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SIGNOR

GABRIEL BORIC FONT

PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DEL CILE.

PRESENTE.

Signor Presidente della Repubblica del Cile,

siamo un gruppo di comunità che appartengono all’onorevole Nazione Mapuche, dai comuni di Puerto Saavedra, Carahue, Nueva Imperial, Chol Chol, Galvarino, Traiguen, Lumaco, Lautaro, Padre las Casas, Pitrufquen, Freire, Villarrica, Curarrehue, Melipeuco e Vilcun, delle Province di Cautin e Malleco; della Regione dell’Araucania. Fin dall’antichità abbiamo abitato il cono meridionale dell’America, un vasto territorio che si estende dall’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico, dalla Valle del Mapocho a sud e dalla parte argentina dalla Provincia di Buenos Aires sempre a sud. Dopo un lungo processo di invasione da parte della Corona Spagnola siamo stati ridotti in un territorio dal Rio Bio Bio a sud.

Dalla nostra convergenza mapuche, abbiamo ottenuto una profonda riflessione sul nostro passato, presente e futuro come Popolo. Quindi, da questa realtà in cui siamo immersi come Nazione Originaria, in questo senso siamo riusciti ad avanzare nel rivitalizzare, valorizzare e riconoscere la guida delle nostre Autorità Tradizionali: Lonko, Machi, Kimche, Ngempin, Weupife e Werken. La partecipazione attiva del movimento Mapuche, così come i consigli e le istanze rilevanti di tipo culturale, spirituale, sociale e politico, sono le questioni che possono convalidare qualsiasi tentativo di dialogo in cui vengano affrontati argomenti relativi alla Nazione Mapuche e ai suoi diritti. Quelle e quelli di noi che vi partecipano non sono rappresentanti della Nazione Mapuche nel suo insieme, ma rappresentiamo le nostre comunità e i relativi spazi territoriali tuttavia, non per questo, cessiamo di essere meno importanti e significativi per gettare le basi per un trattamento diverso dello Stato del Cile verso la Nazione Mapuche.

La violenza è una questione traboccante, ha prevalso sul dialogo e sulla diplomazia. Questo è accaduto fondamentalmente perché lo Stato del Cile e i suoi governanti non hanno mai avuto la volontà politica di affrontare con fermezza e decisione il conflitto dal fiume Bio Bio a sud. La Repubblica del Cile ha non ha mai riconosciuto il ruolo sproporzionato e l’imposizione brutale che ha esercitato contro il popolo mapuche e le sue comunità e, di fronte a quel vuoto, ha preso la strada politica sbagliata e l’ha mutata in una questione interna, trasferendo la responsabilità alla polizia e ai tribunali cileni.

Dopo una prolungata invasione del territorio della Nazione Mapuche da parte della Corona Spagnola, vi fu una permanente resistenza all’ingresso totale degli Spagnoli nel nostro territorio mapuche, perché non fu mai perso di vista il concetto di territorio. Questione molto fortemente accentuata da uno degli uomini più visionari del nostro Popolo Mapuche, Toki Pelantraru, che mantenne una guida fortemente energica dal 1570 al 1590. Per sua convinzione ebbe sempre l’idea di tenere gli spagnoli a nord del Rio Bio Bio, un forma per mantenere l’unità della Nazione Mapuche e del suo territorio (Wallmapu). L’esercizio dell’Autodeterminazione sarebbe stato pienamente mantenuto, garantendo pace e tranquillità. Poi va segnalato il Trattato di Tapihue del 1825, concordato dalla Repubblica del Cile e dalla Nazione Mapuche, che riconosce la Libera Determinazione e l’autonomia territoriale dal Bio Bio a sud.

Consapevoli di questa teoria, riaffermiamo che in effetti il ​​nostro popolo avrebbe potuto proiettare meglio se stesso, la sua cultura, economia e spiritualità fondate fondamentalmente sul rispetto e sulla valorizzazione della biodiversità che ci ha dato cibo, medicine e salute, per i membri delle nostre comunità mapuche. Per noi, per i nostri capi mapuche che resistettero all’invasione, c’era sempre assoluta chiarezza sul fatto che le nostre terre e il nostro territorio avevano un posto per i figli e le figlie di Ngenemapun (forza della terra) ai quali avevano affidato il compito di custodirlo e proteggerlo da qualsiasi aggressione. Quella convinta missione è ciò che muove i Mapuche a difendere la loro madre terra.

