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Circolare Nazionale Rete Radiè Resch

Maggio 2014

A cura della Rete di Casale Monferrato

Questa circolare è stata abbozzata a Rimini fra il 25 e il 27 aprile 2014, prendendo spunto dalle relazioni, dagli incontri e dalle conversazioni di quei giorni. Si è trattato di un convegno “speciale”, il venticinquesimo dalla fondazione di una Rete che compie il mezzo secolo di vita. Dunque anche una riflessione sulla storia della Rete, non come auto-celebrazione, ma come “memoria”, come insieme di sguardi per far riaffiorare le radici della nostra identità. La Rete Radiè Resch nasce proprio dall’incrocio di due sguardi (di un giornalista italiano e di un sacerdote francese) entrambi  alla ricerca  di autenticità e coerenza con la propria storia personale, accomunati dalla sensibilità alla domanda di giustizia degli oppressi e dalla ricerca di autenticità al messaggio evangelico, in sintonia con uomini ed esperienze che, fra ripensamenti ed inquietudini, preparavano la grande stagione conciliare. Una organizzazione “povera”, senza ruoli definiti, senza funzionari, fragile perché affidata al volontariato, alla autonomia dei gruppi locali, eppure “presuntuosa” nel suo volersi proporre come organizzazione nazionale ed internazionale, nel suo voler allargare il tessuto delle relazioni senza temere i legami esili e le comunicazioni frammentarie. Forse proprio questa attenzione alla comunicazione ha permesso alla Rete di superare i monsoni della storia recente, magari senza crescere nel numero degli aderenti, ma senza smarrire il filo rosso dell’impegno e dell’autenticità (Matteo Mennini, nella sua introduzione storica a Paul Gauthier, ci ha raccontato che l’associazione francese “Partage”, nata con lo stesso obiettivo iniziale della Rete, ha interrotto da tempo il suo cammino). Probabilmente la rete informatizzata della comunicazione globale ha fornito un supporto importante alla conservazione dei legami e allo scambio di esperienze, consentendo la sopravvivenza di una struttura così fragile e (consentiteci di dire con un certo orgoglio) così poco costosa rispetto anche alle più semplici ONG. La Rete è nata in una Palestina non ancora definitivamente lacerata dalle guerre degli anni ’60 e ’70 ed ha avuto come primo progetto il supporto alle case che Paul Gauthier e i suoi amici andavano costruendo. Radiè Resch è il simbolo di una speranza che non si è tradotta in realtà allora e che ha bisogno ancora della nostra solidarietà. I testimoni palestinesi al convegno ci hanno fatto riflettere su una situazione che trova sempre meno sbocchi credibili perché lo stato israeliano crede di poter gestire una situazione di conflitto permanente. La vicenda politica si nutre così di narrazioni mitiche, come quella che prevede la trasformazione di Israele in stato etnico, separando gli ebrei dalla popolazione palestinese. Il progetto di creare uno stato etnicamente puro però non è credibile: di fatto la popolazione dell’area palestinese (Israele + territori occupati) è composta da non ebrei per circa il 40% (in tutta l’area ci sono 10 milioni di persone, di cui 5,9 milioni di ebrei – Israele ha circa 7,5 milioni di abitanti, per il 20% arabi. Fonte: Limes, 2013). Che cosa significa “stato ebraico”?  In Israele è stata creata una distinzione fittizia fra nazionalità (che è solo ebraica) e cittadinanza (che comprende anche il 20% di arabi) in una logica di separazione interna e di graduazione dei diritti. Diritti che sono ulteriormente conculcati per gli abitanti dei territori occupati. Secondo Wassim Damash manca una riflessione sull’identità come dato sempre in via di definizione, un dato che si costruisce e a volte si perde almeno in parte (avviene anche con l’identità personale con il venir meno della memoria individuale). Lo stato è tale quando rappresenta tutta la popolazione racchiusa nei suoi confini. Forse non è così importante che i palestinesi abbiano un altro stato (nella situazione attuale sarebbe in ogni caso uno stato con troppe limitazioni per essere autonomo), ma è necessario che vengano loro riconosciuti i diritti di nazionalità/cittadinanza, come l’uguaglianza davanti alla legge, il diritto all’incolumità personale, alla