Nel Tigray l’ONU si ritira.

Il conflitto tra il governo etiope e i ribelli del Tigray che sembrava concedere un cessate il fuoco di fatto a ridosso del Natale ortodosso, la nostra Befana, non trova soluzione. Nonostante la parziale liberazione di prigionieri politici da parte del premier Abiy Ahmed e la fine degli scontri via terra, proseguono più intensi gli attacchi aerei sui ribelli del Tigray. E le Nazioni unite non riescono più a portare aiuti alla popolazione civile nelle zone colpite e devono ritirarsi.
Il Nobel delle promesse tradite
Il premier etiope Abiy Ahmed, ormai discusso premio Nobel per la pace, nei primi giorni di gennaio aveva promesso che avrebbe liberato diverse figure di spicco dell’opposizione «nel tentativo di raggiungere la riconciliazione nazionale e promuovere l’unità». Un’amnistia «il cui scopo è spianare la strada a una soluzione duratura dei problemi dell’Etiopia in modo pacifico e non violento. Soprattutto con l’obiettivo di rendere un dialogo nazionale onnicomprensivo». Belle parole e applausi di speranza.
L’illusione di una tregua reale
Accolte le richieste del Tigray People’s Liberation Front, il Tplf ribelle che aveva dichiarato di essere pronti a trattative se il governo avesse rilasciato prigionieri politici e posto fine all’assedio del Tigray. Tra le persone rilasciate ci sono Sibhat Nega, un membro fondatore del Tplf, e Abay Weldu, ex presidente della regione del Tigray, ma anche il leader dell’opposizione oromo Jawar Mohammed e il giornalista Eskender Nega. Buone premesse che non hanno fermato la guerra, denuncia Fabrizio Floris sul manifesto.
Stop scontri diretti (e perdenti), ma più bombardamenti
Se da un lato gli scontri sul terreno tra esercito etiope e ribelli tigrini si sono fermati, dall’altro sono continuati gli attacchi aerei. Anzi, peggio di prima. L’8 gennaio 56 persone sono state uccise e 30 ferite in un attacco aereo nel campo per sfollati nel nord dell’Etiopia, nell’area di Dedebit. Mentre l’11 gennaio, 17 persone sarebbero morte per alcuni attacchi con droni nella zona di Mai Tsebri. Ma i ribelli sostengono che ci sono stati anche attacchi via terra dall’Eritrea.
Unicef, violazione diritti umani
Dopo l’attacco aereo di venerdì scorso le agenzie umanitarie hanno sospeso il loro lavoro a causa dei continui attacchi di droni. L’Unicef ricorda che “i campi per rifugiati e sfollati interni, comprese le scuole che ospitano bambini e famiglie sfollate e le strutture essenziali che forniscono loro servizi umanitari, sono obiettivi civili”. E Vatican News rilancia l’accusa di “violazione del diritto internazionale umanitario” e chiede l’immediata fine delle ostilità ma soprattutto la protezione dei piccoli dai pericoli.
Promesse ai ‘Grandi’, e grandi bugie
Solo tre giorni fa, denuncia Fabrizio Floris sul manifesto, il premier Abiy Ahmed aveva discusso con il presidente americano Joe Biden «delle opportunità per promuovere la pace e la riconciliazione». Sul campo l’effetto reale è quello di impedire l’assistenza umanitaria alla popolazione schiacciata da 15 mesi di guerra. L’Ufficio delle Nazioni unite per gli affari umanitari: «nel complesso, la situazione degli sfollati interni in tutte e tre le regioni dell’Etiopia settentrionale rimane drammatica e richiede un ulteriore rafforzamento dell’assistenza multisettoriale».
L’Onu bombardata deve arrendersi
Nelle aree degli ultimi raid «i partner umanitari dell’Onu hanno sospeso le attività a causa delle continue minacce di attacchi di droni». «L’Onu e i suoi partner umanitari – ha dichiarato il portavoce Stephane Dujarric– stanno lavorando con le autorità per mobilitare urgentemente l’assistenza di emergenza nell’area, nonostante le continue difficoltà dovute alla grave carenza di carburante, denaro e forniture nel Tigray». Ma nell’anno che è iniziato la pace è ancora solo una promessa.
Poi la tragedia sanità
L’Oms in Etiopia dall’agenzia Dire (www.dire.it): «Nessun accesso alle medicine, in Tigray è un inferno». Il direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Ghebreyesus: «Un insulto all’umanità, dallo scorso luglio non è permesso consegnare medicinali alla popolazione». Ghebreyesus, di origini tigrine, è accusato da Adis Abeba di faziosità, ma le sue accuse trovano conferma nelle dichiarazioni del responsabile per le Emergenze dell’Oms, Michael Ryan.
«Da circa sei mesi i medici in Tigray non hanno accesso a “medicinali salva vita anche basici”, come l’insulina per i pazienti diabetici». Per il Covid è strage senza rimedi.