Dopo tre secoli di incontri e scontri, battaglie dopo battaglie, gli Spagnoli riuscirono a capire che non potevamo convivere all’interno dello stesso territorio, cioè dal fiume Bio Bio a sud. Era uno spazio assolutamente mapuche, quindi accettarono di creare il confine e i valichi di frontiera che delimitavano entrambe le istituzioni, sia della Corona spagnola che della Nazione Mapuche. Nell’anno 1641 (6 gennaio) fu firmato il primo Parlamento o Patto di Quilin. Francisco López de Zúñiga firma con il Lonko sulle rive del fiume Quillen (l’attuale provincia di Cautín), e il trattato di Tapihue del 1825 concluso con lo Stato del Cile e il nostro popolo Mapuche. Quest’ultimo Parlamento ha riaffermato l’impegno storico a rispettare gli accordi stabiliti, cosa che attualmente permetterà di gettare le basi e stabilire una carta di navigazione più chiara e coerente con la realtà che viviamo nel Wallmapu.

Dopo aver stabilito misure di convivenza basate sul riconoscimento di entrambi i Popoli – della Corona Spagnola e della Nazione Mapuche (circa 300 anni) – inizia in America il processo di indipendenza dei Creoli. Questi, tutelati nei loro litigi e desideri economici e politici, iniziarono a generare destabilizzazione nel nostro territorio che creò confusione e rivalità in settori sostenuti dai detti trattati (o parlamenti) da parte di coloro che volevano solo distruggere quanto stabilito. Questo portò a grandi battaglie contro gli Spagnoli e la persecuzione della Nazione Mapuche rispetto agli accordi stabiliti in clima coloniale.

All’inizio del 1800 comincia a delinearsi il concetto di Repubblica, che si conclude infine con l’istituzione del Primo Consiglio Nazionale per stabilire le linee guida e i pilastri della Repubblica del Cile. In questo senso la Corona Spagnola inizia a perdere forza, mentre nel caso del Popolo Mapuche inizia la minaccia al nostro territorio che sfocia infine in un provvedimento arbitrario e fiscale che vincola con la forza il territorio mapuche alla sua giurisdizione. In tal senso ci è stata mposta la nazionalità cilena, le sue istituzioni, le dogane e leggi, che ci mantengono spogliati dei nostri diritti più elementari.

Durante il processo di occupazione del territorio mapuche da parte dello Stato del Cile (noto come la pacificazione dell’Araucanía), molti mapuche furono assassinati, le nostre madri e sorelle violentate, i nostri anziani uomini e donne furono uccisi, bambini e bambine assassinati, essi furono rinchiusi nei Ruka (antiche abitazioni mapuche, ndt) e bruciati vivi. Secondo le cronache dei giornali della zona 1881-1906, furono divise le terre e il territorio mapuche come veri criminali e teppisti.

Per quanto riguarda l’usurpazione delle nostre terre, lo Stato del Cile ha consegnato a ogni colono arrivato dall’Europa oltre 500 ettari di terra, 60 ettari per ogni famiglia di cileni e per ogni famiglia mapuche 6,5 ettari. Tuttavia, i coloni, non soddisfatti del bottino, hanno continuato con abusi, assedi, uccisioni, inganni e espropriazioni, il tutto protetto e convalidato da tribunali corrotti e giudici del tempo e in collusione con l’oligarchia e i militari. In questo modo hanno consolidato il genocidio del nostro popolo mapuche e del loro territorio, distruggendo la ricchezza culturale e naturale dei Wallmapu, isolando le nostre comunità mapuche in piccoli pezzi di terra che chiamavano “riduzione indigena”.

Nel corso degli anni l’invasione del nostro popolo mapuche si è consolidata. Tuttavia, non abbiamo mai accettato né convalidato la vostra invasione militare come un’azione legittima, anzi, è sempre stata vista come un’azione di malafede, piena di odio e di meschini interessi che cercavano solo di impadronirsi delle ricchezze che avevamo nelle nostre terre, del desiderio mercenario che li accecava, portandoli a commettere atti disumani, descritti dagli storici dell’epoca nelle loro cronache. Se il popolo cileno sapesse cosa è realmente accaduto dal fiume Bio Bio a sud, forse potrebbe capire più a fondo la gravità della questione.

