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Circolare Nazionale Rete Radiè Resch

Gennaio 2014

A cura della Rete di Trento

Il 1° gennaio 1964 – esattamente 50 anni fa – Ettore Masina si trovava a Gerusalemme, inviato dal quotidiano “Il Giorno” assieme al collega Giorgio Bocca, per seguire un avvenimento eccezionale per l’epoca: il primo viaggio all’estero di un papa dell’era moderna. Papa Paolo VI aveva annunciato il 4 dicembre 1963 ai padri conciliari, “attoniti per la sorpresa”, che aveva deciso di farsi umile pellegrino in Palestina, la terra di Gesù di Nazareth. La stampa internazionale era quindi tutta schierata a Gerusalemme già alcuni giorni prima dell’arrivo del Papa, per “preparare il terreno”, cioè per illustrare ai propri lettori l’ambiente storico, politico e sociale in cui il Papa sarebbe arrivato il 4 gennaio. Quel capodanno 1964 Masina aveva dettato al giornale la sua corrispondenza, in cui parlava di Paul Gauthier:  “Di tutte le persone che ho visto in Terra Santa quella che mi sembra rispecchiare con più precisione e nobiltà l’ideale cristiano è questo prete operaio francese che da 10 anni vive a Nazareth fra i poveri della città. Quasi un mese fa ero con lui a Roma, la mattina del 4 dicembre, quando Paolo VI annunziò al mondo che si sarebbe fatto pellegrino in Palestina. (…) Adesso padre Gauthier mi accoglie sulle impalcature di una casa in costruzione. Mi ci hanno spinto, quasi portato di peso, una dozzina di piccoli arabi che lo adorano, e che lo chiamano ‘padre’ (…). E’ la duecentodiciannovesima casa che Gauthier costruisce per i rifugiati arabi sulle colline di Nazareth, di fronte al Tabor, il monte sul quale il Cristo si trasfigurò”. E’ da questo incontro di Ettore Masina con Paul Gauthier che è nata la Rete Radié Resch. E’ una storia che tutti conosciamo nella Rete, ma ho pensato di riproporre questo inizio per aiutare tutti noi a fare memoria delle nostre origini nell’anno in cui ci apprestiamo a dedicare il Convegno nazionale al ricordo dei primi cinquant’anni della nostra storia, ad un ripensamento del nostro cammino, all’ incontro con alcuni dei testimoni che in questi cinque decenni hanno contribuito a fare la nostra storia e alla commemorazione di tanti amici e amiche che hanno fatto insieme a noi il cammino della Rete e che ora non ci sono più. A cominciare da Paul Gauthier. Per entrare nel clima delle origini ho riletto i libri “Radié Resch. Una storia di solidarietà” scritto da Carla Grandi nel 1992 e “Nel vento della storia” scritto da Ettore Ongaro nel 1994 in occasione dei 30 anni di vita della Rete. Ercole sta ora scrivendo un nuovo libro in vista dei 50 anni: un lavoro certo non facile (ma quanto meritorio!), per impostare il quale si è confrontato con le varie reti presenti al Coordinamento di Sezano nel settembre scorso. La rilettura dei libri di Carla e di Ercole è un ottimo modo per ripercorrere una storia straordinaria e per trarne spunti di riflessione per il futuro. E’ utile per chi è nuovo nella Rete, per chi non la conosce affatto, ma anche per chi ha fatto parte della Rete per un tratto più o meno lungo del suo cammino. Purtroppo i due libri sono esauriti: c’è forse qualche copia qua e là che qualcuno potrebbe mettere a disposizione di chi non ce l’ha. Ercole mi ha detto che ha pensato di inserire nella prima parte del nuovo libro una sintesi del primo, in modo da sopperire all’esaurimento del volume. Il viaggio in Terra Santa era stato per Ettore “il primo impatto con la povertà di massa, con il Sud della Terra e fu uno shock”, scrive Ongaro nel suo libro. Fu così che decise, insieme alla moglie Clotilde, di inviare i propri risparmi a Gauthier, il quale però gli rispose: “Per aiutarci materialmente è meglio che voi costituiate con i vostri amici una rete e inviate ogni mese le offerte raccolte. (…). L’importante è questo: diffondete il desiderio di condivisione dei beni, come agli inizi degli Atti degli Apostoli”. Il che significava occuparsi dei poveri non una tantum, ma con il duplice impegno della condivisione e della continuità.  