Home2021Ottobre

Le comunità mapuche che fanno parte dell’Associazione Regionale Mapuche Folilko, appartenenti al Wallmapu, territorio ancestrale mapuche, di fronte alla dichiarazione dello Stato di eccezione costituzionale, emanato dal governo di ultradestra, Sebastián Piñera, dichiarano quanto segue:

1. La misura di stabilire lo stato di eccezione costituzionale nel territorio mapuche (Wallmapu) costituisce un’aggressione e una violazione dei diritti di libero transito e circolazione di quelli di noi che vivono in questo territorio, perché solo le persone di origine mapuche che vivono nelle loro comunità sono controllate e registrate. Questa misura è rivolta ai leader e alle comunità che sostengono le nostre rivendicazioni territoriali.

2. Lo stato di eccezione costituzionale conferma la complicità del presidente della Repubblica con le imprese forestali, i coloni, gli imprenditori e i proprietari di camion cileni che hanno preteso dal governo un’azione così brutale e poco costruttiva nei confronti del nostro territorio. L’inefficacia e la mancanza di misure politiche chiare hanno permesso alla violenza di impadronirsi delle regioni appartenenti al Wallmapu. Le polizie, i procuratori del pubblico ministero non sono stati in grado di chiarire i fatti di violenza.

3. Il territorio mapuche rimane completamente militarizzato, con blindati, carri armati, elicotteri che lo sorvolano giorno e notte. Sia l’Esercito, la Marina e l’Aeronautica, mantengono la coercizione delle nostre comunità mapuche, e non permettono loro la libera circolazione, il che genera un isolamento forzato e blindato dalle forze militari.

4. Molte comunità si stanno organizzando per resistere a questa misura repressiva dello Stato cileno, poiché non contribuisce alla soluzione del conflitto. Al contrario, la violenza istituzionale delle forze armate approfondisce la crisi storica che è stata prolungata dai diversi governi in carica, in particolare quello attuale, e allontana qualsiasi possibilità di dialogo, perché in uno stato di eccezione costituzionale la Nazione Mapuche non è disposta a mettersi in ginocchio di fronte allo Stato cileno. D’ora in poi, ciò che accadrà in questa parte della storia sarà di sola ed esclusiva responsabilità del governo e degli imprenditori forestali e dei coloni che cercano di reprimere il popolo mapuche.

5. Deploriamo profondamente che i diversi settori della classe politica, sia del governo che dell’opposizione, abbiano lodato questa misura. Ciò dimostra la loro chiara responsabilità politica nell’aggravamento del conflitto, perché non hanno avuto né capacità né volontà politica di avanzare in modo chiaro e deciso verso una soluzione reale del conflitto di Wallmapu.

6. Chiediamo alle organizzazioni per i diritti umani, alle organizzazioni sociali e alle organizzazioni di solidarietà nazionale e internazionale di rimanere vigili e attenti a questa misura dittatoriale del governo capitalista e di aiutarci a denunciare questa violazione dei nostri diritti e libertà fondamentali, per respingere l’aggressione militare razzista dello Stato cileno contro la Nazione Mapuche.

Infine, vogliamo riaffermare con grande forza e convinzione che non ci lasceremo intimidire, né permetteremo atti di razzismo e xenofobia. Continueremo a lottare per i nostri legittimi diritti alla restituzione del nostro territorio e al pieno esercizio dell’autodeterminazione come base fondamentale della nostra libertà e giustizia.

Margot Collipal Curaqueo Francisco Cheuquemilla Paininao José Naín Pérez.

