Lettera nazionale di gennaio 2017  da Maria Cristina Angeletti gruppo di Macerata

Cari amici,
gli Appennini scivolano verso l’Adriatico di 40 centimetri al secolo; ogni anno 20 mila terremoti in Italia,  ma gli studi di sismologia sono i meno finanziati in Europa.
Continua a tremare la terra in Centro Italia. Il 2 gennaio tanta paura nella zona di Perugia per una scossa del quarto grado della scala Richter; dopo gli strumenti hanno registrato ben 40 movimenti tellurici più lievi. Il commissario straordinario annuncia fondi per la ricostruzione ma ci vorrebbero anche tanti finanziamenti in più per la ricerca in un paese sismico come il nostro.
Sono passati 4 mesi dal primo violento terremoto del 24 agosto, ma per fare il punto della situazione “dobbiamo considerare che questi terremoti sono legati al fatto che gli Appennini si stanno estendendo lateralmente (lo dice Carlo Doglioni presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) verso l’Adriatico con un’apertura di circa 4 millimetri l’anno che in un secolo fa quaranta centimetri, in tre secoli 120 centimetri; quindi  elementi separati o blocchi della crosta collassano rilasciando energia”.
I terremoti sono, appunto, la dimostrazione della vitalità della terra e molti di questi sono sotto la soglia della sensibilità umana, ma vengono registrati solo dagli strumenti.
“Nel caso specifico abbiamo appurato che l’Appennino ha delle fette che scendono e collassano e, a seconda della dimensione di questi elementi o prismi della crosta, aumenta la magnitudo; più è grande l’elemento, più è grande il terremoto. Ad esempio il terremoto più grande degli ultimi anni quello dell’Irpinia è stato di magnitudo 6.9, la crosta si ruppe  per una lunghezza di 40/50 chilometri e una profondità di 15 Km, nel caso specifico dell’ultimo terremoto del centro Italia esso è avvenuto a una profondità di 10 Km e per una lunghezza di 30/40 Km”.
La terra, quindi,  dissipa energia attraverso terremoti e vulcani con un grande mistero per noi poiché conosciamo solo i primissimi Km che stanno sotto i nostri piedi; in un paese sismico come il nostro  investire in ricerca sarebbe vitale, eppure l’Istituto Naz. Di Geofisica e Vulcanologia per studiare l’interno della terra ha un finanziamento che  corrisponde a 1/10 di quelli europei.
“Il lavoro da fare è immenso, la carta geologica d’Italia è stata completata solo a metà, tante  sono le ricerche da portare avanti: per esempio, afferma sempre il geologo Carlo Doglioni, una tecnica molto importante per studiare il sottosuolo è quella della “ sismica riflessione”, una tecnica che è stata importata negli ospedali con l’ ecografia, che ci permette di avere una radiografia del sottosuolo e ci illumina su come sono posizionate le faglie. Un altro punto importante è cercare di capire come si distribuisce la sismicità in profondità in funzione della temperatura in quanto più la crosta è calda più  sottile è il livello di crosta che si comporta in maniera fragile e produce  terremoti; se la sismicità si concentra entro i 10 /15 Km che sono la parte fredda della crosta, la parte sottostante rimane in un regime stazionario, essendo la temperatura più alta, di conseguenza non si manifestano terremoti. Quindi studiare lo spessore di questo livello è già molto importante per determinare quali sono i volumi che potranno attivarsi e quindi la magnitudo dei terremoti. I terremoti si realizzano dopo secoli durante i quali la crosta viene dilatata o compressa e sono solo l’ultimo momento in cui si dissipa un gradiente di pressione che può essere o una pressione legata a un gradiente gravitazionale o una  pressione generata da un fenomeno elastico”.