Ecco due elementi presenti ancora oggi. Masina scrisse a numerosi amici, credenti e non credenti. Nacque così la ‘circolare’ mensile, che Ettore scriverà per tantissimi anni e che diventerà il collegamento fra tutti gli amici della Rete, occasione di informazione sui risultati dell’autotassazione e stimolo per riflessioni sull’ingiustizia e sui meccanismi che la provocano. I primi nuclei di quella che ben presto fu chiamata “Rete” si costituirono a Milano, Roma, Varese. I versamenti mensili dei singoli aderenti venivano inviati a Gauthier sotto forma di prestiti, senza interesse e a lunghissima scadenza, destinati a famiglie palestinesi indigenti, che vivevano in baracche o grotte, permettendo loro di accedere alla cooperativa per la casa. Paul accolse con gioia la proposta di Masina di chiamare la Rete sorta in Italia col nome di una bambina di Nazareth, profuga palestinese, che era morta di polmonite in un tugurio senza vetri alle finestre, prima che alla sua famiglia fosse assegnato un appartamento. Nell’agonia Radié – nome che in arabo significa ‘sempre grazie a Dio’ – aveva continuato a ripetere “Io laverò i vetri della nostra casa”. Perciò Paul aveva concluso “Radié è andata in una città migliore e di lassù ci aiuterà a lavare gli occhi di chi non vede la necessità di dividere i suoi beni con i poveri”. Gauthier aveva seguito i lavori del Concilio assieme al vescovo di Nazareth, Georges Hakim, e fu l’ispiratore del documento “Gesù, la Chiesa e i poveri”, attorno al quale si riunirono numerosi vescovi e padri conciliari, provenienti soprattutto dal Sud del mondo, che chiedevano alla Chiesa “un’opzione preferenziale per i poveri”. Durante la sua permanenza a Roma, Paul alloggiava in un convento di suore, dove conobbe una donna delle pulizie, Jole, che aveva un fratello paralizzato fin dall’infanzia, Giulio, che lei assisteva con grande fatica e in solitudine. Paul andò a trovarli in casa e rimase commosso. Ne parlò con Ettore e decisero che “Giulio doveva procurare da vivere a sua sorella perché gli faceva da infermiera”. Da quel giorno la Rete versò mensilmente uno stipendio a Giulio e così Jole non dovette più lavorare  fuori casa ma  si dedicò completamente al fratello. Ecco, queste sono le origini della Rete. Che cosa è cambiato in 50 anni? I poveri, anche allora, c’erano non solo nel Sud del mondo, ma anche qui. E oggi, probabilmente, ancora di più. Nel convegno delle Reti del Nordest del maggio scorso, il relatore Michele Nardelli ci aveva detto, tra l’altro: “dobbiamo interrogarci sul concetto di sviluppo e sottosviluppo. Non esistono più i Paesi sviluppati e i Paesi sottosviluppati. In ogni Paese c’è sviluppo e sottosviluppo, inclusione ed esclusione. Oggi il simbolo della povertà non è tanto la magrezza scheletrica del Sahara, quanto l’obesità dei poveri degli Stati Uniti o del Sudamerica”. Ho chiesto a Ercole Ongaro quale impressione sta ricavando dal lavoro di stesura del nuovo libro su questi 50 anni di storia della Rete. Ecco la sua risposta: “La Rete, pur avendo vissuto una cesura nel passaggio da una conduzione personale a una conduzione collegiale,  ha conservato le sue specificità originali e ha evitato le scorciatoie dell’istituzionalizzarsi e dell’inseguire l’efficienza: ha continuato a preferire la presa di coscienza delle persone rispetto all’abilità nel raccogliere denaro, la relazione di amicizia rispetto all’organizzazione burocratica, le operazioni con basso finanziamento ma con alto valore aggiunto di solidarietà politica. Anche gli scambi di messaggi della mailing list documentano che nella Rete non si è persa la voglia di confrontarsi, di rimettersi in discussione, di disporsi a cambiare per avvicinare il ‘sogno’ di chi 50 anni fa ha intuito che combattere le cause dell’ingiustizia è il livello della sfida a cui la storia chiama gli uomini e le donne di buona volontà”.

Auguro a tutte e a tutti un 2014 ricco di speranza!

Fulvio Gardumi

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