” sorretti da una sigla politica, il nostro collettivo fa politica uscendo da tale binario, che garantisce esclusivamente l’adesione al sistema vigente. La nostra è la politica della discussione che parte dai nostri desideri, dalle nostre identità, dall’esigenza collettiva di riappropriarsi delle nostre vite, dei diritti e degli spazi

Viviamo e agiamo nel nostro territorio, portando alla luce le ferite gravi che infligge alle donne e alle libere soggettività, come la scarsa presenza di medici non obiettori e i sostegni alle realtà antiabortiste presso i consultori, la mancanza di una educazione affettiva non binaria nelle scuole ecc. Nello stesso momento, portiamo avanti la nostra lotta accanto alle sorelle di tutto il mondo, dando eco e sostegno alle battaglie transfemmiste globali”.

Quale legame con la Rete radié resch?

Non lo so, lo cerco nella sorellanza, negli affetti che ci siamo tramandate. Tante domande, poche risposte.

Agire e lottare. Dove?

Ho ascoltato i braccianti, i COBAS in lotta. Non si arrendono, sono aggrediti nei picchetti come alla Fiat negli anni 60. Molti gli stranieri solidali, presidiano i tribunali, non temono denunce e licenziamenti.

Ad Alessandria inizia una sorta di maxi processo, gli imputati sono 54, è un’azione per colpire lavoratori e avanguardie in lotta, esempio di repressione per un proletariato, o per ciò che è rimasto, nonostante un liberismo spietato. Le accuse sono ridicole in confronto ai furti in busta paga e ai licenziamenti operati dalle aziende. Si respira l’aria di Torino alla Fiat nel corso di lotte epocali, spesso vittoriose.

Ma ora il silenzio è tombale, di fronte a teoremi giudiziari e a processi farsa. Noi ci saremo per denunciare la giustizia borghese. È il filo rosso dei movimenti. Cosa dicono alla rete? Non lo so. Lo chiedo a voi. Noi ci siamo qui con loro. Forse si può riprendere la battaglia contro il decreto sicurezza proposto all’ultimo convegno.

Ascolto la voce di coloro che lavorano la terra: la salvano dal degrado, se ne occupano con amore.

Vengono da ogni parte, sono ragazzi e ragazze che toccano le zolle, piantano semi, vivono in comunione.

Sognano resistenze, un mondo nuovo. Genova non li ha schiacciati. Ogni piccolo germoglio è una speranza per noi tutti.

La rete ha un senso in questo progetto. Quale?

Rete di Alessandria

CIRCOLARE NAZIONALE SETTEMBRE 2021

Scrivo queste righe prima di tutto per me, per mettere ordine ai pensieri, su un tema che mi interroga da tempo; ma spero che questa piccola riflessione possa essere utile anche ad altri.

Lo faccio, sulla spinta di due eventi: la lettura di un libro (“Quello che non ti dicono”, di Mario Calabresi) ed una chiacchierata con Pier Pertino, sui fatti del G8 di Genova: con Simona lo abbiamo, infatti, pregato di narrare ai nostri figli gli episodi a cui ha assistito.

Calabresi racconta la vicenda di Carlo Saronio, rampollo di una ricchissima famiglia milanese e ricercatore presso l’Istituto Mario Negri, entrato a far parte di Potere Operaio, rapito per ottenere un riscatto ed accidentalmente ucciso, dai suoi stessi compagni. Il libro è anche un’occasione per ri-costruire “dall’interno” il contesto che ha dato origine al terrorismo di sinistra.

Mentre leggo, non posso fare a meno di pensare che si tratta, per forza di cose, un racconto di parte. Come è noto, Antonio Calabresi è figlio di Luigi, Commissario dell’Ufficio Politico della Questura di Milano, ucciso il 17 maggio 1972, (almeno a quanto ha stabilito il processo) da una cellula di Lotta Continua. E non posso fare a meno di pensare all’anarchico Giuseppe Pinelli, volato fuori dalla sua stanza della Questura di Milano, nella notte tra il 15 ed il 16 dicembre 1969. Un suicidio, secondo la versione ufficiale, anche se non risulta che avesse motivi per togliersi la vita ed era trattenuto illegalmente in Questura, scaduto ampiamente il termine di quarantotto ore, allora previsto per il fermo di polizia.

