Circolare nazionale Aprile 2022
CIRCOLARE NAZIONALE APRILE 2022 da casa MASINA
Carissimi mi emoziona molto scrivere una circolare per la Rete.
Forse voi non ve lo ricordate ma per me e per Ettore voi siete sempre stati i veri fratelli di elezione, e quando abbiamo lasciato la rete abbiamo pianto.
I veri fratelli sono quelli con cui condividiamo le idee e anche se ho sofferto quest’inverno per la perdita di tre fratelli di carne voi siete sempre quelli con cui mi sento in sintonia.
Avrei voluto partecipare al coordinamento di Savona. Sono una Ligure.
Mi manca il mio mare, mi mancano i profumi della maggiorana e di tutte le erbe odorose selvatiche che mi inebriavano nelle mie passeggiate infantili sulla Capra Zoppa o sulla collina delle Manie sopra Finalpia.
Mi mancano le sabbie delle arene candide, che forse voi non avete mai visto, che arrivavano dall’Africa fino alle grotte, dove noi bambini con una candela e un cordino ci addentravamo da veri incoscienti.
Lascio ora la “ saudade ” per fare discorsi più seri.
Io come sapete non sono una esperta di politica come era Ettore e come è Pietro.
Perciò ho inviato una riflessione di Pietro sulla guerra in Ucraina e una di Emilio su Guerra e Psicoanalisi.
Cosa posso dire a voi? Credo che in questi giorni sentendo le varie discussioni nei media noi ci stiamo rendendo conto che noi siamo stati privilegiati come Rete perché le discussioni che dividono le varie correnti politiche noi le abbiamo già affrontate da anni, le abbiamo condivise, le abbiamo assimilate e hanno cambiato il nostro modo di vivere.
Ettore e i tanti collaboratori che lo hanno aiutato, e che poi lo hanno sostituito, da tanti anni hanno saputo affrontare problemi difficili, e spesso hanno avuto il coraggio di andare contro le opinioni di persone che amavano o di altre che li hanno danneggiati perché non accettavano di assecondare i loro comportamenti corrotti. Quando sono stata a Rimini con Pietro mi sono molto rallegrata che la Rete fosse ancora viva e tante persone anche giovani portassero avanti ideali alti ma difficili.
Da tanti anni abbiamo insieme previsto quello che ora è sotto gli occhi di tutti con le sue conseguenze catastrofiche, che si vuole limitare con una emozionalità pietosa e superficiale a una singola guerra come quella dell’Ucraina, mentre è tutto l’assetto del mondo che va cambiato.
Cerchiamo di ricordarci quanto sia grande il patrimonio culturale che abbiamo costruito in comune anche con momenti di buio e di sofferenza spesso prima di avere soluzioni da proporre.
Noi abbiamo capito quanto gli imperialismi e i nazionalismi fanatici siano portatori di morte non solo ai più poveri ma anche agli stessi ideologi , vi ricordate la signora Goebbels che non poteva vivere in un mondo senza Hitler, e vi ricordate le foto dei suoi sei bambini avvelenati e sdraiati davanti al bunker di Hitler?
Noi siamo in grado di riconoscere ogni forma di imperialismo anche quando sta appena nascendo, e non è poco questa capacità di riconoscere un fenomeno sul nascere quando molti ancora non lo vedono.
Noi non siamo contro ogni tipo di guerra ma siamo contro la fabbrica delle armi: la guerra la ammettiamo solo come sfogo della nostra aggressività come si fa nelle arti marziali.
Giochiamo alla guerra con pistole ad acqua , dipingiamoci la faccia di nero come si fa in certi rituali indigeni per far paura agli avversari. Sono gli armamenti che non vogliamo più costruire.
Sono le armi che costano miliardi che arricchiscono i potenti della terra che portano la guerra: cosa serve la difesa dei nostri aerei costosissimi se l’avversario , che magari sa di stare per morire, sgancia con un desiderio di suicidio collettivo una bomba atomica? Un giornalista dell’Avvenire che non so perché detestava Ettore, tanti anni fa scrisse un articolo dicendo che le pistole erano neutre e diventavano armi solo se le si usava. No le armi sono armi anche se non le usiamo, perché con i soldi degli armamenti si rimetterebbe a posto tutto il nostro continente. Si potrebbe vivere come nel paradiso terrestre circondati nei nostri giardini da colibri e uccelli del paradiso che cinguettano all’alba per svegliarci.
