Notizie dal Perù e Operazione Yanamayo
a cura di Valentina Del Vecchio
Il processo a Keiko Fujimori
Lo scorso 31 agosto per Keiko Fujimori è iniziata l’udienza preliminare dell’ennesimo procedimento giudiziario per corruzione che la vede coinvolta insieme ad altri imputati. A poche settimane dalla conclusione delle elezioni presidenziali, questo è il primo passo del processo nei confronti della figlia dell’ex dittatore per lo scandalo Odebrecht, in cui sono stati implicati anche i quattro ex presidenti Alan Garcia, Ollanta Humala, Alejandro Toledo e Pedro Pablo Kuczynski. Alle ultime elezioni presidenziali la Fujimori ha perso il ballottaggio del 6 giugno contro Pedro Castillo.
L’udienza preliminare può durare giorni, settimane o addirittura mesi. Si tratta di rivedere i capi di imputazione contro lei e i 39 coimputati, dopodiché il giudice Victor Zuniga potrà approvare in tutto o in parte l’atto d’accusa redatto dal pubblico ministero Jose Domingo Perez. La vittoria elettorale per la Fujimori avrebbe significato la libertà dall’azione penale per tutta la durata del suo mandato presidenziale: è accusata di aver preso denaro illecito da Odebrecht per finanziare le proprie campagne elettorali presidenziali del 2011 e del 2016, elezioni in entrambi i casi perse. Keiko Fujimori nega le accuse. I pubblici ministeri chiederanno per Keiko Fujimori una pena detentiva di 30 anni e 10 mesi per l’accusa di riciclaggio di denaro, ostruzione alla giustizia, criminalità organizzata e dichiarazioni mendaci.
La Fujimori ha già scontato due volte la custodia cautelare, trascorrendo in totale 16 mesi dietro le sbarre fino al suo rilascio lo scorso anno per via dell’epidemia da Covid-19.
La morte di Abimael Guzman, capo di Sendero Luminoso
Il fondatore di Sendero luminoso, Abimael Guzmán, è morto l’11 settembre in un ospedale militare del Perù a seguito di una malattia. Aveva 86 anni. Il ministro della Giustizia, Anibal Torres, ha precisato che è deceduto dopo un’infezione.
“È morto il terrorista Abimael Guzman, responsabile della perdita di innumerevoli vite dei nostri compatrioti. La nostra posizione di condanna del terrorismo è ferma e incrollabile. Solo in democrazia costruiremo un Perù di giustizia e sviluppo per il nostro popolo”, ha commentato il presidente Pedro Castillo su Twitter, dopo essere stato accusato di presunti legami di alcuni membri del suo governo con Sendero luminoso.
Ex professore di filosofia, Guzmán lanciò un’insurrezione contro lo Stato nel 1980, responsabile di vari attentati e assassinii, perseguendo una visione della società ispirata al pensiero di Mao Zedong. Fu catturato nel 1992, condannato al carcere a vita per terrorismo e altri reati. La commissione per la verità peruviana nel 2003 lo ha ritenuto responsabile di 70mila morti e sparizioni tra il 1980 e il 2000.
Il Perù e la Ruta andina
I respingimenti dei migranti dagli USA ad Haiti (e le dimissioni del delegato statunitense a Port au Prince per la durezza dei rimpatri) ha riportato in auge la Ruta Andina, il percorso dei migranti diretti in Perù, Cile e Argentina. Flussi migratori che i muri costruiti non avevano arrestato. Di dimensioni inferiori rispetto ad altre zone del pianeta, anche in America Latina i migranti sono considerati un problema. Recentemente, con la difficoltà di raggiungere l’Europa e i problemi alla frontiera con gli USA, le migrazioni verso Brasile, Argentina e Cile sono aumentate. Per fronteggiare questo fenomeno sono state adottate politiche diverse. Ma ugualmente sbagliate.
Tre i principali flussi migratori lungo la Ruta Andina. C’è chi scappa da paesi come Honduras, Salvador e Guatemala, ma più per fuggire dalle violenze che per povertà. C’è chi scappa dal Venezuela per lasciarsi alle spalle una povertà dilagante e una fame senza precedenti. E poi ci sono quelli che cercano di raggiungere paesi come il Cile (o il Brasile). Qui, trovano ad aspettarli razzismo, leggi sull’immigrazione durissime e pandemia. Tre tipologie di migranti accomunate da un aspetto: la disuguaglianza. “Il problema dei migranti deve ricordarci che gli esseri umani, padri e madri, fuggiranno empre dalla miseria e dai conflitti e si sforzeranno di offrire migliori condizioni di vita ai loro figli”, ha detto il Primo Ministro di Haiti, Ariel Henry. “Le migrazioni continueranno finché ci saranno sacche di ricchezza sul pianeta, mentre la maggior parte della popolazione mondiale vive nella precarietà”. https://estatements.unmeetings.org/estatements/10.0010/20210925/98yJHEsSga5z/PmnDz0DDnPJn_fr.pdf
“La migrazione haitiana ha vagato per l’America Latina per più di un decennio”, ha dichiarato il Ministro dell’Interno del Cile. A poco sono serviti gli appelli delle associazioni umanitarie. O il lavoro delle Corte interamericana dei diritti dell’uomo che nel suo parere 21/14 sui diritti e le garanzie dei minori nel contesto della migrazione stabilisce la “necessità imperativa di adottare un approccio basato sui diritti umani in relazione alle politiche migratorie e rispetto alle esigenze di protezione internazionale”.