Signor Presidente, è attualmente in corso un’azione politica, legale e istituzionale da parte dello Stato che Lei rappresenta, una misura che colpisce gravemente la libertà del nostro popolo mapuche e delle sue comunità nel Wallmapu. Lo Stato di eccezione costituzionale è un provvedimento che è stato applicato anche durante l’invasione, forse con altro nome e modalità diversa. Il Suo Stato, attraverso l’esercito cileno, immobilizzò le comunità Mapuche per evitare che difendessero le loro terre e il loro territorio dai mercenari e dopo 141 anni tornano a proteggere il potere economico, i coloni invasori, i proprietari terrieri e le compagnie forestali, presumibilmente per evitare sabotaggi e attacchi.Tuttavia sono questi stessi attori che continuano a distruggere il Wallmapu.

Quello che stiamo vivendo attualmente sono momenti senza dubbio complessi e difficili, ma non impossibili da risolvere. Per noi Mapuche non sarebbe la prima volta che ci sediamo in Parlamento per riaffermare le nostre convinzioni nella storia e la nostra condizione di Nazione Originaria. Mettiamo sul tavolo in primo luogo la volontà politica, il rispetto, la storia e che ciascuno assuma le responsabilità che gli corrispondono per il ruolo che ciascuno ha in questo passaggio storico.

Pertanto, e tenuto conto di quanto sopra, dobbiamo chiarire che il Vostro Stato è arrivato nel nostro territorio senza che nessuno dei Mapuche vi invitasse. Quindi il Vostro Stato è arrivato senza il nostro aiuto per atto di malafede, poi sono arrivate le Vostre istituzioni: leggi, usi e costumi estranei alla nostra cultura. Successivamente sono stati portati investitori e uomini d’affari, lasciando il nostro territorio mapuche alla loro mercé affinché potessero svolgere le loro attività economiche nonostante i danni irreversibili alle nostre vite, alla biodiversità e a tutte le risorse naturali che preesistevano alla Vostra Repubblica.

Nel processo di invasione e colonizzazione del territorio mapuche, i coloni iniziarono l’abbattimento della foresta nativa endemica che faceva parte del mantello naturale che proteggeva la nostra cultura mapuche, ospitava la nostra conoscenza e filosofia di vita, alimentava la nostra spiritualità e proiettava la nostra antica cultura verso uno splendido futuro, che a poco a poco stava perdendo forza a causa della distruzione estranea alle nostre antiche pratiche.

Le aziende forestali, beneficiate dalla dittatura militare, furono la goccia che fece traboccare il vaso. Protette dal decreto legge 701, arrivarono a generare l’ecocidio del clima. Rasero al suolo e bruciarono gli ultimi resti di foresta nativa endemica del cono meridionale d’America provocando un’accelerazione nel processo della crisi climatica che stiamo vivendo oggi. Nessuno è stato in grado di visualizzare l’accaduto solo perché protetto dal denaro e dal potere.

In questo contesto, la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, nel suo articolo 28 afferma: “I popoli indigeni hanno diritto al risarcimento mediante mezzi che possono includere la restituzione o, quando ciò non è possibile, un indennizzo equo per le terre, i territori e le risorse che hanno tradizionalmente posseduto o occupato o utilizzato e che sono stati confiscati, presi, occupati, utilizzati o danneggiati senza il loro libero, preventivo e informato consenso”.

Nonostante tutto quanto sopra indicato e confortato dalla verità storica e assoluta, lo Stato che Lei guida e rappresenta deve intervenire in materia e generare meccanismi chiari per risolvere il conflitto, considerando che la storia Le offre un’opportunità unica. Non permetta che si perpetuino violenze e ingiustizie nei confronti del nostro Popolo e le sue comunità e non continui ad alimentare con il nostro sangue i malvagi che, per ricchezza e potere, violentarono e assassinarono i figli e le figlie mapuche.

Lei e il Suo governo dovete chiamare le vostre istituzioni all’ordine e migliorare il comportamento disumano dei vostri alleati economici, le aziende forestali, i coloni. Insieme dovete stipulare accordi di riparazione per i danni causati alla Nazione Mapuche e alle sue Comunità. Occorre favorire un accordo trasversale di carattere nazionale tra governo, opposizione, imprese forestali e proprietari di fondi. Da questa istanza politica si creano le condizioni per avviare un processo di concertazione sull’agenda di lavoro discussa e concordata insieme con la Nazione Mapuche.

Assi tematici da considerare all’interno di un processo di dialogo (o Parlamento) tra la Repubblica del Cile e la Nazione Mapuche.