Mi disturba, quindi, vedere la Polizia assiomaticamente collocata tra buoni: ne conosco bene i metodi di oggi e di ieri (Scuola Diaz, Bolzaneto) e non faccio fatica ad immaginare quelli dell’altro ieri.

Ciò malgrado, Calabresi offre un interessate spaccato di quegli anni e di quegli eventi. Eventi a cui non ho partecipato (ero un bambino) e che conosco solo per la vulgata ufficiale e per qualche racconto di chi c’era. Del resto, non c’ero nemmeno nel luglio 2001: mentre i manifestanti venivano massacrati e Carlo Giuliani era ucciso a Piazza Alimonda, io e Simona, sposati da poco, stavamo iniziando ad organizzare il nostro primo viaggio in Sud America, in visita ai suoi parenti uruguaiani, che avremmo fatto l’inverno successivo

Ma anche questo mi collega al libro, perché le tecniche di lotta armata utilizzate dai sequestratori erano mutuate da quelle di guerriglia urbana dei Tupamaros, che si opponevano alla dittatura fascista allora al potere proprio in Uruguay. Dittatura che i parenti di Simona (notai e piccoli proprietari terrieri) definivano, nei loro racconti, “non particolarmente sanguinaria”. Ero, come dire, dalla parte sbagliata anche quella volta.

Ma i collegamenti non finiscono qui: una delle principali fonti del libro, certamente la più citata, è Gianni Tognoni, allora amico intimo di Carlo Saronio, poi fondatore del Tribunale Permanente per i Diritti dei Popoli ed interlocutore delle Rete per moltissimi anni.

Insomma, la Rete nasce nel brodo di coltura descritto nel libro. Non solo: in quel contesto, chi aderisce alla Rete fa, per quello che posso capire, una scelta profondamente controcorrente: non la lotta armata, non lo scontro tra rigidi schieramenti ideologici, ma un lavoro di analisi che va alle radici del sistema, un’opera di controinformazione che privilegia la testimonianza diretta dal sud del mondo, l’opzione definitiva per piccoli progetti a favore di chi non ha voce.

Credo sia per questo che un’organizzazione che nasce da ideali tipicamente novecenteschi, si sia insinuata così profondamente nel nuovo millennio

Ora, chi si illudeva di cambiare il mondo con la scorciatoia della violenza, ha certamente fallito. E noi?

Abbiamo attraversato il vento della Storia, ma la nostra incidenza su di essa è stata assolutamente marginale. Non abbiamo neppure intaccato il Sistema che, anzi, si è consolidato ed evoluto in direzione opposta alle nostre speranze. Quello che tentavamo di contrastare nel sud del mondo, ora lo abbiamo alle porte. Il cappio si stringe anche attorno al collo delle nostre nuove generazioni.

Certamente, siamo stati parte di moltissime storie e ne portiamo la memoria, i legami, i doni e le ferite.

Oggi, però, mi (ci?) assale una sensazione di impotenza e di inadeguatezza. I numeri calano, le forze diminuiscono, è forte la sensazione che nessuno ci ascolti o, forse, ci capisca. Il nostro sistema di valori, così chiaro nel mondo di cinquant’anni fa, basato su contrapposizioni nette, sembra perdersi nell’orizzonte liquido di oggi. Forse, non abbiamo l’età, gli strumenti e neppure la voglia di con-frontarci con i nuovi mezzi di comunicazione. Ma – diciamocelo una volta per tutte – è davvero possibile fare un’analisi profonda della realtà su Whatsapp o raccontare un nostro viaggio di cono-scenza su Istagram? Forse le nostre circolari, che sanno di ciclostile ed affrancature postali, sono ancora lo strumento più adatto per un messaggio che non sia superficiale ed imprigionato in ottanta battute.

Anche i nostri strumenti abituali mal si adattano alla realtà: è ancora possibile, ad esempio, proporre l’autotassazione a chi non ha un lavoro stabile o invitare ad un coordinamento chi non ha orari e lavora anche il sabato e la domenica? Eppure, siamo ancora qui ad operare e ad interrogarci sul senso e sui modi della solidarietà oggi. Eppure, il nostro esserci ancora è un sassolino nell’ingranaggio del Sistema. Non dobbiamo avere la presunzione di essere i soli, ma neppure perdere di vista il senso ed il peso della nostra testimonianza.

Chi ci ha preceduto, ha mostrato, anche in momenti difficili e di fronte alle peggiori sconfitte, una fede ed una forza che ancora mi (ci?) interrogano: saremo capaci di fare altrettanto?