Queste le nozioni che abbiamo appreso in seguito all’ultimo terremoto di agosto seguito dal più potente del 30 ottobre; ma le scosse seguitano tutti i giorni a migliaia; tutti i giornali locali hanno riportato teorie e studi sui terremoti e noi, terremotati, ci siamo resi conto di quanto sia fragile il nostro territorio visti i numerosi eventi sismici che lo hanno coinvolto e i gravi danni ad esso apportato. Ci consola saper che si tratta di energia che si irradia dalla terra; a me viene spontanea una domanda: perché non sfruttiamo questa energia invece di “dissiparla” come dice lo studioso di terremoti? So che esistono impianti geotermici per sfruttare il calore terrestre, ma un terremoto ne sprigiona moltissimo di più!
Ora nelle nostre regioni si parla di ricostruire tutto come prima ma, ho fatto un giro nei dintorni della mia città e devo dire che ci sono dei borghi completamente rasi al suolo come Pievetorina, Pievebovigliana, o  Caldarola, Camerino, Visso, Sanginesio, questi ultimi meno danneggiati, ma con centinaia di persone senza più una casa.
La tavola rotonda su “I centri storici da salvare” svoltasi nei locali del museo “La Tela” in vicolo Vecchio 6 a Macerata, che ha organizzato l’evento insieme all’Associazione “Arti e mestieri”, ha fatto emergere diverse criticità e non ha certo deluso i numerosi presenti desiderosi di ascoltare gli autorevoli interventi dell’onorevole Irene Manzi, Daniele Salvi, capo di Gabinetto della presidenza del consiglio regionale, il rettore dell’università di Camerino, Flavio Corradini, l’architetto della Soprintendenza Pierluigi Salvati, il presidente del Gal Sibilla Sandro Simonetti e il geologo Gilberto Pambianchi. Infatti tutti hanno esplicitato i propri concetti e le proposte più concrete dicendo “pane al pane” e “senza peli sulla lingua”. E’ emerso innanzitutto un concetto fondamentale: “Non si può ricostruire tutto come era prima sullo stesso posto” come erroneamente affermato dalle tante autorità istituzionali che hanno fatto visita ai terremotati. Infatti  spesso non è possibile perché il terreno è in frana e prima di avviare la ricostruzione bisognerà sentire i geologi per fare un sondaggio dell’area su cui poggiare le fondamenta.
Altro concetto fondamentale: “L’area interessata dal sisma da sempre è soggetta al terremoto. Pertanto la ricostruzione deve essere fatta in sicurezza”. Inutile ricostruire senza pensare che tra venti o trenta anni ci sarà un terremoto che forse (anche se speriamo di no) distruggerà di nuovo. Sarebbero soldi buttati via. Bisogna che l’investimento per ricostruire sia un investimento valido e solido e non una “perdita”.
Terzo concetto importante: “Bisogna ricostruire un edificio pubblico (municipio, ospedale, teatro) o un edificio di pubblico interesse (chiesa, museo, casa di riposo ecc.) non solo pensando che debbano avere la massima solidità e sicurezza ma anche che siano funzionali a determinati obiettivi”. Inutile ricostruire un teatro o una chiesa per tenerli chiusi. E’ la comunità che deve farsi carico di scegliere anche la propria vocazione (turistica, artigianale, commerciale ecc.) per far sì che quegli edifici siano vissuti, frequentati, utili per tutti. Questo ad evitare, come successo a Nocera Umbra dopo il sisma del 1997, che nonostante la ricostruzione degli edifici la gente  ha preferto stabilirsi in luoghi più sicuri.
