17-02 Rete di Verona – Febbraio 2017
Radiè Resch di Verona – Febbraio 2017
Cari amici della solidarietà della Rete Radié Resch di Verona, la scelta di aderire e partecipare alle scelte di un’associazione che vuole essere solidale con chi ha bisogno e mettere a disposizione una parte delle proprie risorse individuali o di famiglia, richiede riflessione, ricerca, discussione, informarsi e concretizzare certe azioni in progetti veri e propri. La discussione avviene in incontri particolari, fra di noi e con testimoni, e in lettere che mantengono la coesione nel gruppo. E questo vuol essere questa lettera mensile, inaugurata da Ettore Masina più di 50 anni fa, che continua ancora abbastanza regolarmente, con una parte di rilevanza nazionale e una seconda parte più locale, di amici che si sono uniti in territori più limitati. Abbiamo ricordato il mese scorso un sacerdote particolare di origini francesi, Paul Gauthier, che volle recarsi in luoghi dove la povertà e l’oppressione avevano creato una situazione di forte ingiustizia. E Paul diceva a Ettore che non c’è bisogno che andassero tutti a Nazaret, o poi in Brasile: per cambiare le cose in posti così lontani bastava un impegno a casa nostra, perché per cambiare lo cose là, bisognava cambiare alcune situazioni qua, la politica internazionale si può attuare anche a casa nostra. E questo ci ha ricordato Matteo Mennini, uno storico studioso di Paul Gauthier, che ci ha presentato a Roma, nell’ultimo Coordinamento, il suo ultimo libro sulla vita di Paul Gauthier, che nel Concilio, nei primi anni 60, diede vita ad un forte movimento chiamato “la Chiesa dei poveri” (che è anche il titolo del nuovo libro di Mennini), il quale testimoniò con le sue scelte l’impegno e lo sforzo personale per costruire un nuovo mondo più giusto, fondando un gruppo, i “compagnons batisseurs”, che poi proseguirono l’impegno spostandosi dalla Palestina al Brasile, dopo la violenta e disastrosa guerra dei 6 giorni, nel 1967, disastrosa per i palestinesi. Lo slogan di Paul Gauthier, ripreso da Masina con le nostre operazioni di soliedarità e con la colletta mensile, e cioé il cambiare qui per cambiare là, potrebbe essere utilizzato anche ora per i cosiddetti migranti: come modificare economie e politiche nei paesi poveri, creando ricchezze e opportunità in quei paesi, in modo che la lorounica speranza di vita non sia la fuga, la migrazione ? Sì, dalla guerra si può solo fuggire, dalle grandi calamità naturali, ma dove guerra non c’è né calamità particolari, come si può creare una nuova speranza ? Non si può pensare ad un esodo collettivo, che tutti gli africani pensino di spostarsi tutti in Europa, occorrono scelte adeguate, scelte politiche, africane, europee, mondiali. L’accordo dell’Italia e dell’Europa con la Libia, per evitare la partenza di migliaia di migranti, dovrebbe andare in questa direzione, senza dare contributi solo ai potenti di quei paesi, ma creando occasioni di lavoro e di distribuzione più equa delle ricchezze. Ma anche il nostro tentativo di creare nuove opportunità di vita in alcune regioni del mondo può opporsi ad una fuga generalizzata, con i nostri Progetti, in Congo, in Palestina, in Argentina, ed ora anche in Guatemala. Abbiamo proposto, ed il Coordinamento ha approvato, il Progetto di padre Clemente nella sua nuova parrocchia, a San Antonio Ilotenango, nel Quiché, un paesino fra la capitale della regione Santa Cruz del Quiché e il lago Atitlan, perché i ragazzi di quella zona sperduta possano andare a scuola, imparando la storia dei Maya e non solo la storia dei conquistadores, come prevedono i programmi delle scuole pubbliche locali, ed anche acquisendo competenze professionali con laboratori di falegnameria, di panetteria e di cucito. Padre Clemente è venuto più volte a trovarci, anche noi siamo andati a casa sua, in quel magnifico paese dell’istmo centramericano, pieno di vulcani, di colori, di aree archeologiche maya; sappiamo come lavora e come sostiene l’educazione dei giovani maya, opponendosi concretamente alla fuga verso gli Stati Uniti, ora avversata dal nuovo presidente Trump (i migranti dai paesi centroamericani sono considerati tutti messicani); fuga quasi sempre tragica per chi si imbarca in viaggi disastrosi, per i criminali (i narcos, le maras) che perseguitano nel viaggio tutti i fuggitivi, catturano i poveri chapinos (così si chiamano gli indigeni, i maya), li fanno contattare le famiglie rimaste a casa, che si indebitano enormemente per poter riavere i loro figli o congiunti. I progetti di educazione sono l’unica arma efficace contro la volontà di fuga e contro questa vera persecuzione. In aprile verrà a trovarci una delle collaboratrici del padre Clemente, Nicolasa Mendoza, che abbiamo già conosciuto, e ci parlerà delle varie iniziative che abbiamo sostenuto e sosteniamo (aveva lavorato col padre anche nei precedenti progetti sostenuti dalla rete). Sarà la prossima occasione di conoscere meglio il Guatemala e le sue prospettive. Il mese scorso (il 20 gennaio) ci siamo incontrati nella Biblioteca delle suore comboniane, a Combonifem, a riflettere sulle modalità di una nuova pace in questo momento storico. Abbiamo ascoltato 3 relazioni molto interessanti, 2 relatori erano veronesi, Mao Valpiana, del Movimento nonviolento, e Sergio Paronetto, di Pax Christi, che hanno descritto la ricerca della pace e l’opposizione alla guerra coma azione nonviolenta di ispirazione gandhiana, e come azione di misericordia, secondo le indicazioni della chiesa e di papa Francesco. Il terzo relatore era l’avvocato Marco Lacchin, della Rete di Varese, che ha ricordato l’importanza del disarmo e dell’opposizione al commercio delle armi, che muove capitali distruttivi enormi molti dei quali italiani. E’ possibile vedere la registrazione dei 3 interventi su Internet, sul sito di You Tube, scrivendo il titolo “Quale pace oggi ? Nonviolenza, disarmo, misericordia”. Ci saranno altri incontri e testimonianze del genere nei mesi prossimi. Il 10 marzo ci verranno a trovare gli amici della Rete di Castelfranco, che seguono da anni un progetto di salute in Congo, e ci parleranno di cosa si sta muovendo in quel luogo così lontano, nel cuore dell’Africa nera, portando foto e racconti di contatti ed esperienze, davvero interessanti e nuove. Non abbiamo ancora scelto il luogo dell’incontro, ne daremo adeguata comunicazione. In Africa come sapete stiamo cercando di agire anche noi di Verona, con un Progetto in Ghana, con cui far studiare le ragazze, che a 14 anni invece si vuole che facciano figli subito senza alcuna possibilità di crescita e sviluppo, in tutti i sensi. Il Progetto lo sta curando l’amico medico dott. Gianfranco Rigoli, che ora sta preparando un viaggio in Ghana per il prossimo maggio; già la settimana prossima il gruppo dei primi viaggiatori s’incontra per concordare le modalità del viaggio, la sera di venerdì 10, casa Rigoli, in via Nicola Mazza 75, tel. 3282681709. I possibili interessati si facciano vivi, non si lascino vincere dalla pigrizia e dalla poltroneria: si va in Ghana, no poltròn. Ci saranno anche altri incontri prossimi, di cui daremo adeguata e puntuale comunicazione. Sperando di incontrarvi e di rinnovare così l’amicizia e il confronto. Un caro saluto a tutti, a presto. Dino