16-11 Circolare nazionale – novembre 2016
CIRCOLARE NAZIONALE NOVEMBRE 2016 – RETE di CASTELFRANCO V.
COME ESSERE SOLIDALI?
Infinite volte ci siamo chiesti quale debba essere la nostra collocazione nelle realtà dove si sviluppano i progetti in cui siamo coinvolti, come rapportarci con le popolazioni del luogo, sino a che punto contaminare e lasciarci contaminare. Certo dipende molto dalle condizioni specifiche del posto, dalle capacità e possibilità del referente e soprattutto dalle difficoltà legate alla situazione politica e organizzativa locali, dal milieu come si dice in francese. La nostra esperienza si sviluppa in un contesto africano estremamente complicato per la totale mancanza di strutture di qualsiasi genere a supporto della popolazione che si trova letteralmente abbandonata e isolata, priva delle condizioni minime di sopravvivenza.
Non è semplice mettersi in sintonia con queste realtà, capire sino a che punto intervenire, decidere, accogliere, astenersi, stoppare il nostro pensiero per dare spazio alle loro idee. Ma per tentare di essere compresi sino in fondo possiamo esporre di seguito alcune situazioni concrete, tratte anche dal recente viaggio.
– A proposito del metodo della partecipazione collettiva: in una situazione di disarmante povertà, siamo sicuri che sia opportuno chiedere lavoro volontario da parte della popolazione per alcune attività nei progetti? Certo non possono aspettarsi tutto dall’esterno, “devono crescere e responsabilizzarsi” si dice, ed è giusto e ovvio, ma in che modo e con che tempi? Con quali sacrifici? E’ più giusto pensare di alleviare il loro carico attraverso un sistema di parziale retribuzione introducendo progressivamente segmenti di partecipazione al bene comune oppure, come sostiene il nostro referente, è giusto richiedere fin da subito un contributo totalmente gratuito come contropartita del nostro impegno? Si è reso necessario avviare il confronto :
– con gli insegnanti presenti nei villaggi per discutere l’argomento ascoltando il loro parere, insistendo sull’importanza del loro ruolo per promuovere, tra studenti e genitori, la presa di coscienza dei problemi che li affliggono, la ricerca di soluzioni comunitarie e la partecipazione collettiva a partire dalle risorse disponibili. Di qui la necessità di sostenere come RRR un percorso di formazione per una categoria tanto importante.
– con il Comitato di sviluppo di Mwamwayi per parlare del significato e del valore dell’Ospedale come Bene Comune e della strategia da adottare per motivare ancora la popolazione alla partecipazione ai lavori di cantiere e successivamente alla gestione del Centro di Sanità;
– con i capi-villaggio invitandoli a superare le storiche distanze tribali, trovare i motivi di aggregazione tra i villaggi per creare una mobilitazione comunitaria attorno al Centro di Sanità. Abbiamo avuto la soddisfazione di sentire che da molti anni non si assisteva ad un confronto tra tutti gli chef dei villaggi del circondario.
É stato difficile estromettere dal cantiere persone provenienti da altri villaggi che chiedevano di far parte della squadra impegnata a realizzare il pozzo, quando questa era già formata e collaudata, perché i pochi giorni a disposizione non ci permettevano rallentamenti. La soluzione è stata quella di chiamare tutti i capi-villaggio e capi-mandamento della zona per spiegare la necessità di contare su una squadra ristretta e consolidata e la proposta di formare piuttosto dei gruppi che potessero assistere ai lavori e ascoltare le istruzioni date dal nostro geologo. Ciò significa organizzare la permanenza (compresi vitto e alloggio) per diversi giorni di parecchie persone provenienti da zone lontane, anche da due giorni di cammino.
– A proposito della retribuzione degli operai impegnati nella costruzione del pozzo: insistere affinché ciascuno abbia una giusta retribuzione oppure meglio accettare il sistema dell’offerta come vigente in loco: chi affida il lavoro decide quanto pagare e la gestione delle singole retribuzioni viene decisa dal capo? Sembra ovvia la risposta, ma è rischioso compromettere gli attuali equilibri. La soluzione è stata di insistere per incontrare tutti i lavoratori e discutere assieme, come mai prima s’era fatto, per dimostrare la necessità del dialogo per accordarsi e operare in trasparenza.