TERRITORIO E TERRE MAPUCHE.

Il chiarimento storico e la riparazione del processo di usurpazione delle terre e del territorio mapuche, consapevoli dell’invasione, delle cattive pratiche e delle atrocità commesse dallo Stato del Cile, dal fiume Bio Bio a sud, dovrebbero essere indagati da una Commissione speciale accompagnata da una agenzia specializzata delle Nazioni Unite, in merito alle procedure e ai criteri giuridici utilizzati nel processo di usurpazione del Wallmapu.

Revisione di tutti i Titoli della Misercordia e dei Commissari (praticamente riserve o luoghi di confino, ndt) concessi dallo Stato del Cile alle comunità attraverso la legge di insediamento e colonizzazione delle terre mapuche, per poi riparare completamente, restituendo le terre originali a ciascuna comunità, riconoscendo altresì che gran parte delle proprietà erano state stipulate contestualmente alla concessione dei Titoli della Misericordia e Commissiariali. Per tale motivo, una notevole quantità di terreno non risulta censita a favore delle comunità mapuche.

Allo stesso modo vanno ricercati meccanismi per la restituzione di luoghi comuni e luoghi sacri appartenenti alla visione del mondo e alla spiritualità mapuche. Come aree protette, parchi nazionali, monumenti naturali, riserve naturali, da dove lo Stato cileno ha spostato ed espulso le comunità mapuche.

Quanto sopra descritto in termini di Terre, Territori e risorse naturali, è correlato a quanto stabilito nel sistema di diritto internazionale sui popoli indigeni, in particolare a quanto richiamato nella Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, sottolineando l’articolo 40: “I Popoli Indigeni hanno diritto a procedure eque e giuste per la composizione di conflitti e controversie con gli Stati o con altre parti, e a una pronta decisione su tali controversie, nonché un rimedio effettivo per qualsiasi violazione della loro persona e dei diritti collettivi. In tali decisioni devono essere presi in debita considerazione i costumi, le tradizioni, le norme e gli ordinamenti giuridici dei Popoli Indigeni interessati e gli standard internazionali in materia di diritti umani”.

Sulla stessa linea l’articolo 25: “I popoli indigeni hanno il diritto di mantenere e rafforzare la propria relazione spirituale con le terre, i territori, le acque, i mari costieri e le altre risorse che hanno tradizionalmente posseduto o occupato e utilizzato e di assumersi le responsabilità che a tal fine spetta loro per le generazioni a venire”.

E l’articolo 26: “I popoli indigeni hanno diritto alle terre, al territorio e alle risorse che hanno tradizionalmente posseduto, occupato o utilizzato o acquisito“.

ESERCIZIO DI LIBERA DETERMINAZIONE

Per quanto riguarda l’esercizio dell’autodeterminazione, le Nazioni Unite, attraverso la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, riconoscono che l’autodeterminazione è un diritto inalienabile e imprescrittibile e che deve essere applicato ed esercitato dai popoli indigeni nelle loro terre e territori.

Articolo 3: “I popoli indigeni hanno diritto all’autodeterminazione. In virtù di tale diritto, determinano liberamente il proprio status politico e perseguono liberamente il proprio sviluppo economico, sociale e culturale”.

Allo stesso modo l’articolo 4: “I popoli indigeni, nell’esercizio del loro diritto all’autodeterminazione, hanno il diritto all’autonomia o all’autogoverno nelle questioni relative ai loro affari interni e locali, nonché ad avere i mezzi per finanziare la loro funzioni autonome”.

In questo contesto, come meccanismo di risoluzione dei conflitti, riacquistano importanza i trattati firmati tra la Corona Spagnola e la Nazione Mapuche, durante l’epoca coloniale. Questi strumenti fungerebbero da antecedenti storici della legittimità della nostra rivendicazione.

DIRITTO ALL’ACQUA

La crisi climatica si è aggiunta a questo. Le pratiche dannose delle aziende forestali hanno generato molta perdita di biodiversità e di ecosistemi che hanno dato vita a spiritualità, salute, medicine, che sono ormai elementi praticamente perduti. Non abbiamo acqua nemmeno per il consumo umano, questo è indubbiamente un attacco alla vita mapuche, visto che le Nazioni Unite nel 2010 hanno dichiarato che il diritto all’acqua è un diritto umano, che deve essere assicurato e garantito dagli Stati del mondo alla popolazione.