Per migliaia di migranti la situazione è preoccupante: molti cadono in una sorta di limbo senza poter regolarizzare la propria posizione e senza poter tornare a casa. “In Cile, il loro esodo è sempre più noto, date le attuali condizioni di lavoro che non ne favoriscono l’inserimento nel mercato, anche con visto e permesso di lavoro”, ha dichiarato Henry. Per Djimy Delice, attivista migrante haitiano che vive a Valparaiso, in Cile, la nuova legge sull’immigrazione ha reso più difficile per i migranti privi di documenti regolarizzare il loro status e accedere all’istruzione, all’alloggio e ai servizi sanitari. “Quello che sappiamo è che, se (i migranti) hanno un viaggio molto incerto (per raggiungere gli Stati Uniti), nulla qui è certo”, ha detto. https://www.migrationportal.org/insight/chiles-retooled-migration-law-offers-more-restrictions-less-welcome/ Un viaggio incerto e pericoloso: ogni anno, centinaia di persone perdono la vita lungo la Ruta (dati Organizzazione internazionale per le migrazioni – IOM). E tra loro molte donne e bambini. Secondo Frank Laczko, Direttore del Centro di analisi dati dell’IOM, il loro numero potrebbe essere sottostimato: “Stimiamo che i naufragi invisibili, che non lasciano sopravvissuti, siano frequenti su questa rotta marittima, ma questo è quasi impossibile da confermare”.
Scarso il dialogo tra i governi, incapaci di gestire cambiamenti geopolitici che non sono nuovi. Ora, visto l’elevato flusso di migranti irregolari nel nord del paese, al confine con Perù e Bolivia, anche il Cile ha deciso di ricorrere alle espulsioni di massa. Per giustificarle, il ministro dell’Interno Rodrigo Delgado ha detto: “Se si controllano le statistiche dell’epoca in cui siamo riusciti a espellere, si vedrà che il flusso migratorio a Colchane, al confine con la Bolivia, si è ridotto”. E “quando abbiamo dovuto smettere di espellere, l’ingresso di clandestini è aumentato”. Secondo il governo, “c’è una relazione diretta tra le espulsioni che abbiamo effettuato nella prima metà di quest’anno e il flusso che è entrato clandestinamente attraverso Colchane”. I numeri, però, mostrano un’altra realtà: il numero dei migranti in Cile (0,33 migranti per 1000 abitanti) non è tale da destare preoccupazioni. Chile | migrationpolicy.org
In un mondo globalizzato come quello di oggi, è sbagliato scaricare tutte le responsabilità sui più deboli, sui migranti. Anche in Cile. Unica speranza, a differenza di quanto sta avvenendo negli USA (con il famoso Titolo 42, voluto da Trump e utilizzato da Biden), il fatto che molte espulsioni di migranti irregolari sono state bloccate dalla Corte Suprema.
Operazione Yanamayo
In questi ultimi mesi ci siamo dedicati soprattutto a sostenere economicamente alcuni ex prigionieri che avevano contratto il Covid e altri che necessitavano di cure mediche urgenti per altre ragioni (totale per ora stanziato: 500 euro). In Perù, infatti, la sanità pubblica è praticamente inesistente, e medicinali e cure mediche sono tutti a pagamento: anche se ricoverati in un ospedale pubblico, i pazienti devono pagare le medicine e i materiali terapeutici che vengono consumati.
Sono stati stanziati anche dei fondi per spese legali di alcuni dei prigionieri che sono ancora in carcere (300 euro). Questi fondi servono soprattutto a coprire le spese vive degli avvocati (trasporti, fotocopie, richiesta di documenti alle cancellerie dei tribunali, ecc.) perché nella maggior parte dei casi gli avvocati che lavorano ai casi dei prigionieri politici sono professionisti solidali che rinunciano ai propri onorari. Spesso però le famiglie non riescono a coprire neanche le piccole spese sostenute dagli avvocati.
Infine, sono stati inviati dei fondi a una ex detenuta che ha deciso di intraprendere una piccola attività economica (chiosco di alimentari) e che necessitava di 500 euro per far partire questa attività. Grazie a questa attività le sarà possibile ricavare un piccolo reddito mensile che servirà per sostentare sé stessa e la figlia che vive con lei. Per ora la cifra stanziata è sufficiente, ma ci riserviamo di integrarla con una piccola aggiunta già concordata, se fosse necessario.