Circolano nel mondo tantissimi soldi che ora servono solo a pochi ricchi di fare altri soldi con investimenti finanziari velocissimi, soldi svalutando il lavoro umano che non è solo una fonte di guadagno ma dà senso alle nostre vite. Si potrebbe fare scuole, disinquinare gli oceani da plastiche e rifiuti , si potrebbe aumentare la capacità della ricerca, si potrebbero istruire tanti poveri ignoranti, che non per colpa loro, sostengono che le fabbriche delle armi procurano lavoro. “ Ma signora ”, mi ha detto l’altro ieri un operaio che ho incontrato dal ferramenta, “ lo sa che in Italia le fabbriche di armi danno lavoro a 150 mila persone ? ”.
Ettore invano da parlamentare ha cercato di tramutare la produzione di armi in pentole a pressione e invano a cercato di far passare una legge che impediva che i paesi aiutati dalla cooperazione comprassero dall’Italia armi con pagamenti uguali ai soldi che venivano elargiti.
E’ inutile che vi ricordi quello che sapete meglio di me riguardo alla distruzione delle foreste, alla possibile mancanza di ossigeno per tutta l’umanità, alla carenza probabile di acqua, alla distruzione dell’habitat di tante specie animali che non solo impoveriscono il pianeta ma che portano i virus con salti di specie a cercare la loro casa nell’uomo.
Su questi punti voi ne sapete molto più di me, noi avevamo solo intuito i primi accenni di coscienza ambientale e voi state portando avanti quello che era meno chiaro anni fa.
In questi giorni noi dobbiamo soprattutto pensare di salvare il pianeta.
Sto leggendo e comprando libri di Stefano Mancuso sull’importanza di riforestare il mondo.
Con mia grande sorpresa, ho letto in “ L’ incredibile viaggio delle piante ” di questo autore che a Hiroshima alcuni bambini di un asilo si sono salvati dalle radiazioni della bomba atomica perché l’asilo era coperto da alberi e che intorno a Cernobyl c’è una foresta rossa perché le piante hanno trattenuto le radiazioni della centrale. Se fossi venuta a Savona, ma ho 88 anni e sono troppo vecchia per viaggiare da sola, avrei chiesto a tutti voi di convogliare dei soldi per piantare alberi.
Non vi scrivo per darvi consigli ma perché continuiate ad avere fiducia in voi e speranza nell’uomo. Come nell’emergenza Covid si sono costruiti vaccini in un anno, quando prima ne occorrevano almeno quattro, se gli uomini di buona volontà vogliono possono trovare soluzioni ancora non immaginabili attualmente.
Noi abbiamo avuto tanta paura ai tempi della guerra in Italia, temevano le leggi razziali di Mussolini, temevano che il male avrebbe vinto il bene, ma non è stato così e non sarà mai così anche se a volte abbiamo la tentazione di crederlo.
Ci sono aspetti di crescita del male nel mondo ma la coscienza globale sta maturando, dobbiamo avere fede. Un amico esperto di Sud Sudan ci ha raccontato che pochi anni fa uno stregone era stato sepolto vivo perché aveva previsto una pioggia che non era arrivata. Oggi i social, che per certi versi aborrisco e non so usare, però permettono più di prima che si venga a conoscenza di tante aberrazioni, come quelle dei bambini che in Congo scavano a mani nude nei cunicoli di fango per cercare il cobalto necessario per le pile delle automobili elettriche.
Nel mondo ci sono tante realtà terribili che una volta venivano tenute nascoste e che oggi si cerca in tutti i modi di celare o di ritrasmettere in maniera menzognera, ma noi non dobbiamo permettere la propagazione delle bugie. Oggi chi vuol sapere che cosa accade nel mondo può farlo facilmente ed è soprattutto lo svelamento delle azioni malefiche che è temuto da chi le compie ma che è il solo modo per ostacolarle.
Io sono quasi alla fine del mio viaggio ma sono una donna felice perché ho partorito figli come voi, migliori di me e posso andarmene in pace. Abbiate speranza. Vi abbraccio
Clotilde
Seguendo il dibattito sulla guerra in Ucraina gli psicoanalisti due o tre cose le possono dire, e sono cose legate fra loro.
Primo: trovarsi a prendere decisioni, come l’invio di armi a uno dei Paesi belligeranti, in condizioni di emergenza, quando la sollecitazione emozionale è massima non è mai un buon affare. In queste condizioni, la razionalità rischia di essere travolta e di non fare argine alla tensione angosciosa. Si tende infatti ad appiattire la complessità della realtà su dimensioni estreme, come nelle curve degli stadi: amico/nemico, eroe o disertore, arrendersi o combattere. Le differenze fra fatti e persone sono minimizzate e si procede per ampie generalizzazioni, il dialogo con l’altro, e fra parti di sé, viene interrotto; la mente entra in una modalità autoritaria. Se non c’è tempo per pensare le emozioni, la scarica liberatoria e l’errore, più o meno grave, sono dietro l’angolo.
