Brasile – Aguadoce  (2016)

Brasile – Remigio Colombo (2017)

Perù – Yanamayo (2022)

Bolivia – Assistenza sanitaria a Cochabamba (2021)

Brasile – Coorizonte (2020)

Cile – Mapuche Folilko (2021)

Cile – Progetto “Sergio Escudero” (marzo 2019)

Cile – Relazione primi tre mesi progetto S. Escudero (agosto 2019)

 Argentina – Mesa Campesina (2019)

Perù – Adotta un pasto (2019)

Ecuador-Fundacion JR Arrobo Cevallos (2021)

Ecuador – Ambato (2019)

Brasile – Progetto ELAA (2023)

Lettera circolare della Rete di solidarietà internazionale

 Radiè Resch di Verona – Marzo 2017

Cari amici della solidarietà della Rete Radié Resch di Verona, comincio con due notizie negative da due luoghi del mondo che ci stanno molto a cuore. La prima dalla Palestina, da Gerusalemme, dove Israele intende eliminare la cosiddetta scuola delle Gomme, sostenuta dalla solidarietà italiana e internazionale. La scuola delle Gomme si chiama così perché non ha fondamenta di edilizia, ma posa su vecchie gomme di automobili e camions, con un Progetto tecnico studiato da una associazione italiana. Lì ci vanno i figli dei beduini della zona, in territorio cisgiordano, fra Gerusalemme Est e Gerico, che è vicina al Mar Morto, ma i coloni ebrei che hanno i loro insediamenti sopra il luogo della scuola, vogliono portare il muro di separazione fino a lì, quindi vogliono demolire la scuola e spianare tutto con i bulldozers, e i bambini andranno a scuola in un altra struttura, dove dicono gli israeliani. L’altra brutta notizia viene dal Guatemala, dove una ventina di ragazze (14-17 anni) sono rimaste uccise da un rogo nella casa d’accoglienza dove erano ospitate. Era una casa particolare, gestita dallo Stato, per ospitare minori e ragazze in difficoltà, bambini ragazzi di strada vittime di violenze familiari; le ragazze che avevano recentemente protestato per le violenze che subivano nella casa, di tutti i tipi, quindi l’incendio era probabilmente doloso. Sono fatti che capitano nei paesi poveri, a chi non ha mezzi né diritti, a chi non gode di minima protezione, dove la criminalità è forte e spesso collusa con potere, in Guatemala, in Messico, in Salvador, come in tanti altri paesi dell’America Latina, si verificano ancora molti episodi di sfruttamento di vario tipo. Questi luoghi sono molto vicini al nostro gruppo di solidarietà, la Palestina è il luogo dove Paul Gauthier iniziò il suo cammino di vicinanza e di lotta all’ingiustizia, ingiustizia costituita dall’azione di Israele, che continua anche oggi la sua azione di annientamento dei palestinesi, della Cisgiordania e di Gaza. E il Guatemala lo seguiamo da 20 anni e più, e stiamo per riprendere un Progetto. Sono episodi che ci ricordano come sia importante dare aiuto e sostegno a chi non ne ha. E questo è uno dei nostri impegni, accanto alla colletta, conoscere e far conoscere cosa succede nel mondo, dove abbiamo stretto amicizie, e cerchiamo di aiutare concretamente, per sostenere le iniziative locali. Per saperne di più ci sono un paio di appuntamenti prossimi, mirati alla Palestina e all’Africa, e poi avremo presto anche un testimone del Guatemala, ma di questo parleremo in seguito, perché Nicolasa, una delle collaboratrici di padre Clemente, verrà in Italia e a Verona in maggio. Di Palestina parlerà il prof. Washim Dahmash il prossimo 17 marzo, venerdì prossimo, al Monastero di Sezano alle 20.45. Dahmash l’abbiamo già ascoltato più volte, é docente universitario all’Università italiana “La Sapienza” di Roma, parla un italiano perfetto e sa chiarire tutto quello che è successo in Palestina dopo il 1947, dopo la nascita dello stato di Israele. Parlerà della vicenda palestinese, di linguaggi e racconti; è l’occasione di riascoltare la narrazione della storia e di sentire quali sono le prospettive dei palestinesi più impegnati e illuminati, e di chiarire quindi a noi qual è la situazione e quali sono le prospettive di sviluppo, geografico storico e politico, di quelle regioni così particolari e martoriate. In aprile ci sarà poi un altro importante appuntamento per conoscere di più e meglio l’Africa: Lunedì 7 aprile in una delle sale del Tempio Votivo ci verranno a parlare di Congo e di Mwamwayi, nella regione di Kabinda, gli amici della Rete di Castelfranco, Fabio e Marta Corletto. Li abbiamo già sentiti qualche anno fa, hanno fatto partire da Castelfranco una grande azione di solidarietà in Congo, costruendo un centro salute e una scuola, ma soprattutto sostenendo con grande attenzione e con aiuto concreto ciò che stanno cercando di fare gli africani di là. Noi di Verona, che stiamo gemellandoci con il Ghana, con le ragazze di Ajumako che potranno continuare la scuola superando grandi difficoltà, abbiamo l’impegno di sapere meglio cosa succede in questo continente enorme, che diventerà sempre più importante nel panorama mondiale, dove ha agito San Daniele Comboni, da dove provengono tanti migranti che ci sollecitano variamente. E il Congo è un delle regioni più particolari di tutta l’Africa. Allora vi propongo nei prossimi giorni due date e due appuntamenti: il 17 marzo alle 20.45 a Sezano, il prof. Damash a parlarci di Palestina, e il 7 aprile alle 21 al Tempio Votivo, Fabio e Marta Corletto a parlarci di Congo, Kabinda e Mwamwayi. E poi fra un mese aspettiamo l’ospite del Guatemala. Un caro saluto a tutti, a presto.

