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Carissima, carissimo,
oggi siamo nella fase in cui troppi vivono nella falsa ideologia che bisogna lasciar fare tutto al mercato, all’economia e alla finanza; debbono pensarci loro! Papa Francesco nella Evangeli gaudium ha denunciato con forza questa deriva, Affermando con forza che ciò non può funzionare, perché l’idea che ognuno possa fare il proprio comodo non può funzionare ma è solo frutto della somma dei nostri egoismi. L’arrivo del Covid ci ha fatto prendere coscienza della nostra interdipendenza e del fatto che non possiamo salvarci da soli ma abbiamo bisogno di cooperazione e coordinamento di fronte ai grandi problemi, questo oggi spero sia più chiaro per tutti. Perché il mercato non soddisfa i bisogni dell’umanità, ma soltanto di quelli che possono pagare. E’ impressionante il fatto che le 85 persone più ricche del mondo abbiano la stessa ricchezza dei tre miliardi e mezzo di persone più povere.
Dobbiamo riappropriarci del nostro singolo valore, farlo diventare comunità fase fondamentale per ogni cambiamento. Dobbiamo riprendere a sognare perché il sogno è la parte più intima di quanto pensiamo e diciamo, ed é anche la parte più vera, la più originale, la più esigente e coerente.
Tutti noi vedendo le immagini sui siti il video di agenti della polizia di frontiera che inseguono e colpiscono con la frusta i migranti haitiani siamo rimasti indignati, abbiamo pensato che quegli agenti sono cattivi e razzisti visto che i migranti sono neri. Questa è l’immagine che nei giorni scorsi ha riempito Internet, ha dominato i titoli dei giornali e ha suscitato aspre critiche da parte di alcuni esponenti politici e difensori dei diritti umani.
I migranti, portando zaini e bambini sulle spalle, stavano cercando di attraversare il fiume in cerca di protezione e opportunità negli Stati Uniti. Per molti, la traversata è stata l’ultima tappa di un arduo viaggio che li ha portati attraverso foreste senza strade e fiumi oscuri nell’America centrale e meridionale. Alcuni hanno iniziato il viaggio nel 2010, quando un forte terremoto ha colpito Haiti, paralizzando l’economia già paralizzata del paese. Il sisma ha ucciso più di 220.000 persone, lasciando altre “in disperato bisogno di assistenza”.
Dopo quella devastazione c’è stato l’assassinio, lo scorso luglio, del presidente Jovenel Moïse. Haiti era alle prese con sconvolgimenti politici “ben prima dell’assassinio”. Ma la violenza è aumentata solo dopo l’uccisione di Moïse. E un mese dopo l’assassinio del presidente, un altro terremoto ha colpito la nazione caraibica.
Le crescenti crisi hanno costretto molti a tentare la fortuna altrove. I migranti le cui immagini hanno inondato Internet erano tra le migliaia di richiedenti asilo haitiani che tentavano di ricominciare la propria vita negli Stati Uniti. Ma gli agenti di pattuglia federale, che indossavano pantaloni e cappelli da cowboy, li hanno affrontati e respinti, dimenticando Una vergogna!
Padre Zanotelli domenica scorsa al termine della Marcia per la pace dalla Rocca di Assisi ha lanciato l’iniziativa di “Andare in massa a Riace” per manifestare la nostra solidarietà a Mimmo Lucano, l’andata è prevista per sabato 6 e domenica 7 novembre. Io ci sarò.
Antonio

 

Circolare di Ottobre

Care e cari,

La nostra è la circolare dell’ascolto. Tante domande e poche risposte, tutte da costruire insieme.

Ascoltiamo voci di donne, di braccianti, di giovani. Siamo immersi nei movimenti, desiderose di esserci.

Ombre nere avanzano, oggi come allora, a Genova. La democrazia è fragile.