E allora, che fare?

Io non ho ricette. Dico solo che, ancora una volta come più di cinquant’anni fa, la scelta giusta sarà quella che ci porterà controcorrente, fuori dagli schemi piatti e banali della nostra epoca stanca. Ag-giungo che, di nuovo, dovremo essere creativi, pensare a qualcosa che non è stato ancora pensato. E mi pare che la nostra attuale Segreteria condivisa si stia muovendo proprio in questa direzione.

Se poi, tra cent’anni, la Rete dovesse finire, non dovremo addolorarci: tutte le cose umane sono a termine e gli infiniti semi che avremo gettato nel tempo, germoglieranno, anche se in modo diverso da come ci saremmo attesi.

Marco Rete di Varese

RIFLESSIONI PER L’ESTATE 2021.

Carissime e Carissimi,
alcune riflessioni in preparazione del nostro prossimo seminario/congresso del 13 e 14 novembre a Rimini.
Il tono è umile, immaginate visi sorridenti ed attenti all’ascolto e, soprattutto, persone che si stanno interrogando e chiedono di condividere il percorso.
E’ trascorso un anno da quando la Rete Radiè Resch si è ritrovata a non avere “una segreteria”.
Il “laboratorio”, composto da alcune persone, ha dato vita ad una fase sperimentale ed ha cercato di svolgere al meglio e nei limiti della contingenza i cosiddetti “compiti della segreteria”.
Dopo il difficile coordinamento in presenza di settembre 2020 la discussione sulle motivazioni di questa “sede vacante” non è più stata ripresa; la difficoltà del momento e nell’uso di internet ha molto limitato gli spazi dei coordinamenti in remoto, che sono stati forzatamente tecnici.
Oltre a quelle -terribili- legate alle malattie ed ai lutti, durante questo anno sono emerse molte
difficoltà all’interno della nostra associazione che, comprensibilmente, sono state condivise con telefonate private, scambi personali o tra pochi, non essendoci lo spazio fisico per farlo
diversamente.
Uno dei motivi dell’assenza di UNA tradizionale segreteria forse risiede nel fatto che la Rete non è più UNA, le organizzazioni interne, le esigenze, il modo di gestire i bilanci all’interno delle Reti si sono andati via via sempre più differenziando così come la visione delle operazioni e del modo di condurle.
Lo stesso vale per l’aspetto politico, sostanziale e fondamentale nel nostro agire e sul quale ci si sofferma sempre meno, stesso dicasi per i legami con i territori.
Tutto questo, rende difficile formulare un ordine del giorno per i coordinamenti
perché qualcuno rimane sempre scontento o frustrato.
Ci sono Reti che sentiamo nominare di cui difficilmente vediamo i volti anche se la possibilità di collegarsi in remoto paradossalmente in questo avrebbe potuto aiutare: si sentono “rete” o satelliti di altre reti? Ci sono ancora?
Da marzo 2020 a causa della pandemia contemporaneamente ci è stato tolto tempo e ci è stato dato tempo.
Tempo per fermarsi, valutare e sognare.
Nel nostro ultimo coordinamento a distanza abbiamo avuto occasione di cominciare a stimolare un po’ alcuni di questi temi ed è emerso che molti sentono il bisogno di una riflessione in tal senso e per questo abbiamo deciso di trasformare il coordinamento di novembre in un seminario/congresso.
Non abbiamo potuto realizzarlo a settembre per motivi logistici e di costi verificati con l’hotel di Rimini, dove avevamo preso impegno con una caparra per la realizzazione del convegno 2020.

Per il seminario/congresso ci sentiamo comunque di proporre ad ogni Rete un piccolo compito delle vacanze… e ci piacerebbe che fosse scritto così da essere messo in comune con le altre Reti.
La proposta audace ed inedita di scrivere e condividere le proprie riflessioni vorrebbe avere l’obiettivo di far sentire ogni voce, anche la più sommessa.
Le stesse intenzioni erano alla base del “viaggio tra le Reti e con le Reti”, più volte promosso sia in forma “fisica” che in forma “virtuale” e che, ad oggi, non pare essere parte delle priorità.

Seguono gli spunti di riflessione.
NUOVI SCENARI UMANI, POLITICI ED ECONOMICI DENTRO E FUORI LA RETE, COSA SAREBBE NECESSARIO CAMBIARE? COME RIATTIVARE L’IMPEGNO POLITICO DELLA RETE?