proprietà della terra e dell’acqua. Questa è la “pace” oggi ed è una pace-condizione per le trattative, più che una pace obiettivo. Ripartire dai diritti è anche il messaggio conclusivo di Riccardo Petrella. I diritti diventano un antidoto al modello di economia finanziaria in cui il valore delle cose e delle persone viene definito in base alla capacità di creare ricchezza per il capitale privato. All’interno di questo modello lo stato finisce per essere considerato come una forma di distorsione del mercato: l’obiettivo dell’economia è lo “stato zero”. Diventano così quasi “naturali” le limitazioni alla sovranità statale di cui è esempio la comunità europea: il bilancio degli stati membri deve essere verificato e può essere modificato sulla base di alcuni parametri “oggettivi” che interessano il mercato. Un mercato che non conosce diritti, ma solo solvibilità. Anche Waldemar Boff oppone alla dittatura del mercato una cultura della cittadinanza globale. Questa cultura ha bisogno di risorse, per cui è importante ripensare il significato della fiscalità generale e sottrarla all’uso “orientato” che ne fanno le lobby di potere. Padre Regino Martinez, che lavora nella Repubblica Domenicana con gli immigrati haitiani, si confronta con un razzismo sempre più violento, che sta prendendo la forma di uno stravolgimento della costituzione domenicana. Una recente sentenza della corte costituzionale (dicembre 2013) esclude dalle elezioni, dalla proprietà e dai diritti civili le famiglie di haitiani immigrati illegalmente dopo il 1929. In sostanza viene annullata l’identità di famiglie che da 4 generazioni ormai vivono sul suolo domenicano. Un razzismo che di tanto in tanto assume connotazioni violente, come è già avvenuto drammaticamente nel passato. Nel 1937, sotto il governo di Trujillo, i contadini frontalieri haitiani furono oggetto di tentativi di genocidio. Per individuare coloro che dovevano essere eliminati, non essendoci una vera e propria differenza somatica al di qua e al di là del confine (Haiti e Repubblica Domenicana sono infatti sulla stessa isola), si usava come discriminante la pronuncia della parola “perejil”, prezzemolo, in cui la r si pronuncia diversamente a seconda se si proviene da una area linguistica francese o da una spagnola. Nidia Arrobo ci ha trasmesso l’eredità spirituale di mons. Leonidas Proaño (vescovo di Riobamba in Ecuador dal 1954 al 1985) sostenitore dei diritti degli indios e precursore della teoria della liberazione. La sua speranza è in parte diventata realtà nella attuale costituzione dell’Ecuador che riconosce l’importanza delle comunità indigene. I profeti lanciano semi che possono germogliare anche a distanza di anni. Ettore Masina, nella sua relazione iniziale, ci ha ricordato uno dei primi amici della Rete ai tempi della dittatura brasiliana: Josè Luis Del Rojo (Francisco). In una lettera a Masina, Del Rojo racconta la sua esperienza di oggi come ricercatore negli archivi dello stato totalitario, recentemente resi accessibili. Ebbene, la Rete viene citata in queste fonti come una associazione pericolosa, da controllare assiduamente. Anche una piccola rete disarmata può rendere inquiete le dittature. L’azione della RRR si è caratterizzata sempre per questa sua capacità di guardare in più direzioni. Il suo stile è quello di coniugare uno sguardo attento alla vita pubblica all’impegno quotidiano nella vita privata. In questo senso può consentire il superamento di quelle paralisi dell’azione che talvolta nascono dalla percezione della complessità dei problemi in cui siamo immersi. Antonietta Potente ci ha ricordato l’importanza di “scambiarci lo spirito”, a crescere in noi quella passione dell’altro che spinge a dare a ciascuno ciò che gli appartiene. Lo spirito è letteralmente “soffio”, un elemento debole, ma forse proprio per questo può essere comunicato. Il futuro è in quella percezione della debolezza del pensiero, che porta a stabilire legami, a creare reti, a recuperare tutte le sapienze possibili (con particolare attenzione ai modelli femminili). Un carissimo saluto a tutti ed un arrivederci al coordinamento di Quarrata del mese prossimo. Per la rete di Casale Beppe e Cristiana.

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