Wallmapuche, Temuco, 19 de octubre de 2021

Carissima, carissimo,
oggi siamo nella fase in cui troppi vivono nella falsa ideologia che bisogna lasciar fare tutto al mercato, all’economia e alla finanza; debbono pensarci loro! Papa Francesco nella Evangeli gaudium ha denunciato con forza questa deriva, Affermando con forza che ciò non può funzionare, perché l’idea che ognuno possa fare il proprio comodo non può funzionare ma è solo frutto della somma dei nostri egoismi. L’arrivo del Covid ci ha fatto prendere coscienza della nostra interdipendenza e del fatto che non possiamo salvarci da soli ma abbiamo bisogno di cooperazione e coordinamento di fronte ai grandi problemi, questo oggi spero sia più chiaro per tutti. Perché il mercato non soddisfa i bisogni dell’umanità, ma soltanto di quelli che possono pagare. E’ impressionante il fatto che le 85 persone più ricche del mondo abbiano la stessa ricchezza dei tre miliardi e mezzo di persone più povere.
Dobbiamo riappropriarci del nostro singolo valore, farlo diventare comunità fase fondamentale per ogni cambiamento. Dobbiamo riprendere a sognare perché il sogno è la parte più intima di quanto pensiamo e diciamo, ed é anche la parte più vera, la più originale, la più esigente e coerente.
Tutti noi vedendo le immagini sui siti il video di agenti della polizia di frontiera che inseguono e colpiscono con la frusta i migranti haitiani siamo rimasti indignati, abbiamo pensato che quegli agenti sono cattivi e razzisti visto che i migranti sono neri. Questa è l’immagine che nei giorni scorsi ha riempito Internet, ha dominato i titoli dei giornali e ha suscitato aspre critiche da parte di alcuni esponenti politici e difensori dei diritti umani.
I migranti, portando zaini e bambini sulle spalle, stavano cercando di attraversare il fiume in cerca di protezione e opportunità negli Stati Uniti. Per molti, la traversata è stata l’ultima tappa di un arduo viaggio che li ha portati attraverso foreste senza strade e fiumi oscuri nell’America centrale e meridionale. Alcuni hanno iniziato il viaggio nel 2010, quando un forte terremoto ha colpito Haiti, paralizzando l’economia già paralizzata del paese. Il sisma ha ucciso più di 220.000 persone, lasciando altre “in disperato bisogno di assistenza”.
Dopo quella devastazione c’è stato l’assassinio, lo scorso luglio, del presidente Jovenel Moïse. Haiti era alle prese con sconvolgimenti politici “ben prima dell’assassinio”. Ma la violenza è aumentata solo dopo l’uccisione di Moïse. E un mese dopo l’assassinio del presidente, un altro terremoto ha colpito la nazione caraibica.
Le crescenti crisi hanno costretto molti a tentare la fortuna altrove. I migranti le cui immagini hanno inondato Internet erano tra le migliaia di richiedenti asilo haitiani che tentavano di ricominciare la propria vita negli Stati Uniti. Ma gli agenti di pattuglia federale, che indossavano pantaloni e cappelli da cowboy, li hanno affrontati e respinti, dimenticando Una vergogna!
Padre Zanotelli domenica scorsa al termine della Marcia per la pace dalla Rocca di Assisi ha lanciato l’iniziativa di “Andare in massa a Riace” per manifestare la nostra solidarietà a Mimmo Lucano, l’andata è prevista per sabato 6 e domenica 7 novembre. Io ci sarò.
Antonio

 

Circolare di Ottobre

Care e cari,

La nostra è la circolare dell’ascolto. Tante domande e poche risposte, tutte da costruire insieme.

Ascoltiamo voci di donne, di braccianti, di giovani. Siamo immersi nei movimenti, desiderose di esserci.

Ombre nere avanzano, oggi come allora, a Genova. La democrazia è fragile.

È il caso dei vaccini, l’antidoto è nella politica e nel conflitto sociale. Senza la garanzia dell’estensione globale della tutela della salute (quanti vaccini in Africa?) e della sicurezza collettiva, emergono forme di autoorganizzazione aristocratica dei sovranismi.

Che fare?

Ci sono domande epocali a cui non so rispondere. Ma a che punto è il conflitto sociale?

Sento dei rumori in lontananza, come mareggiate che si avvicinano.

Certo non è il 68, sogni di rivoluzione e di cambiamenti che hanno segnato la nostra generazione.

Le giovani della Casa delle donne sono attiviste senza paura, si contrappongono al potere locale (certo molto reazionario!) sfidando la legge.

Sono qui in cerchio ad ascoltare le loro voci. Tante denunciate, in attesa di processo. Ci abbracciamo, generazioni a confronto: un filo rosso ci lega. È il desiderio di non arrendersi.

Questo è il loro programma: “Nella realtà politica e sociale in cui ci troviamo a vivere, dove il genere e i corpi sono utilizzati per perpetuare l’assetto patriarcale, la difesa dello status quo misogino, colonialista, maschiocentrico, borghese, fondare uno spazio transfemminista è, forse prima ancora che lotta, necessità. Così è successo nella nostra città, dove il collettivo di Non una di meno Alessandria porta all’attenzione della città tematiche diversamente taciute. In un sistema in cui l’attività politica è stigmatizzata con la “scesa in campo” sorretti da una sigla politica, il nostro collettivo fa politica uscendo da tale binario, che garantisce esclusivamente l’adesione al sistema vigente. La nostra è la politica della discussione che parte dai nostri desideri, dalle nostre identità, dall’esigenza collettiva di riappropriarsi delle nostre vite, dei diritti e degli spazi

Viviamo e agiamo nel nostro territorio, portando alla luce le ferite gravi che infligge alle donne e alle libere soggettività, come la scarsa presenza di medici non obiettori e i sostegni alle realtà antiabortiste presso i consultori, la mancanza di una educazione affettiva non binaria nelle scuole ecc. Nello stesso momento, portiamo avanti la nostra lotta accanto alle sorelle di tutto il mondo, dando eco e sostegno alle battaglie transfemmiste globali”.