– A proposito della distribuzione della valigia di farmaci. L’attuale dispensario non è dotato né di attrezzature sanitarie né di medicinali. Con l’aiuto di una Onlus italiana che nella totale gratuità e trasparenza, si occupa della raccolta di farmaci inutilizzati per distribuirli stiamo verificando la possibilità di inviarne a Mwamwayi con una certa regolarità. Una prima fornitura ci è pervenuta alla vigilia della partenza. Arrivati sul posto abbiamo dovuto affrontare il problema delle modalità di distribuzione: nella nostra visione i farmaci, soprattutto salvavita come antibiotici e antimalarici, dovrebbero essere distribuiti dal dispensario gratuitamente ai pazienti, considerata l’estrema povertà in cui vive la gente. “Bravi, così domani mattina ci ritroviamo con decine di migliaia di ammalati provenienti da tutti i villaggi limitrofi che vengono qui a richiedere medicine …..”, è stata la risposta degli amici di Mwamwayi, che avevano invece stilato un tariffario di poco inferiore al costo ufficiale dei medicamenti, anche per ricavare un minimo di entrate da utilizzare per il fabbisogno del dispensario. Inutile evidenziare il nostro disorientamento e allora ….. il necessario confronto, a più riprese, con il personale del dispensario e con i rappresentanti di Badibam (ong locale con presidente il ns. referente) per cercare una soluzione condivisa: un prezzo ridotto a metà o a un terzo rispetto al prezzo standard e poi affrontare la questione di coloro che non possono pagare nulla, e come? Ipotizzando un lavoro collettivo per creare un’esperienza di mutuo aiuto. Vedremo…..
– A proposito della formazione di leaders. Nel villaggio si respira una cappa d’isolamento paralizzante che avvolge tutto e tutti; nonostante qualcuno abbia frequentato scuole e università, l’assenza di qualsiasi mezzo e opportunità scoraggia ogni novità e regna uno sconforto generale. Allora bisogna cercare di facilitare l’incontro con formatori provenienti da altre realtà, discutere con loro per individuare chi avviare alla formazione per diventare un leader positivo del villaggio con capacità organizzative in grado di farsi portavoce presso i responsabili e le autorità (ad es. quelle sanitarie purtroppo disperate da noi incontrate in due occasioni), o presso la direzione della nuova provincia amministrativa. Supportiamoli, incoraggiamoli, facendo vedere che non sono soli nel confronto con il governatore della provincia, con il vescovo della diocesi, con il responsabile della zona di sanità!
Per tre volte negli ultimi anni abbiamo raggiunto Mwamwayi, immergendoci nella vita del villaggio per cercare di condividere, per comprendere, per conoscere, per insieme decidere e crescere. Un tassello in più guadagnato in ogni missione, in ogni incontro con i numerosi amici africani che la rete di Castelfranco V. ha anche ospitato in Italia nel corso di questi anni. Un cammino ricco di incontri con singole persone e organizzazioni di volontariato impegnati a sostenere i popoli impoveriti del continente nero, ci ha fatto scoprire con crescente stupore di non essere soli e di poter contare sul consiglio e l’aiuto di molti : persone semplici, geometri, medici del Cuamm, e così via…. E che dire di David, il geologo scozzese che ha accettato di venire nel villaggio per dirigere i lavori della costruzione del pozzo, dandoci una lezione di totale dedizione alla causa e insegnandoci una profondità di lettura degli avvenimenti.
In questi anni di intensi rapporti con l’Africa si è radicata in noi la convinzione che è indispensabile fornire alla popolazione un supporto, un aiuto, per quel poco che possiamo fare, perché da sola non riesce ad innescare nessun movimento di liberazione. Ma per sostenere correttamente il loro tentativo di crescita, ci siamo resi conto che è necessario decidere insieme con loro e per fare questo è d’obbligo un cammino di condivisione e crescita comune, discutendo, lavorando, vivendo insieme, spogliandoci molte volte delle nostre troppe convinzioni. Questo è quello che abbiamo pian piano capito sinora, sperando di procedere con la necessaria determinazione, lucidità e soprattutto umiltà nell’accogliere sempre l’altro ponendoci sullo stesso piano. È un lavoro lungo che richiede costanza, tenacia e molta prudenza nelle scelte e nelle prese di posizione. È un percorso possibile solo in Rete, supportandoci e motivandoci a vicenda, sempre in ricerca insieme di quale solidarietà sia possibile, di come essere solidali.