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Circolare nazionale Settembre 2017

A cura della rete di Salerno

Vorremmo raccontarvi la nostra attuale esperienza di accoglienza migranti, ma prima di scrivere e di leggere forse sarebbe meglio chiudere gli occhi e ricongiungerci al senso del nostro agire e cioè l’Amore per l’Altro che è in noi e accanto a noi.

Solo questo forse potrà rendere umano ogni nostro tentativo, supportare ogni errore, ogni fallimento e farci continuare a sperare in un mondo di vita piena per tutti, presupposto per vivere felici ed in pace.

Dopo un po’ di silenzio…ecco il racconto.

Nel febbraio 2016, Silvana, amica del nostro gruppo, torna da un campo profughi in Libano dove era in missione come volontaria di “Operazione Colomba” e dove si stavano tessendo i primi contatti per organizzare le partenze dei profughi siriani per l’Italia attraverso il corridoio umanitario promosso dalla Comunità di Sant’Egidio e la Tavola delle Chiese Valdesi.

La presenza dell’Operazione Colomba nei campi è stata di nodale importanza per la costruzione delle relazioni con queste famiglie e nella scelta dei casi più urgenti.

Non vorremmo dilungarci su come funzionano, ma sull’esperienza umana, a voi gli approfondimenti tecnici.

Silvana ha cominciato ad andare in giro a raccontare la sua esperienza e ha interpellato le nostre coscienze, perché non accogliere anche qui a Salerno e testimoniare che si può fare anche in un modo diverso?

La Rete Radiè Resch a livello nazionale si era già sentita interpellata dai Sud ormai qui ed aveva deciso di esserci, e così abbiamo deciso di esserci anche noi.

Naturalmente, però, non da soli e molti mesi sono stati impegnati nella costruzione di un gruppo che accogliesse “insieme”, man mano che Silvana continuava il suo giro di testimonianze, altri singoli ed associazioni si aggregavano.

Per candidarsi all’accoglienza, il Corridoio Umanitario prevede che ci sia chi accoglie e segua tutto il percorso in autonomia, e che ci sia una casa dove accogliere.

Questo è stato un po’ più difficile, finché nelle maglie di questa rete che si stava creando si è intessuto il filo di un frate francescano, Severo, che non vedeva l’ora di destinare ai bisognosi un convento in città ormai quasi disabitato.

E così il 19 novembre, mentre firmavamo la convenzione con il Provinciale dei Francescani, ci arriva anche la notizia che il 2 dicembre avremmo potuto accogliere una famiglia di 7 persone, senza pensarci su dicemmo subito di sì.

Pochissimo tempo per tante cose: pulizia e sistemazione del convento, approvvigionamento delle prime necessità, organizzazione delle prime cose da fare per loro e soprattutto il “come”; ma non potevamo indugiare.

E così, dal 2 dicembre scorso, a Salerno, nel convento di S. Anna in San Lorenzo, su una splendida veduta di tutto il Golfo di Salerno, vive la famiglia Al Zaidan: Maheer 37 anni, il papà, Abeer 34 anni, la mamma e poi Terkey 14 anni, Oudai 13 anni, Kousay 7 anni, Nour, l’unica femminuccia, e Jumah, due gemellini di circa 3 anni.

Se volessimo raccontarvi tutti questi nove mesi ci vorrebbe già un romanzo: tanta gioia, tante paure ed apprensioni, tanti errori determinati da queste, tante incomprensioni per la lingua, ma questo ci fa famiglia, famiglia che si allarga sempre più, famiglia che loro chiamano tutta “Al Zaidan”.

Solidarietà con loro ma anche fra noi, quest’esperienza sta facendo camminare insieme realtà diverse tra loro, per origine, per formazione, per età, in un percorso in cui si sta piano piano imparando a mettere da parte le nostre convinzioni per un “noi” ed un “loro”.

Questa modalità di accoglienza sta favorendo tanti incontri umani, sta facendo cadere tante paure e permette di aprirsi all’altro con fiducia.

Ma gli Al Zaidan hanno lasciato famiglie in Siria, fratelli e nipoti che vengono arrestati e spariscono, solo qualche settimana fa altri familiari sono scomparsi in Turchia.

A Salerno, inoltre, arrivano in tanti con gli sbarchi e chi ha possibilità di incontrarli e parlargli sa che c’è una grande differenza di accoglienza e di trattamento rispetto a chi arriva con il corridoio.

I corridoi umanitari, allora, non potrebbero correre il rischio di creare una discriminazione tra migranti se questa formula non viene assunta come regola di accoglienza per gli Stati?

Se non servono anche a dimostrare che con i tantissimi soldi impegnati nella “sicurezza”, nell’accoglienza di massa e impersonale, si potrebbe invece garantire vera sicurezza e diritti per tutti?

Possiamo fermarci all’accoglienza di una famiglia senza approfittare della loro presenza per andare “Oltre l’accoglienza”?

Rileggendo gli atti del nostro scorso convegno si evince che tutti i nostri testimoni ci hanno chiesto sopra ogni cosa informazione (situazioni, cause,…), boicottaggio ed azione politica.

Benissimo quindi come abbiamo fatto in questi giorni per il sostegno a p. Zerai e all’Argentina…non dovremmo forse studiare modalità per andare oltre i nostri circuiti (piazze, scuole,…) ed incrementare questo tipo di azioni?

Andar fuori per avere il coraggio di mettersi dalla parte di chi in questo momento è rifiutato, di chi scappa anche a causa nostra e per riflettere insieme su come quel sistema escludente e di “scarto” ormai attanaglia anche le nostre vite in occidente e che in definitiva siamo tutti sulla stessa “barca”?

Potrebbe essere questo un punto importante di riflessione del nostro prossimo seminario nazionale di Brescia?

Il nostro agire/essere, naturalmente, dovrà essere sempre consapevole che è di testimonianza e di semina e che per questo va verso tempi futuri ma ha bisogno di partire oggi ed ogni giorno.

Buona ripresa a tutti

La Rete Radiè Resch di Salerno.

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