Quale legame con la Rete radié resch?

Non lo so, lo cerco nella sorellanza, negli affetti che ci siamo tramandate. Tante domande, poche risposte.

Agire e lottare. Dove?

Ho ascoltato i braccianti, i COBAS in lotta. Non si arrendono, sono aggrediti nei picchetti come alla Fiat negli anni 60. Molti gli stranieri solidali, presidiano i tribunali, non temono denunce e licenziamenti.

Ad Alessandria inizia una sorta di maxi processo, gli imputati sono 54, è un’azione per colpire lavoratori e avanguardie in lotta, esempio di repressione per un proletariato, o per ciò che è rimasto, nonostante un liberismo spietato. Le accuse sono ridicole in confronto ai furti in busta paga e ai licenziamenti operati dalle aziende. Si respira l’aria di Torino alla Fiat nel corso di lotte epocali, spesso vittoriose.

Ma ora il silenzio è tombale, di fronte a teoremi giudiziari e a processi farsa. Noi ci saremo per denunciare la giustizia borghese. È il filo rosso dei movimenti. Cosa dicono alla rete? Non lo so. Lo chiedo a voi. Noi ci siamo qui con loro. Forse si può riprendere la battaglia contro il decreto sicurezza proposto all’ultimo convegno.

Ascolto la voce di coloro che lavorano la terra: la salvano dal degrado, se ne occupano con amore.

Vengono da ogni parte, sono ragazzi e ragazze che toccano le zolle, piantano semi, vivono in comunione.

Sognano resistenze, un mondo nuovo. Genova non li ha schiacciati. Ogni piccolo germoglio è una speranza per noi tutti.

La rete ha un senso in questo progetto. Quale?

Rete di Alessandria

Notizie dal Perù e Operazione Yanamayo

a cura di Valentina Del Vecchio

Il processo a Keiko Fujimori

Lo scorso 31 agosto per Keiko Fujimori è iniziata l’udienza preliminare dell’ennesimo procedimento giudiziario per corruzione che la vede coinvolta insieme ad altri imputati. A poche settimane dalla conclusione delle elezioni presidenziali, questo è il primo passo del processo nei confronti della figlia dell’ex dittatore per lo scandalo Odebrecht, in cui sono stati implicati anche i quattro ex presidenti Alan Garcia, Ollanta Humala, Alejandro Toledo e Pedro Pablo Kuczynski. Alle ultime elezioni presidenziali la Fujimori ha perso il ballottaggio del 6 giugno contro Pedro Castillo.
L’udienza preliminare può durare giorni, settimane o addirittura mesi. Si tratta di rivedere i capi di imputazione contro lei e i 39 coimputati, dopodiché il giudice Victor Zuniga potrà approvare in tutto o in parte l’atto d’accusa redatto dal pubblico ministero Jose Domingo Perez. La vittoria elettorale per la Fujimori avrebbe significato la libertà dall’azione penale per tutta la durata del suo mandato presidenziale: è accusata di aver preso denaro illecito da Odebrecht per finanziare le proprie campagne elettorali presidenziali del 2011 e del 2016, elezioni in entrambi i casi perse. Keiko Fujimori nega le accuse. I pubblici ministeri chiederanno per Keiko Fujimori una pena detentiva di 30 anni e 10 mesi per l’accusa di riciclaggio di denaro, ostruzione alla giustizia, criminalità organizzata e dichiarazioni mendaci.

La Fujimori ha già scontato due volte la custodia cautelare, trascorrendo in totale 16 mesi dietro le sbarre fino al suo rilascio lo scorso anno per via dell’epidemia da Covid-19.

La morte di Abimael Guzman, capo di Sendero Luminoso

Il fondatore di Sendero luminoso, Abimael Guzmán, è morto l’11 settembre in un ospedale militare del Perù a seguito di una malattia. Aveva 86 anni. Il ministro della Giustizia, Anibal Torres, ha precisato che è deceduto dopo un’infezione.

“È morto il terrorista Abimael Guzman, responsabile della perdita di innumerevoli vite dei nostri compatrioti. La nostra posizione di condanna del terrorismo è ferma e incrollabile. Solo in democrazia costruiremo un Perù di giustizia e sviluppo per il nostro popolo”, ha commentato il presidente Pedro Castillo su Twitter, dopo essere stato accusato di presunti legami di alcuni membri del suo governo con Sendero luminoso.

Ex professore di filosofia, Guzmán lanciò un’insurrezione contro lo Stato nel 1980, responsabile di vari attentati e assassinii, perseguendo una visione della società ispirata al pensiero di Mao Zedong. Fu catturato nel 1992, condannato al carcere a vita per terrorismo e altri reati. La commissione per la verità peruviana nel 2003 lo ha ritenuto responsabile di 70mila morti e sparizioni tra il 1980 e il 2000.

