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PREAMBOLO. Nel mese di Marzo, io e Marco Zamberlan della Rete di Torino, siamo stati accolti e ospitati nella famiglia (Füren) di Josè Nain Perez e Margot Collipar inserita nella Comunità Mapuche (Lof) di Boroa, vicino a Nueva Imperial (Cile). In Febbraio, ci hanno preceduto le nostre rispettive figlie, Ludovica e Nadia, che con loro hanno condiviso un periodo di tempo più lungo.
Non ci è ancora stato possibile stilare un lavoro comune ed esauriente di tale esperienza.
Quanto riportato nella seguente circolare rappresenta solo qualche sparsa riflessione “a caldo”. Esclusivamente personale.
Una sintesi più organica ( e condivisa ) verrà proposta ad uno dei nostri prossimi coordinamenti di Rete.

LUNARIO di MARZO

Atterriamo a Temuco, capitale dell’Araucanìa. Qui nacque Neruda, che considerava tale regione il cuore del Cile.
Per i Mapuche siamo nel Gulu Mapu 1.
Terra di mari, vulcani, laghi, fiumi, e foreste millenarie che da sempre li accoglie e che da sempre è da loro custodita.
Capaci di trasformarsi, per necessità, in formidabili guerrieri sono l’unico esempio di popolo nativo amerindio non soggiogato e con cui i colonizzatori spagnoli sono stati costretti a scender a patti. Altro particolare non indifferente: nella loro storia non si hanno notizie di tentativi espansionistici al di fuori dei loro confini originari.

In tempo di luna calante al primo quarto

Dopo cena, a casa di Josè e Margot, esco e mi allontano nel campo.
Un buio impenetrabile, privo di qualsiasi inquinamento luminoso, mette in risalto l’esplosione di stelle.
La cupola celeste è così vicina che sembra schiacciarti. Minuscola forma di Vita dell’Universo. Una tra le tante.
A parte quel residuo spicchio di luna, lo smarrimento di non riconoscere nessun punto cardinale certo.
L’assenza della Stella Polare sembra un monito: è sensato qui, orientarsi con riferimenti indicanti il Nord del mondo?
Il bagliore di “Melipal” – la Croce del Sud chiama. Dimenticare posizioni, mappe e nomi ed annusare nuove rotte:
“ WILL! WILL! … A Sud ! A Sud!! ” 2 ……………. Appunto !!

Il percorso identitario mapuche passa, certo, per il recupero delle tradizioni, della memoria, del mapudungun 3 ma soprattutto attraverso il recupero della Terra. Termine contenuto nella definizione del loro stesso nome 4.
Un mapuche senza Terra è come un marinaio senza mare. Perciò il wiñomüleiñ ta iñ mapu meu 5 è centrale.
Attenzione però, un territorio dove vivere e trarre sussistenza non vale un altro. C’è solo un luogo preciso dello spirito che lega rigorosamente , attraverso il Tugun 6, individuo e comunità alla Naturaleza 7.
In tal senso, seppur medesimo l’avversario (stato, latifondo e multinazionali), l’obiettivo mapuche non è una riforma agraria con una generica, equa ridistribuzione del territorio (come ad es. per Zapatisti o Sem Terra) ma il recupero della propria terra ancestrale che verrà poi assegnata alla comunità originaria, il cui Tugun è correlato a quel luogo.
Una lotta intrisa di una atavica sacralità che ribadisce un forte orgoglio identitario. Politico, culturale e spirituale.

In tempo di novilunio

Scompare dalla volta l’ultimo punto di riferimento familiare.
Il cielo senza luna amplifica il mistero di queste giornate.
Tuffati vestiti nel razionalmente inspiegabile. Con spirito, animo e corpo.
Il nostro righello mentale pretende di misurare lo specchio d’acqua in cui siamo finiti.
Ma gli approcci sistematici e scientifici non possono esser unità di misura.
Riflessione che già Centrafrica e Senegal avevano stimolato.
Lì gli interlocutori erano più reticenti nell’affrontare l’invisibile che governa gran parte del loro vivere.
Qui, almeno pare, c’è una maggiore disponibilità a disvelare il mistero degli aspetti animistici.

La cosmovisione mapuche è popolata da un labirinto di tradizioni, credenze e leggende.
Spiriti che prendono forma in animali e ibridi di animali diversi 8 .
Nell’eterna lotta tra il bene e il male.
Tutto è vita. Tutto è vivo. Tutto è sacro. Tutto è connesso.
E perché ci possa esser vita deve esserci Newen. Energia.
Lo stesso mapuche è una manifestazione di energia.
La sua massa corporea ne è una materializzazione. Una delle infinite.
Il mapuche ricava il suo spazio in mezzo a tutti gli altri esseri viventi.
Perciò per muoversi in sintonia deve chiedere il permesso ed usare rispetto.