Dino e Silvana

Radiè Resch di Macerata – Marzo 2017

Cari amici, se oggi dovessi descrivere la nostra società ai miei nonni o bisnonni, una cosa, credo, non riuscirei a spiegare: spendiamo molto più denaro e fatica in diete e cure, rispetto a quanto ne usiamo per procurarci da mangiare. Forse il più grande successo (ma solo in Occidente) dell’ultimo secolo è l’aver debellato la fame, ma negli ultimi decenni siamo andati incontro ad un problema antitetico, siamo all’overdose di cibo. Proprio la nutrizione costituisce una delle contraddizioni più aberranti della nostra epoca, a fronte di 842 milioni di persone che soffrono la fame, ci sono circa 1 miliardo e mezzo di obesi. Dati come questo hanno spinto Riccardo Valentini (premio Nobel per la Pace 2007 con l’IPCC) a riflettere sulla necessità di modificare l’attuale sistema di produzione e di consumazione del cibo. La ricetta di Valentini non si basa su un’ideologia ambientalista o terzomondista, ma su una constatazione di natura economica: l’attuale sistema è inefficiente e non sostenibile nel lungo periodo, tanto da poter divenire causa di una crisi alimentare profonda quando, nel 2050 secondo le previsioni, la popolazione mondiale dagli attuali 7 miliardi, salirà a 9 miliardi. È necessario, dunque, agire per risolvere i tre paradossi del sistema della produzione alimentare attuale: 1. un terzo della produzione mondiale viene buttata (quantità quadrupla rispetto a quella che servirebbe a relegare la “fame nel mondo” nei libri di storia) 2. una grande percentuale di territorio viene usato per produrre biocarburanti o foraggio per bestiame 3. la già ricordata compresenza di obesi e persone che soffrono la fame. Sulla base di queste considerazioni è nata la bozza del Protocollo di Milano (di cui Valentini è stato relatore all’Expo), ovvero una traccia da condividere con i cittadini, per vincolare i governi ad adottare alcune azioni concrete, che costituiscano un circolo virtuoso tra produzione, tutela dell’ambiente, nutrizione, salute ed educazione, ma anche democrazia.” È necessario, ricorda sempre il ricercatore, ribaltare la tradizionale stesura di protocolli, discussi negli uffici dell’Onu o dalle diplomazie degli stati ed aprire la discussione a tutti”. Le statistiche dicono che l’Italia è il paese “meno obeso” d’Europa, ma se limitiamo l’analisi ai più piccoli, balziamo addirittura al primo posto. Possediamo una cultura del mangiare tra le più ricche e importanti del mondo, ma stiamo perdendo la capacità di trasmetterla alle generazioni più giovani, con effetti devastanti sulla salute e l’ambiente. È quindi necessario applicarsi per recuperare questa situazione, non solo facendo dell’Italia una capofila nelle iniziative di respiro internazionale, ma anche promuovendo all’interno del Paese la filosofia della filiera corta, dell’agricoltura biologica, della qualità del prodotto a partire dal processo di produzione e dall’educazione alimentare. L’applicazione dei semplici concetti contenuti nel Protocollo di Milano, non solo aiuta a preservare il territorio in cui viviamo, ma può rappresentare un contributo indispensabile per uscire dall’attuale crisi finanziaria ed alleviare le difficoltà economiche delle famiglie italiane. Come è accaduto che l’agricoltura che ci nutre si è trasformata in un’industria che è la più inquinante del pianeta? La gestione dell’economia e della qualità del cibo è diventata una sfida globale tra le più complesse da affrontare e richiede la formazione di figure manageriali che riguardano diversi aspetti da quelli giuridici a quelli finanziari. Non mancano pregevoli iniziative sul tema come l’app inaugurata dalle università di Torino e di Scienze gastronomiche di Pollenzo, che si propone di offrire a studenti, provenienti da realtà e paesi diversi, gli strumenti per rispondere in modo concreto agli interrogativi di un settore che genera conflitti profondi. Il cibo è drammaticamente vittima della finanza tanto che i colossi finanziari investono in catene di distribuzione anche di quelle che fanno della sostenibilità e della resilienza la propria bandiera. Pertanto i consumatori, ignari, continuano a comprare prodotti che fanno male attirati da marchi illusori pagando i prodotti stessi a prezzi alti. Una cosa che non tutti sanno è che l’80% del cibo consumato in tutto il mondo viene prodotto dall’agricoltura familiare di piccoli produttori; il fatto viene nascosto accuratamente per far sembrare che sono le multinazionali a cibare il mondo. E’ importante che i sistemi legislativi si adattino ai movimenti dei lavoratori del cibo che nascono dal basso; i gruppi locali che si organizzano incontrano spesso intoppi legislativi che li bloccano; bisogna riuscire a creare spazi in cui le persone e i privati possano sperimentare nuove soluzioni per realizzare produzioni più sostenibili.