Secondo: l’essere umano spesso non ha memoria, o meglio ha una memoria selettiva che cancella i momenti difficili della sua storia e di quella del mondo. Cerca di buttare dietro le spalle quello che lo ha turbato per non faticare troppo a capirne il senso e le cause. Se questo meccanismo rappresenta una sorta di scorciatoia esistenziale in parte fisiologica, un eccesso di dimenticanza impedisce di utilizzare il passato per prevedere e organizzare il futuro. Ad esempio, si dimentica che le guerre non solo hanno insanguinato il mondo ma hanno traumatizzato gravemente chi è sopravvissuto e persino le generazioni successive. Inoltre, hanno devastato l’ambiente in modo irreparabile (in Vietnam, a più di cinquanta anni di distanza dalla guerra nascono ancora bambini deformi per effetto del napalm usato per defoliare le foreste). Non si ricorda più che solo gli sforzi per costruire la pace sono riusciti a produrre una convivenza prospera e serena. Vivere all’insaputa di una parte di sé stessi o della realtà esterna può provocare brutti scherzi: ciò che si pensava dimenticato ritorna in gioco in maniera improvvisa e destabilizzante, come in questo momento la minaccia nucleare.
Terzo: la massima latina: “ si vis pacem para bellum ” è palesemente falsa. Investire sulla probabilità che il nemico si spaventi della tua forza non fa altro che indurlo a pensare nello stesso modo, secondo il noto proverbio “chi la fa, l’aspetti”; e può provocare una escalation di emozioni e azioni improvvide. Già Freud, il fondatore della Psicoanalisi, ci aveva avvertito che il prezzo che l’uomo deve pagare per convivere serenamente con i suoi simili, protetto dalla civiltà, comporta un disagio: quello di rinunciare ad esprimere liberamente tutti i propri bisogni sessuali e aggressivi, lavorando costantemente per tenerli a bada. Perché la nostra libertà termina dove comincia quella dell’altro.
Emilio
Questa guerra è il risultato di errori politici gravi – o addirittura di un disegno di destabilizzazione – che proseguono dalla caduta del Muro. Solo affrontando quegli errori si può mettere fine al conflitto. La strategia politica e la resistenza all’aggressione militare non possono essere due cose separate. L’aveva spiegato già von Clausewitz all’inizio dell’800: la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi. Se la politica fallisce, allora si arriva alla guerra. Ma è solo la politica che può porre fine alla guerra (a meno della distruzione completa dell’avversario, ed è improbabile che la Russia venga annientata) ed impedire guerre future.
Francia e Germania sono state in guerra dal 1870 al 1945. La capacità politica del gruppo dirigente che ha gestito la fase post-bellica ha saputo trasformare le ragioni del conflitto in ragioni di collaborazione: oggi i due paesi vivono in pace ed anzi rappresentano insieme l’asse della politica europea. Sono stati uomini come Altiero Spinelli che nel mezzo del conflitto più sanguinoso che l’Europa abbia conosciuto ad aver sviluppato le idee necessarie per costruire una pace duratura. Sono queste le idee che mancano oggi per l’Europa centro-orientale.
La mancanza di queste idee – di una politica alta – non solo ha portato alla guerra in Ucraina, ma anche alla nascita di sovranismi estremisti e di regimi politici illiberali (vedi Ungheria e Polonia) all’interno dell’Unione Europea. Se non ripartiamo da qui sarà impossibile portare al tavolo di negoziazione con la Russia una proposta credibile per una pace duratura. Neutralità dell’Ucraina o ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europa sono due idee che da sole non risolvono e addirittura possono essere fonte di nuove crisi senza una visione globale forte. Continuare a ripetere “l’Ucraina è aggredita, aiutiamola con le armi”, e intanto rinviare a chissà quando un ragionamento su un possibile futuro di pace, vuol dire prolungare questa guerra indefinitamente.
L’Ucraina riceve enormi quantità di armi dal 2014, come lo stesso Biden ha rivelato. Di armi ne sta ricevendo moltissime anche in questi giorni. Ma intanto la stiamo lasciando sola, come abbiamo fatto in tutti questi anni, nel mezzo di una crisi che non può trovare soluzione senza una nuova visione politica che faccia uscire la Russia dal suo isolamento, offrendole una partnership politica con l’Unione Europea – cosa che potrebbe trovare sponde politiche a Mosca, mettendo in crisi la politica putiniana. In mancanza di una visione di questo tipo è inevitabile che anche la rimozione di Putin lascerebbe inalterate le ragioni del conflitto. Questa occasione l’Europa l’ha avuto sia con Gorbaciov che nei primi anni ‘90: ma l’Occidente scelse di sostenere il regime illiberale e corrotto di Yeltsin, saccheggiando le risorse russe, invece di trovare un’intesa duratura. Oggi tutti i nodi sono venuti al pettine e la politica europea non sa dire altro che armi e guerra.
Pietro