1. LA RELAZIONE
ALL’INTERNO DELLA RETE.
La pandemia ci sta tenendo lontani da un po’ e stiamo tutti realizzando che l’incontro fisico alimenta meglio la relazione ed il confronto. D’altra parte gli incontri a distanza permettono anche ad altri di partecipare ai coordinamenti.
Domanda: sarebbe opportuno attrezzarci per incontri in forma mista senza correre il rischio che la comodità ci impigrisca e ci faccia trascurare l’incontro fisico dove non ci sono altri impedimenti a praticarlo?
Prima della pandemia, però, già molti gruppi e/o persone frequentavano meno, alcuni dei più giovani partecipanti non li conoscono nemmeno.
Domande: Come ritessere questi rapporti? Come far sentire alle persone e ai gruppi in difficoltà la vicinanza e l’amicizia della Rete? Senza, naturalmente, nessuna pretesa di ripresa di impegno, ma gratuitamente?
Da tempo proponiamo un viaggio tra le Reti, questo stenta a decollare solo per la pandemia o ci sono delle perplessità? Ci piacerebbe conoscerle ed avere il modo di darvi una risposta.

CON L’ESTERNO: I PROGETTI
La pandemia ha aggravato alcune difficoltà di comunicazione con i referenti di alcuni progetti ed ha impedito a chi riusciva a farlo di raggiungere queste comunità con dei viaggi, inoltre non abbiamo potuto svolgere il nostro convegno al quale alcuni testimoni partecipavano e giravano un po’ l’Italia, dandoci la possibilità di un ascolto diretto e condiviso con altri.
Domanda: Negli ultimi coordinamenti abbiamo sperimentato collegamenti on line con alcuni referenti, che ne dite di passare dall’esperimento alla prassi?

CON L’ESTERNO: I NOSTRI TERRITORI
I nostri gruppi territoriali sono ormai formati da pochi membri ma condividiamo tutti il nostro percorso con altre realtà dei territori.
Domanda: In questa relazione che vi chiediamo di scriverci, ci raccontate le realtà con cui camminate e in che tipo di percorsi?

2. I PROGETTI.
Tra i criteri principali che la Rete aveva dato per la scelta dei progetti ci sono: la relazione, l’accompagnamento all’autonomia, la brevità e le piccole dimensioni. Alcuni di questi non riusciamo più a rispettarli perché purtroppo le situazioni e le scelte politiche stanno aggravando le situazioni di queste comunità.
Domande: anche alla luce della diminuzione delle nostre entrate economiche, come rivedere i progetti e il loro finanziamento? Diventano il nostro unico impegno per cui studiamo come reperire ulteriori fondi? O li riduciamo, attrezzandoci, invece, per rivitalizzare l’impegno politico e di informazione che la Rete si era assunta?
Altre riflessioni riguardo il finanziamento dei progetti. Come detto in premessa, queste non sono solo nostre riflessioni ma sono anche frutto di scambi telefonici o tra pochi.
Ci sono due sensazioni che emergono particolarmente: una è di essere diventati una sorta di bancomat, sia per alcune comunità, sia per altre realtà con le quali percorriamo insieme da un po’ il nostro percorso. La seconda è che al nostro interno si stiano verificando casi in cui si è molto concentrati sulla tenuta e finanziamento del proprio progetto proposto e seguito, senza condividere le difficoltà che tutta la Rete sta vivendo e senza tener conto che non tutte le Reti territoriali hanno le stesse possibilità sia economiche che di impegno.
Domanda: Che senso ha allora versare le nostre restituzioni in una cassa comune e discutere in un coordinamento nazionale l’opportunità del prosieguo o meno di un progetto?