La salute è la cartina al tornasole dell’armonia e dell’attenzione al rispetto dello spazio di tutti gli altri newen.
Rompere questo equilibrio crea, conseguentemente, malattia al singolo e malessere alla Comunità.
La cura è affidata alla Machi, di solito donna, che riveste un ruolo centrale nel Lof .
Figura che, dopo lungo e faticoso apprendistato, acquisisce le antiche competenze che le permettono di trattare con il newen, interpretare i segni della naturaleza e ristabilire l’equilibrio anche attraverso l’utilizzo delle erbe medicinali.

Ne abbiamo fatto esperienza con la Machi Teresa, assistita dal compagno Marcelo e dal suo figlio minore Roberto.
Al ritmo ossessivo del kultrun e dei kaskawilla, di fronte al Rehue, si connette al Wenu Mapu. 9
Quando ciò avviene, l’enorme flusso di energia che attraversa la sua esile struttura, la manda in tranche.
Ne scaturisce un inconscio, continuo effluvio di parole che Teresa, in fase conscia, non ricorderà.
Marcelo, nel ruolo di sungumachife, raccoglie e riporta. Tutto rigorosamente in mapudungun.
Quando, spossata, rientra in sé, ascolta con attenzione il resoconto di Marcelo ed interpreta.
La comunicazione, di quella che noi definiremmo una diagnosi, è diretta e senza mediazione alcuna.
Associa aspetti fisici, mentali e spirituali. Incredibilmente calzante anche se ben poco rassicurante.
Taluni aspetti saranno curabili con adeguati rimedi che verranno preparati dopo la raccolta delle erbe necessarie.
Per altri la terapia è rimandata ai nostri medici.

Arruffato, in questo orizzonte di stelle basse, mi accompagna il sorriso dolcissimo di Teresa.
Donna capace di accogliere in sé dolori indicibili. Propri 10 ed altrui.
Sfuggita alla normalità eterna con l’accettazione del suo ruolo , ha dovuto caricarsi il peso dell’allontanamento del marito e di 2 dei suoi 3 figli. Solo Robertino l’ha accompagnata nel suo percorso. E poi …. Ogni volta, ad ogni seduta
accogliere in sé i disequilibri altrui che vuol dire trasformare il proprio corpo in un terreno di scontro tra Bene e Male. Sempre e comunque con quel sorriso sulle labbra ……..

In tempo di luna crescente all’ultimo quarto

Il pick up infila sterrati tra campi e foreste odorose d’humus.
Porto a spasso l’anima. Con una certa attenzione perché la guida non è sempre agevole.
Piste di polvere. Alzata dai propri e altrui pneumatici. Intermittenti, si svelano squarci di sfondi infiniti.
Terre e cieli sconfinati che palesano l’insensatezza di frontiere e recinti delimitanti la proprietà privata.

Sono giorni dedicati alla visita delle Comunità. Lunghi gli spostamenti percorsi tra un luogo e l’altro.
Dai Pehuenche della cordigliera ai Lafquenche sull’Oceano Pacifico. 11
Accolti nella lentezza che, qui, le relazioni esigono. Sedendosi a tavola per bere chica e mangiare asado. In ascolto.
Racconti di ritorni ai luoghi natii 12, di terre recuperate ma stremate da incendi e monoculture. Aneddoti sul quotidiano, feste e cerimonie (come quella del palin). Ma anche di storie terribili come quella famiglia Pitriqueo che, in una occupazione per il recupero della terra, ha perso un ragazzo di 19 anni schiacciato dal trattore di un latifondista. Un brulicare di vita, diverso da un lof all’altro. Coeso in caso di necessità.
Il limite di tale autonomia è quello di non produrre una rappresentanza politica significativa e comune ma, come ci ha ribadito il senatore Francisco Huenchimilla 13 è anche la struttura sociale che ha permesso loro di sopravvivere e conservare indipendenza e nobiltà fino ai giorni nostri.

Stanotte nel cielo ricompare una falce di luna.
Cerco di riordinare le carrellate di volti incontrati che affollano mente e cuore.
Nella testa, già dal pomeriggio, ronza il termine « Restanza », letto da Vito Teti, un antropologo calabrese.
Definito come: « L’atteggiamento di chi, nonostante le difficoltà, resta nella propria terra d’origine con intenti propositivi ed iniziative di rinnovamento » è un misto di permanenza e resilienza.
Mi pare la sintesi perfetta delle narrazioni carpite in questi giorni. E mi pare il trait d’union trans – culturale con quelle esperienze delle Comunità Trasformative ascoltate al nostro Convegno di Ottobre. uniti
Uniti da quella necessità di abitare lo spazio generando però un nuovo senso dei luoghi. E di sé stessi.
Trasformando il territorio in terra, il borgo dipinto in paese. Attraverso relazioni, sapienze antiche ed idee innovative.

Molto schierato sul sacrosanto diritto a migrare non ho mai ben riflettuto sull’analogo diritto di restare ….
Due facce della medesima medaglia.
D’altronde, da sempre, il partire e il restare sono i due poli su cui oscilla la storia dell’umanità.