È il caso dei vaccini, l’antidoto è nella politica e nel conflitto sociale. Senza la garanzia dell’estensione globale della tutela della salute (quanti vaccini in Africa?) e della sicurezza collettiva, emergono forme di autoorganizzazione aristocratica dei sovranismi.

Che fare?

Ci sono domande epocali a cui non so rispondere. Ma a che punto è il conflitto sociale?

Sento dei rumori in lontananza, come mareggiate che si avvicinano.

Certo non è il 68, sogni di rivoluzione e di cambiamenti che hanno segnato la nostra generazione.

Le giovani della Casa delle donne sono attiviste senza paura, si contrappongono al potere locale (certo molto reazionario!) sfidando la legge.

Sono qui in cerchio ad ascoltare le loro voci. Tante denunciate, in attesa di processo. Ci abbracciamo, generazioni a confronto: un filo rosso ci lega. È il desiderio di non arrendersi.

Questo è il loro programma: “Nella realtà politica e sociale in cui ci troviamo a vivere, dove il genere e i corpi sono utilizzati per perpetuare l’assetto patriarcale, la difesa dello status quo misogino, colonialista, maschiocentrico, borghese, fondare uno spazio transfemminista è, forse prima ancora che lotta, necessità. Così è successo nella nostra città, dove il collettivo di Non una di meno Alessandria porta all’attenzione della città tematiche diversamente taciute. In un sistema in cui l’attività politica è stigmatizzata con la “scesa in campo” sorretti da una sigla politica, il nostro collettivo fa politica uscendo da tale binario, che garantisce esclusivamente l’adesione al sistema vigente. La nostra è la politica della discussione che parte dai nostri desideri, dalle nostre identità, dall’esigenza collettiva di riappropriarsi delle nostre vite, dei diritti e degli spazi

Viviamo e agiamo nel nostro territorio, portando alla luce le ferite gravi che infligge alle donne e alle libere soggettività, come la scarsa presenza di medici non obiettori e i sostegni alle realtà antiabortiste presso i consultori, la mancanza di una educazione affettiva non binaria nelle scuole ecc. Nello stesso momento, portiamo avanti la nostra lotta accanto alle sorelle di tutto il mondo, dando eco e sostegno alle battaglie transfemmiste globali”.

Quale legame con la Rete radié resch?

Non lo so, lo cerco nella sorellanza, negli affetti che ci siamo tramandate. Tante domande, poche risposte.

Agire e lottare. Dove?

Ho ascoltato i braccianti, i COBAS in lotta. Non si arrendono, sono aggrediti nei picchetti come alla Fiat negli anni 60. Molti gli stranieri solidali, presidiano i tribunali, non temono denunce e licenziamenti.

Ad Alessandria inizia una sorta di maxi processo, gli imputati sono 54, è un’azione per colpire lavoratori e avanguardie in lotta, esempio di repressione per un proletariato, o per ciò che è rimasto, nonostante un liberismo spietato. Le accuse sono ridicole in confronto ai furti in busta paga e ai licenziamenti operati dalle aziende. Si respira l’aria di Torino alla Fiat nel corso di lotte epocali, spesso vittoriose.

Ma ora il silenzio è tombale, di fronte a teoremi giudiziari e a processi farsa. Noi ci saremo per denunciare la giustizia borghese. È il filo rosso dei movimenti. Cosa dicono alla rete? Non lo so. Lo chiedo a voi. Noi ci siamo qui con loro. Forse si può riprendere la battaglia contro il decreto sicurezza proposto all’ultimo convegno.

Ascolto la voce di coloro che lavorano la terra: la salvano dal degrado, se ne occupano con amore.

Vengono da ogni parte, sono ragazzi e ragazze che toccano le zolle, piantano semi, vivono in comunione.

Sognano resistenze, un mondo nuovo. Genova non li ha schiacciati. Ogni piccolo germoglio è una speranza per noi tutti.

La rete ha un senso in questo progetto. Quale?

Rete di Alessandria

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