 Radiè Resch di Verona – Febbraio 2017

Cari amici della solidarietà della Rete Radié Resch di Verona, la scelta di aderire e partecipare alle scelte di un’associazione che vuole essere solidale con chi ha bisogno e mettere a disposizione una parte delle proprie risorse individuali o di famiglia, richiede riflessione, ricerca, discussione, informarsi e concretizzare certe azioni in progetti veri e propri. La discussione avviene in incontri particolari, fra di noi e con testimoni, e in lettere che mantengono la coesione nel gruppo. E questo vuol essere questa lettera mensile, inaugurata da Ettore Masina più di 50 anni fa, che continua ancora abbastanza regolarmente, con una parte di rilevanza nazionale e una seconda parte più locale, di amici che si sono uniti in territori più limitati. Abbiamo ricordato il mese scorso un sacerdote particolare di origini francesi, Paul Gauthier, che volle recarsi in luoghi dove la povertà e l’oppressione avevano creato una situazione di forte ingiustizia. E Paul diceva a Ettore che non c’è bisogno che andassero tutti a Nazaret, o poi in Brasile: per cambiare le cose in posti così lontani bastava un impegno a casa nostra, perché per cambiare lo cose là, bisognava cambiare alcune situazioni qua, la politica internazionale si può attuare anche a casa nostra. E questo ci ha ricordato Matteo Mennini, uno storico studioso di Paul Gauthier, che ci ha presentato a Roma, nell’ultimo Coordinamento, il suo ultimo libro sulla vita di Paul Gauthier, che nel Concilio, nei primi anni 60, diede vita ad un forte movimento chiamato “la Chiesa dei poveri” (che è anche il titolo del nuovo libro di Mennini), il quale testimoniò con le sue scelte l’impegno e lo sforzo personale per costruire un nuovo mondo più giusto, fondando un gruppo, i “compagnons batisseurs”, che poi proseguirono l’impegno spostandosi dalla Palestina al Brasile, dopo la violenta e disastrosa guerra dei 6 giorni, nel 1967, disastrosa per i palestinesi. Lo slogan di Paul Gauthier, ripreso da Masina con le nostre operazioni di soliedarità e con la colletta mensile, e cioé il cambiare qui per cambiare là, potrebbe essere utilizzato anche ora per i cosiddetti migranti: come modificare economie e politiche nei paesi poveri, creando ricchezze e opportunità in quei paesi, in modo che la lorounica speranza di vita non sia la fuga, la migrazione ? Sì, dalla guerra si può solo fuggire, dalle grandi calamità naturali, ma dove guerra non c’è né calamità particolari, come si può creare una nuova speranza ? Non si può pensare ad un esodo collettivo, che tutti gli africani pensino di spostarsi tutti in Europa, occorrono scelte adeguate, scelte politiche, africane, europee, mondiali. L’accordo dell’Italia e dell’Europa con la Libia, per evitare la partenza di migliaia di migranti, dovrebbe andare in questa direzione, senza dare contributi solo ai potenti di quei paesi, ma creando occasioni di lavoro e di distribuzione più equa delle ricchezze. Ma anche il nostro tentativo di creare nuove opportunità di vita in alcune regioni del mondo può opporsi ad una fuga generalizzata, con i nostri Progetti, in Congo, in Palestina, in Argentina, ed ora anche in Guatemala. Abbiamo proposto, ed il Coordinamento ha approvato, il Progetto di padre Clemente nella sua nuova parrocchia, a San Antonio Ilotenango, nel Quiché, un paesino fra la capitale della regione Santa Cruz del Quiché e il lago Atitlan, perché i ragazzi di quella zona sperduta possano andare a scuola, imparando la storia dei Maya e non solo la storia dei conquistadores, come prevedono i programmi delle scuole pubbliche locali, ed anche acquisendo competenze