Va risolta la mancanza di acqua per il consumo umano, per gli animali e per lo sviluppo produttivo delle comunità mapuche.

Sono da definire piani e programmi per la crisi climatica e la perdita di biodiversità.

DIRITTO DI PARTECIPAZIONE E CONSULTAZIONE PREVIA ED INFORMATA

In relazione a questa materia le Nazioni Unite fanno anche una menzione speciale nel loro articolo 19: “Gli Stati devono consultarsi e cooperare in buona fede con i popoli indigeni interessati, attraverso le loro istituzioni rappresentative, prima di adottare e applicare misure legislative o amministrative che li interessa al fine di ottenere il loro consenso libero, preventivo e informato”.

Interventi e investimenti nel territorio mapuche, progetti economici ad alto impatto con piena ed effettiva partecipazione attraverso una preventiva e consapevole consultazione con le comunità interessate.

PIANO DI INTERVENTO ED INVESTIMENTO PRODUTTIVO NELLE TERRE MAPUCHE

Piani e programmi di sviluppo produttivo nelle comunità mapuche devono essere promossi attraverso un processo di consultazione preventiva e informata al fine di considerare e includere i bisogni che lo stesso popolo mapuche definisce nelle sue attività economiche da sviluppare.

Incoraggiare e promuovere progetti più rispettosi dell’ambiente e della salute, per affrontare la crisi climatica e garantire la sicurezza alimentare delle famiglie mapuche.

Infine, signor Presidente, nella nostra lettera abbiamo delineato lo sfondo storico e i meccanismi che possono gettare luce su una possibile soluzione politica al conflitto che colpisce la nostra Nazione Mapuche e il suo Stato del Cile.

Le comunità mapuche che aderiscono all’opera sono convinte che attraverso la volontà politica si possa avanzare nella risoluzione del conflitto, ma con un dialogo politico, e non un dialogo di natura domestica come il piano del buon vivere promosso dal Suo governo nel territorio mapuche.

Ci auguriamo di avere un incontro (o Trawun) con Lei il prima possibile per sviluppare e avvicinare le posizioni politiche di entrambe le parti coinvolte nel conflitto. Se non avremo una risposta positiva, capiremo che il Suo governo non ha alcuna intenzione di trattare in modo diverso dai governi che lo hanno preceduto al potere, il che produrrà l’inutile prolungamento di questa difficile e grave situazione.

Cordiali saluti.

Comunità mapuche per l’autodeterminazione, l’autonomia economica, politica, sociale e culturale della regione dell’Araucanía, delle province di Malleco e Cautin, del Ngulu Mapu-Cile.

Teléfono de contactos : Werkenes (Voceros) ; Miguel Millacoi, 986459463, Ernesto Melin, 9 49911200, Mario Melillan, 9 74923758, José Nain P. 9 63348613.

Wallmapuche, Region de la Araucania, 28 de Julio de 2022.

GENOVA, LUGLIO 2022

Cari amici
mi scuso per il ritardo. Non è però come ripiego al mio ritardo che invio in questa circolare questo bellissimo articolo (a me sembra! e a voi?) apparso su “La Repubblica” di mercoledì 20 luglio dell’Avvocato Alessandra Ballerini, una di quelle sante di oggi, secondo me, un po’ come Gino Strada.
– Ho trovato questo articolo irto e aspro quasi a tracciare anche con le parole, la via della giustizia come un cammino impervio, aspro, faticoso.
La giustizia, parola Maestra, che apre le serrature quando vive, che placa i cuori quando riesce a farsi strada, premessa ad ogni altra possibile azione di umanità verso l’altro.
– Anche nel Vangelo si parla di questa via stretta, così faticosa per entrarvi e starvi dentro.
E poi si parla anche di un’altra “via”, spaziosa, facile, come una corsa in discesa. Quante volte ci accorgiamo, durante le nostre giornate, quante persone percorrono quest’ ultima via. Quante persone hanno scelto da tempo di prendere questa via, me lo dico, una vera vergogna! Grande scoramento, l’angoscia di sentirsi impotenti, sommersi, la rabbia, lo “scazzo”, il rischio di non combattere più.
La Ballerini ci mostra l’altra via, concreta, ostica, da combattimento. È la via che ci sta dinanzi, che dobbiamo percorrere, non ce n’è un’altra se vogliamo essere coerenti. Prepariamoci. Buona giornata.

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