E poi, nel mettere in sicurezza ad esempio una chiesa, non si può pretendere che tutto torni esattamente come prima anche perché sicuramente, anche in passato, per altri terremoti, avrà subito delle manomissioni. Quindi se si vede un cavo, un gancio o una staffa che sono indispensabili per la sicurezza dell’edificio non deve essere questo a farci gridare allo scandalo per una  ricostruzione approssimativa.  A questo proposito è stato fatto l’esempio della torre di piazza S.Marco a Venezia che è stata ricostruita sullo stesso posto ma non proprio come era prima. E’ stato anche riconosciuto che in passato, anche nel sisma del 1997 sono stati fatti degli errori. Innanzitutto perché c’era il concetto che i tetti dovessero essere ricostruiti in calcestruzzo senza pensare che i vecchi muri (vecchi anche più di cento anni) non avrebbero retto. Altro problema, vissuto nel 1997 ma che si ripeterà anche nella ricostruzione di oggi, è costituito dal fatto che non c’è la “storia degli edifici” e quindi non si sa come sono stati costruiti in origine. Si possono fare solo delle supposizioni. Così nel 1997 ci fu molta attenzione nella ricostruzione di edifici nobiliari e di palazzi storici con molte riunioni di tecnici specialisti delle varie materie, per esaminare tutti gli aspetti della ricostruzione. Ma non è stato sufficiente perché il sisma attuale li ha danneggiati come gli altri.
È stato sollevato anche il problema della proposta che sta emergendo da più parti e che non trova sicuramente l’adesione del popolo dei Sibillini. Proposta, avanzata sembra in alto loco (ovviamente per risparmiare), di creare, nella ricostruzione, degli edifici multifunzionali come ad esempio una casa di riposo unica per 4/5 Comuni, oppure un unico grande edificio in cui mettere tutte le opere d’arte. Seguendo questa ipotesi si potrebbe pensare anche ad un teatro unico per tutto l’alto maceratese, una sola chiesa, un solo cimitero e perché no una sola farmacia, un solo ospedale. Ma questo, per fortuna, non è stato ancora deciso, bensì lo spettro di questa soluzione è balenata in non pochi dei presenti alla “tavola rotonda”. Come è evidente i problemi sono tanti e la gente è impaurita e diffidente sulle scelte proposte.
Concludo con la nota positiva del  successo del cenone solidale organizzato a Macerata il 31 dicembre per raccogliere fondi per i terremotati. Collegamento in diretta con le zone terremotate. Buona compagnia, l’enogastronomia del territorio, l’attenzione alle popolazioni terremotate e divertimento semplice, sono stati questi gli ingredienti del capodanno”Ancora in piedi” curato da “Marche moto- Comitato pro scossi” e patrocinato dal comune di  Macerata. L’idea di festeggiare in sobrietà è piaciuta ai maceratesi. Oltre  mille i presenti a cena e altri mille sono arrivati dopo lo scoccare della mezzanotte. A parte il freddo, l’organizzazione ha registrato un successo su tutti i fronti: l’utilizzo in cucina dei prodotti di qualità selezionati tra i migliori messi a disposizione dalle aziende della zona, gli ottimi piatti preparati da cuochi nostrani, il perfetto  servizio di sicurezza e l’area bimbi che ha funzionato benissimo con 25 piccoli che hanno passato la serata tra gonfiabili e giochi, seguiti da volontari;  la presenza di tanti volontari delle zone terremotate e non, sono arrivati giovani da diverse regioni d’Italia e perfino da Hong Kong.
Tra i canti degli stornellatori e l’esibizione del “ Il Riciclato Circo Musicale”,  il cui motto è “Non buttate via mai niente, anzi…SUONATELO!”una band di quattro musicisti i cui strumenti sono fabbricati con materiali di riuso esplorando il mondo dei rifiuti tecnologici e del loro riutilizzo in musica, con nomi immaginari come la Cassettarra, il Bassolardo, lo Stirofon, il Barattolao, non è mancata la manifestazione di vicinanza alle popolazioni terremotate grazie a un collegamento con i vissani che sono voluti rimanere  nel loro comune di origine. I tanti terremotati presenti si sono sentiti a casa. E’ stato un modo per guardarci tutti negli occhi e capire che la solidarietà è importante. Uno degli organizzatori ha affermato: “ Stiamo pensando di organizzare un altro evento, questa volta nelle zone colpite dal sisma”.
BUONA EPIFANIA A TUTTI E…SPERIAMO IN UN ANNO MIGLIORE!!
Cristina

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