professionali con laboratori di falegnameria, di panetteria e di cucito. Padre Clemente è venuto più volte a trovarci, anche noi siamo andati a casa sua, in quel magnifico paese dell’istmo centramericano, pieno di vulcani, di colori, di aree archeologiche maya; sappiamo come lavora e come sostiene l’educazione dei giovani maya, opponendosi concretamente alla fuga verso gli Stati Uniti, ora avversata dal nuovo presidente Trump (i migranti dai paesi centroamericani sono considerati tutti messicani); fuga quasi sempre tragica per chi si imbarca in viaggi disastrosi, per i criminali (i narcos, le maras) che perseguitano nel viaggio tutti i fuggitivi, catturano i poveri chapinos (così si chiamano gli indigeni, i maya), li fanno contattare le famiglie rimaste a casa, che si indebitano enormemente per poter riavere i loro figli o congiunti. I progetti di educazione sono l’unica arma efficace contro la volontà di fuga e contro questa vera persecuzione. In aprile verrà a trovarci una delle collaboratrici del padre Clemente, Nicolasa Mendoza, che abbiamo già conosciuto, e ci parlerà delle varie iniziative che abbiamo sostenuto e sosteniamo (aveva lavorato col padre anche nei precedenti progetti sostenuti dalla rete). Sarà la prossima occasione di conoscere meglio il Guatemala e le sue prospettive. Il mese scorso (il 20 gennaio) ci siamo incontrati nella Biblioteca delle suore comboniane, a Combonifem, a riflettere sulle modalità di una nuova pace in questo momento storico. Abbiamo ascoltato 3 relazioni molto interessanti, 2 relatori erano veronesi, Mao Valpiana, del Movimento nonviolento, e Sergio Paronetto, di Pax Christi, che hanno descritto la ricerca della pace e l’opposizione alla guerra coma azione nonviolenta di ispirazione gandhiana, e come azione di misericordia, secondo le indicazioni della chiesa e di papa Francesco. Il terzo relatore era l’avvocato Marco Lacchin, della Rete di Varese, che ha ricordato l’importanza del disarmo e dell’opposizione al commercio delle armi, che muove capitali distruttivi enormi molti dei quali italiani. E’ possibile vedere la registrazione dei 3 interventi su Internet, sul sito di You Tube, scrivendo il titolo “Quale pace oggi ? Nonviolenza, disarmo, misericordia”. Ci saranno altri incontri e testimonianze del genere nei mesi prossimi. Il 10 marzo ci verranno a trovare gli amici della Rete di Castelfranco, che seguono da anni un progetto di salute in Congo, e ci parleranno di cosa si sta muovendo in quel luogo così lontano, nel cuore dell’Africa nera, portando foto e racconti di contatti ed esperienze, davvero interessanti e nuove. Non abbiamo ancora scelto il luogo dell’incontro, ne daremo adeguata comunicazione. In Africa come sapete stiamo cercando di agire anche noi di Verona, con un Progetto in Ghana, con cui far studiare le ragazze, che a 14 anni invece si vuole che facciano figli subito senza alcuna possibilità di crescita e sviluppo, in tutti i sensi. Il Progetto lo sta curando l’amico medico dott. Gianfranco Rigoli, che ora sta preparando un viaggio in Ghana per il prossimo maggio; già la settimana prossima il gruppo dei primi viaggiatori s’incontra per concordare le modalità del viaggio, la sera di venerdì 10, casa Rigoli, in via Nicola Mazza 75, tel. 3282681709. I possibili interessati si facciano vivi, non si lascino vincere dalla pigrizia e dalla poltroneria: si va in Ghana, no poltròn. Ci saranno anche altri incontri prossimi, di cui daremo adeguata e puntuale comunicazione. Sperando di incontrarvi e di rinnovare così l’amicizia e il confronto. Un caro saluto a tutti, a presto. Dino

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