In tempo di (quasi) plenilunio

La luna si riappropria nella sua interezza del firmamento visibile.
Io, con una certa malinconia, guardo la Stella del Sud.
E’ l’ultima notte in terra mapuche.
Si rientra. E’ tempo di saluti. Di bilanci.

Poter vivere all’interno di un Lof è privilegio raro. I cileni a cui lo racconti strabuzzano gli occhi.
Normalmente i Winka, gli stranieri, non vengono accettati nelle Comunità. Per cautela e diffidenza.
Per noi è stato possibile grazie ai ventennali rapporti intessuti con José e Margot.

Da sempre, ci diciamo che la relazione è uno dei punti imprescindibili per concretizzare la solidarietà.
Verificarlo nella realtà conferma che questi rapporti dialogici, vivi, coinvolgenti sono, davvero, la direzione giusta.

Un altro aspetto che mi pare importante sottolineare sono le modalità con cui si realizzano i contatti ed i viaggi.
Abitare i rispettivi quotidiani, nel qui come là, permette di cogliere anche gli aspetti contradditori e vivere pienamente la reciproca dimensione di uomini e donne. Comprensiva di limiti e difetti.
Aspetto indispensabile per evitare la mitizzazione dei nostri referenti locali.

Questo tempo ordinario condiviso con Josè, Margot, Relmu e Magnil ci ha regalato anche questo.

Il popolo della terra ha una incredibile fascinazione.
Incarna la lotta al modello liberista, alla visione utilitaristica di una mondo da cui attingere indiscriminatamente.
Ma per continuare a sopravvivere dovrà forzatamente fare i conti con la modernità.
All’orgoglio del passato dovrà saper associare una visione di futuro.
Riappropriandosi delle proprie terre ma anche di tecnologie e professionalità.
Fruibili solo con lo studio e con esperienze al di fuori dello stretto mondo mapuche.
Lautaro 14 riuscì a resistere ai colonizzatori perché apprese le tecniche usate dagli spagnoli stessi.
José stesso, militando due anni nell’esercito, ha imparato come si muovono e come ragionano i carabineros.
Ciò gli ha permesso di elaborare delle strategie di lotta tali da evitar scontri diretti nell’occupazione delle terre.

La cosmovisione dei mapuche è sostanzialmente duale in tutto e non attua disparità di genere. Prevede ad esempio che i ruoli di responsabilità quali lonko e machi, possano essere indifferentemente femminili o maschili.
Nonostante ciò, nel tempo, si è creata una distinzione più netta tra queste funzioni .
Guida delle comunità, incarichi politici e di rappresentanza sono diventati sostanzialmente appannaggio dell’uomo mentre quelli riguardanti cura, trasmissione dei saperi antichi, cultura ed educazione dei figli affidati alla donna.
Margot, pasionaria e coordinatrice di lotte, ha sovente sottolineato questo aspetto, vissuto personalmente in maniera frustrante per la ruolizzazione del suo genere.

A breve gli spazi infiniti verranno sostituiti da linee di coste aggrappate alle colline.
Nubi viaggianti su sfondi blu cobalto barattati con lembi di cielo specchiati nel mare.
Ognuno ha le proprie sfide. A qualsiasi latitudine.
Quella di Josè in Araucanìa. La mia in Liguria.

Spero però, nella possibilità che le nostre rispettive materializzazioni del Newen possano ancora incontrarsi .
Mi mancherà.
Quel suo passo leggero e silenzioso, assimilato da bambino negli spostamenti in foresta.
La sua visione pragmatica. Il suo orgoglio antico di nativo.
La vicinanza di quell’intendersi istintivo, sotterraneo. Di scarse parole.

Vero, carismatico Werken 15 del suo popolo.

La Stella Polare tornerà in cielo.
Ma Melipal, seppur invisibile, continuerà a smarrirmi ……….

Pier
Rete di Celle – Varazze

« Un luogo non è mai solo “ quel ” luogo: quel luogo siamo un po’ anche noi.
In qualche modo, senza saperlo, ce lo portavamo dentro e un giorno, per caso, ci siamo arrivati. »
Antonio Tabucchi

Brasile – Aguadoce  (2016)

Brasile – Remigio Colombo (2023-2025)

Perù – Yanamayo (2021-2023)

Bolivia – Assistenza sanitaria a Cochabamba (2022-2024)

Brasile – Coorizonte (2020-2023)

Cile – Mapuche Folilko (2022-2024)

  Condividendo la vita dei Mapuche (2023-2025)

Perù – Adotta un pasto (2021-2023)

Ecuador-Fundacion JR Arrobo Cevallos (2023)

Ecuador -Frente Antiminero di Pacto (2023-2025)

Brasile – Progetto ELAA (2023)

Argentina – Mesa Campesina (2023-2025)

Brasile – Clinica Piccolo Ponte (2023-2024)

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