3. LA POLITICA
Le riflessioni precedenti, un sistema economico finanziario che condiziona la politica ed aggrava la povertà esistente creandone anche altra: le migrazioni, i cambiamenti climatici… Dovremmo, forse, rammentare le parole del nostro ispiratore Poul Gautier: “Le vostre preghiere e le vostre donazioni non serviranno a nulla se non cercherete di incidere sulle scelte politiche dell’occidente”…scelte che ormai stanno ferendo profondamente anche l’occidente e da tempo ormai i sud non sono più geografici.
Domanda: come dicevamo all’inizio, come rivitalizzare l’impegno politico della Rete? A livello territoriale sicuramente ogni gruppo in rete con altre realtà lo fa, ma come impegnarci anche come Rete Nazionale? Un tempo c’erano le cartoline! Oggi sono state sostituite da strumenti tecnologici. Raccolta firme, mail bombing…li condividiamo? Crediamo siano utili?
Ci viene spesso chiesto di aderire a delle campagne, lo facciamo, ma molto frequentemente il nostro impegno si ferma proprio all’adesione. Se, invece, ne prendessimo in considerazione una per tutte e ci dedicassimo ad essa in modo organico e costante? Una campagna contro gli armamenti, ad esempio? Toccando così tanti problemi e tanti valori. Una campagna da sostenere sia mediante le azioni proposte dall’iniziativa nazionale ma anche nella formazione e nell’informazione?

4. L’eredità della Rete
L’età anagrafica ci affatica e ci rendiamo conto del tesoro che la Rete ha accumulato; un tesoro fatto di relazioni e amicizie, di valori ed esperienze, di militanza politica e cittadinanza attiva.
Domande: Quale ci immaginiamo possa essere la nostra eredità come Rete? Chi vorremmo che la accogliesse?
Durante gli scorsi coordinamenti è stato riaffrontato il discorso della creazione di un “Fondo giovani”. Ci siamo potuti rendere conto di come questo punto abbia creato un dibattito molto partecipato. La proposta di mettere da parte un gruzzoletto(?) per i ragazzi era già stata approvata ma ci sono state vivaci discussioni in merito, prendendo anche in considerazione la diminuzione dei fondi economici. Il progetto giovani è stato pensato per permettere alle nuove generazioni di conoscere e in qualche modo, ereditare la rete di amicizie che sono state strette negli anni. Con questo progetto volevamo esprimere la volontà di dare l’opportunità a giovani ragazzi di agire nel qui e nel la: di viaggiare per conoscere le realtà nelle quali abbiamo creato solidi legami affinché i ragazzi del la possano venire nel qui e viceversa. Abbiamo pensato a questo, non come ad una vacanza ma una possibilità arricchente che dia spazio a restituzioni e riflessioni gioiose; di agire localmente per alimentare la coscienza e conoscenza politica territoriale.
Domande: Pensiamo che questo sia importante per la Rete? Quali sono le perplessità? Ci sono altre proposte o alternative in merito?

I vostri scritti ci permetteranno un ampio ascolto e saranno la base della preparazione del seminario/congresso di novembre, pertanto vi esortiamo ad inviarceli entro la prima metà di settembre.
Sperando di non affaticarvi ma anzi di favorire incontri gioiosi, semmai da estendere anche alle realtà territoriali con cui siete in cammino, vi auguriamo una serena estate e ci auguriamo di abbracciarci tutti molto presto.

La segreteria laboratorio

  Rete RadiéResc-

         associazione di Solidarietà internazionale

         gruppo locale Avola-Noto-Modica-

         www.reterr.it

Luglio 2021

Cari amici, care amiche,

dopo tanti mesi di necessaria sospensione dei nostri periodi incontri

VI ASPETTIAMO

VENERDI 9 LUGLIO 2021

DALLE ORE 19:00

NEL CORTILE DI TILIBELLI (casa di Giuseppe e Maria Rita)

Serata in amicizia e convivialità, dialogando insieme a partire dal brano di Franco Battiato “La cura”

La cena, molto semplice, sarà un’insalata di riso venere e gelato (ciascuno porti solo il proprio piatto, bicchiere e posate)

Durante l’incontro per gli appartenenti alla Rete Radié Resch e per chiunque vuole, sarà possibile fare autotassazione per i progetti di solidarietà internazionale sostenuti dalla RRR.

La cura”

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via/dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo/dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore/dalle ossessioni delle tue manie/Supererò le correnti gravitazionali/lo spazio e la luce per non farti invecchiare/e guarirai da tutte le malattie/perché sei un essere speciale/ed io avrò cura di te.

Vagavo per i campi del Tennessee/come vie ero arrivato, chissà/Non hai fiori bianchi per me?/Più veloci di aquile i miei sogni attraversano il mare/

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza/Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza/i profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi/la bonaccia d’amore non calmerà i nostri sensi.

Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto/conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono/supererò le correnti gravitazionali/lo spazio e la luce per non farti invecchiare.

Ti salverò da ogni malinconia perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te, io sì avrò cura di te.

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