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Circolare nazionale Maggio 2023

CIRCOLARE NAZIONALE – MAGGIO 2023

A cura di Toni Peratoner – Rete di Udine

Riprendo l’ultima parola della circolare nazionale di aprile, da poco giuntaci: democrazia. Il seminario del Triveneto, conclusosi il 15 aprile a Padova, a mio parere ha aperto un orizzonte interessante per il nostro cammino come RRR. Questo mi stimola a risalire alle radici delle motivazioni che hanno spinto il gruppo friulano dell’Associazione per la Decrescita ad intraprendere la strada faticosa e irta di ostacoli e di incognite rappresentata dalla costruzione di Comunità trasformative.

Parto da lontano, circoscrivendo le problematiche il più possibile, consapevole del rischio di semplificare una questione immensa, non argomentabile certamente in una pagina.

C’è da parte di molti di noi una grande preoccupazione sulla consistenza della nostra democrazia, che ritengo debba ancora essere ridefinita dentro i processi che la modernità e il modello socio-economico attuale stanno agendo in una desolante penuria di voci, non solo da parte degli analisti politici, ma anche da parte della popolazione. Come se la democrazia fosse un dato scontato e immutabile nel tempo e nello spazio, non discutibile nelle sue forme e realizzazioni.

Cerco di analizzare qui solo una piccola parte del problema, quella relativa al nostro contributo attraverso il diritto elettorale. Il diffuso e marcato astensionismo elettorale rappresenta un sintomo di grande malessere della nostra società, le cui molteplici cause vanno assolutamente ricercate per poter pensare a rimedi strutturali e a strategie politiche di contrasto. Senza la pretesa di essere esaustivo, vista l’enorme complessità del tema, provo a citare alcune questioni a mio parere rilevanti.

In primo luogo la crisi dei partiti. Sempre più i partiti sono incapaci di essere voce della popolazione, sono spesso identificati con i leader, i dirigenti sono spesso il frutto di accordi dentro circoli ristretti secondo logiche di spartizione di potere e di favoritismi. Nello stesso tempo, data questa condizione di autoreferenzialità, soggetti che si avvicinano, desiderosi di apportare cambiamenti gestionali e proposte politiche alternative, troppe volte vengono trattati in maniera paternalistica o addirittura emarginati quali disturbatori di una prassi consolidata. A volte questi stessi si allontanano spontaneamente perché consapevoli di una impossibilità di agire coerentemente. In questo modo la ricchezza della riflessione politica si affievolisce progressivamente fino a non essere più riconosciuta ed apprezzata.

In secondo luogo la legge elettorale. È universalmente noto che non esiste una legge elettorale perfetta, perché deve essere coerente con i contesti e con le epoche in cui viene adottata. Tuttavia vi sono alcune questioni che sono ineludibili. Solo una battuta sulla scelta, perennemente in discussione tra sistema maggioritario o proporzionale, che richiederebbe un’analisi a parte: a mio parere in una democrazia non matura, come credo sia la nostra, un sistema maggioritario rischia di emarginare dal dibattito politico parti non marginali della società che potrebbero arricchire la dialettica parlamentare, pure in vista di un futuro maggioritario basato su coalizioni con una visione comune di società.

Un altro aspetto critico è sicuramente quello della rappresentanza, che deve essere autentica e non solo formale. Se la legge elettorale prevede le liste chiuse, cioè un sistema in cui i candidati sono proposti da un “cerchio magico”, è inevitabile che si verifichi una sorta di automatismo, per cui sono ancora i partiti a decidere chi saranno i rappresentanti del popolo, gli stessi che dovranno obbedienza cieca ai propri mentori e quindi solo formalmente rappresentanti della cittadinanza.

L’altra questione collegata è quella del premio di maggioranza. Questo, in un contesto di inverno partecipativo come quello attuale, non può che falsificare ulteriormente la reale volontà popolare e alla fine l’autorevolezza della compagine che dovrà governare.

Infine il ruolo del Parlamento. Sempre più spesso le decisioni del Parlamento sono condizionate dall’utilizzo frequente della fiducia e della decretazione per superare la discussione in aula che potrebbe allungare i tempi o portare ad esiti diversi da quelli proposti dall’esecutivo. Il Parlamento (ma è così anche per i Consigli degli EE.LL.) non è più il luogo dove la legislazione è il frutto della dialettica politica, bensì un luogo di imposizione dell’esecutivo, che diventa così l’attore e il decisore principale.

Mi pare evidente che questi tre aspetti che ho sottolineato alla fine portano alla disaffezione delle cittadine e dei cittadini alla partecipazione, non solo alle urne, ma alla politica in generale e al conseguente degrado della democrazia.

E allora l’interrogativo di sempre: che fare?

Innanzitutto penso sia necessario riprendere la pratica dell’utopia, nel senso insegnatoci da Eduardo Galeano: “L’utopia è all’orizzonte. Mi avvicino di due passi e l’orizzonte si allontana di due passi. Cammino dieci passi e l’orizzonte si sposta dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. Allora, a cosa serve un’utopia? Proprio per questo: è utile per camminare.”.

Utopia è prima sognare e poi camminare. Sognare e camminare è quanto stiamo tentando di fare con la proposta che abbiamo illustrato a Padova, difficile e piena di incognite, ma non impossibile. Del resto ora mi ripeto spesso con Gilles Deleuze “Un po’ di possibile, altrimenti soffoco”.

Quella che viene proposta, la costruzione di Comunità trasformative, già ben illustrata nella circolare nazionale di aprile, in fondo non è che una misura alternativa di partecipazione democratica, gravata da complesse criticità, come dicevo, dove le comunità territoriali della cittadinanza residente sperimentano il principio politico dell’autogoverno dal basso e si possono cimentare anche nella democrazia diretta. Non si tratta ovviamente di una proposta alternativa alla democrazia rappresentativa, bensì una proposta con una postura dialettica e potenzialmente conflittuale con essa.

Allora non resta che provare ad affrontare la sfida con intelligenza ed ottimismo.

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