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Circolare nazionale ottobre 2020

a cura della Rete Radiè Resch – gruppo di Cagliari

Quarant’anni di appartenenza alla Rete Radiè Resch di solidarietà internazionale – così si denominava un tempo l’associazione – sono un traguardo che ha visto un gruppo di persone dell’area cagliaritana rimanere fedeli a un’idea e a una pratica di solidarietà che coinvolgesse i singoli nella restituzione di un debito contratto verso le comunità impoverite del Sud del Mondo. Nella convinzione, inoltre, della necessità di un cambiamento nel nostro mondo opulento e, perciò, della “controinformazione” attraverso le testimonianze dirette dei referenti dei nostri progetti. Siamo ricordati all’interno della Rete nazionale in modo particolare per il documento “Parametri di valutazione di un’operazione della Rete”che venne presentato al Coordinamento nazionale di Verona (20-21 giugno 1992) a seguito della grande riflessione sullo stato della Rete del biennio 1990 – 1992. Il documento, frutto di una riflessione collettiva, indicava 7 dei criteri: 1. Tre volte indigeno; 2. Trasparenza; 3. Ecologia; 4. Durata; 5. Autonomia; 6. Cultura; 7. Dimensione e peculiarità. Abbiamo sempre creduto che questi criteri non potessero essere rigidi, ricordando l’invito di Ettore Masina a tener conto dell’amicizia che ci legava ai nostri referenti.

In questi quarant’anni ci sono stati periodi molto fecondi di iniziative, di incontri tra persone, di partecipazione agli avvenimenti della città e del mondo: dibattiti pubblici, seminari di studio, manifestazioni in difesa dei diritti negati, in particolare dei migranti, con una attenzione speciale alla comunità palestinese presente nel nostro territorio. Nel 1992 la Rete di Cagliari si fa carico come referente nazionale dell’operazione Donne indie collas. Sostegno a piccole cooperative di lavoro, nel Nord-Ovest dell’Argentina, nella zona montagnosa della “Quebrada de Huamahaca”; referenti Piera Oria e Carola Caribe (“Taller Permanente de la Mujer”) di Buenos Aires. Il legame con Piera diverrà sempre più forte grazie agli incontri a Cagliari e al viaggio in Argentina (agosto 2000) di due amiche del nostro gruppo. Il momento più coinvolgente che ha creato sinergie singolari è stato il lavoro di traduzione, di pubblicazione e di divulgazione del libro di Piera Oria, Dalla casa alla piazza…, sulle madri e le nonne di Plaza de Mayo. Dopo la morte di Piera e la conseguente chiusura dell’operazione, la Rete di Cagliari non ha avuto più un progetto da seguire; questo fatto può aver avuto un certo peso nel proseguo del cammino del gruppo, sebbene le cause principali della riduzione dei partecipanti siano state di altra natura: la crisi economica, l’età avanzata dei membri, la morte di alcune persone.

Il legame con la Rete nazionale si è conservato, nonostante l’insularità con gli aspetti connessi alla mobilità, con la partecipazione ai Coordinamenti nazionali, ai Convegni e ai Seminari, ai viaggi della Rete in Brasile (luglio-agosto 1993) e in Palestina (27/12/98 – 4/01/99). Abbiamo per ben due volte ospitato il Coordinamento nazionale a Cagliari, il 13 e 14 ottobre 1990 e, più di recente, il 19 e 20 giugno 2010 presso la Comunità la Collina, diretta da don Ettore Cannavera, che è stato coordinatore della Rete di Cagliari fino al 1993. Dall’incontro a Salvador Bahia con Giovanni Cara (João), piccolo fratello del vangelo cagliaritano, e con la sua collaboratrice Rita Maria Alves che si occupavano di meninos de rua, si è sviluppato un costante rapporto di collaborazione basato sulla fraternità e sull’amicizia. Pur ridotti a un piccolo gruppo, abbiamo cercato di partecipare assiduamente agli eventi della realtà locale molto provata dal punto di vista economico e occupazionale; aderendo e partecipando alle manifestazioni per la pace, per la Palestina, per la riduzione delle servitù militari, alla lotta per la riconversione della fabbrica di Bombe RWM, alla collaborazione con la Comunità la Collina.

Il mese di ottobre è un mese emblematico per le persone amanti della giustizia e della pace: il 2 ottobre (anniversario della nascita di Gandhi) si è celebrata la Giornata mondiale della Nonviolenza, e il 4 ottobre la festa di san Francesco d’Assisi, uomo che con la mitezza e la povertà si è rivestito d’amore fraterno per tutte le creature. Il forte messaggio di papa Francesco dalla Basilica di Assisi con la promulgazione della sua terza Enciclica, Fratelli tutti, è inequivocabile: abbattere i muri di separazione e creare ponti di comunione, di fraternità universale, di amicizia sociale per costruire una umanità nuova, consapevoli che non ci salviamo da soli, dentro i nostri egoismi individuali e collettivi, ma come ci ha insegnato la pandemia ci si salva uniti nell’accoglienza dei più fragili, quali gli anziani, i disabili, i poveri, i migranti, le persone che vivono nelle periferie geografiche ed esistenziali, che sono considerate lo scarto, rifiuti da eliminare. Non sappiamo se papa Francesco conosca la nostra Rete e la sua storia, ma un passaggio dell’Enciclica ci ha colpito, dove egli parla delle associazioni nelle quali i soci spesso si chiudono negli interessi di gruppo ed escludono gli altri; e di coloro, invece, che praticano l’amicizia sociale, la solidarietà autentica. “Solidarietà – scrive il Papa – […] è una parola che esprime molto più che alcuni atti di generosità sporadici. È pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. È anche lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. È far fronte agli effetti distruttori dell’Impero del denaro […]. La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo, è un modo di fare la storia, ed è questo che fanno i movimenti popolari» (Fratelli Tutti, n. 116).

Il mese di ottobre è anche il mese del dialogo interreligioso, in particolare il 27 ottobre si celebra la Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico nata per contrastare l’ondata di islamofobia scatenatasi all’indomani dell’attentato alle Torri gemelle e alla proclamazione della guerra preventiva, dentro il paradigma dello scontro di civiltà. L’appello di quest’anno afferma, tra l’altro: “[…] sentiamo forte il bisogno di riscoprire l’umanità che tutti ci unisce […] sentiamo forte il bisogno di impegnarci contro le guerre, la produzione delle armi e contro l’ingiustizia sociale che nega il lavoro, le cure mediche, distrugge l’ambiente e ogni spiritualità basata sul riconoscersi fratelli e sorelle con un’unica Madre Terra da amare e difendere”. Un sentire che accomuna anche noi a tante persone di buona volontà. Siamo convinti che dall’incontro, la conoscenza reciproca, la solidarietà frutto dell’amicizia sociale possa nascere “un altro mondo possibile” dove la fratellanza non sia una mera parola, ma una pratica di vita nella quale la comunità della Rete Radiè Resch ha sempre creduto e si è impegnata a realizzare.

La visita della nuova segreteria al nostro piccolo gruppo (Covid-19 permettendo) rinsalderà di certo i nostri legami. Tutto cambia, ma l’amore è l’orizzonte che unisce passato, presente e futuro.

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