Il Perù e la Ruta andina

I respingimenti dei migranti dagli USA ad Haiti (e le dimissioni del delegato statunitense a Port au Prince per la durezza dei rimpatri) ha riportato in auge la Ruta Andina, il percorso dei migranti diretti in Perù, Cile e Argentina. Flussi migratori che i muri costruiti non avevano arrestato. Di dimensioni inferiori rispetto ad altre zone del pianeta, anche in America Latina i migranti sono considerati un problema. Recentemente, con la difficoltà di raggiungere l’Europa e i problemi alla frontiera con gli USA, le migrazioni verso Brasile, Argentina e Cile sono aumentate. Per fronteggiare questo fenomeno sono state adottate politiche diverse. Ma ugualmente sbagliate.

Tre i principali flussi migratori lungo la Ruta Andina. C’è chi scappa da paesi come Honduras, Salvador e Guatemala, ma più per fuggire dalle violenze che per povertà. C’è chi scappa dal Venezuela per lasciarsi alle spalle una povertà dilagante e una fame senza precedenti. E poi ci sono quelli che cercano di raggiungere paesi come il Cile (o il Brasile). Qui, trovano ad aspettarli razzismo, leggi sull’immigrazione durissime e pandemia. Tre tipologie di migranti accomunate da un aspetto: la disuguaglianza. “Il problema dei migranti deve ricordarci che gli esseri umani, padri e madri, fuggiranno empre dalla miseria e dai conflitti e si sforzeranno di offrire migliori condizioni di vita ai loro figli”, ha detto il Primo Ministro di Haiti, Ariel Henry. “Le migrazioni continueranno finché ci saranno sacche di ricchezza sul pianeta, mentre la maggior parte della popolazione mondiale vive nella precarietà”. https://estatements.unmeetings.org/estatements/10.0010/20210925/98yJHEsSga5z/PmnDz0DDnPJn_fr.pdf

“La migrazione haitiana ha vagato per l’America Latina per più di un decennio”, ha dichiarato il Ministro dell’Interno del Cile. A poco sono serviti gli appelli delle associazioni umanitarie. O il lavoro delle Corte interamericana dei diritti dell’uomo che nel suo parere 21/14 sui diritti e le garanzie dei minori nel contesto della migrazione stabilisce la “necessità imperativa di adottare un approccio basato sui diritti umani in relazione alle politiche migratorie e rispetto alle esigenze di protezione internazionale”.

Per migliaia di migranti la situazione è preoccupante: molti cadono in una sorta di limbo senza poter regolarizzare la propria posizione e senza poter tornare a casa. “In Cile, il loro esodo è sempre più noto, date le attuali condizioni di lavoro che non ne favoriscono l’inserimento nel mercato, anche con visto e permesso di lavoro”, ha dichiarato Henry. Per Djimy Delice, attivista migrante haitiano che vive a Valparaiso, in Cile, la nuova legge sull’immigrazione ha reso più difficile per i migranti privi di documenti regolarizzare il loro status e accedere all’istruzione, all’alloggio e ai servizi sanitari. “Quello che sappiamo è che, se (i migranti) hanno un viaggio molto incerto (per raggiungere gli Stati Uniti), nulla qui è certo”, ha detto. https://www.migrationportal.org/insight/chiles-retooled-migration-law-offers-more-restrictions-less-welcome/ Un viaggio incerto e pericoloso: ogni anno, centinaia di persone perdono la vita lungo la Ruta (dati Organizzazione internazionale per le migrazioni – IOM). E tra loro molte donne e bambini. Secondo Frank Laczko, Direttore del Centro di analisi dati dell’IOM, il loro numero potrebbe essere sottostimato: “Stimiamo che i naufragi invisibili, che non lasciano sopravvissuti, siano frequenti su questa rotta marittima, ma questo è quasi impossibile da confermare”.

Scarso il dialogo tra i governi, incapaci di gestire cambiamenti geopolitici che non sono nuovi. Ora, visto l’elevato flusso di migranti irregolari nel nord del paese, al confine con Perù e Bolivia, anche il Cile ha deciso di ricorrere alle espulsioni di massa. Per giustificarle, il ministro dell’Interno Rodrigo Delgado ha detto: “Se si controllano le statistiche dell’epoca in cui siamo riusciti a espellere, si vedrà che il flusso migratorio a Colchane, al confine con la Bolivia, si è ridotto”. E “quando abbiamo dovuto smettere di espellere, l’ingresso di clandestini è aumentato”. Secondo il governo, “c’è una relazione diretta tra le espulsioni che abbiamo effettuato nella prima metà di quest’anno e il flusso che è entrato clandestinamente attraverso Colchane”. I numeri, però, mostrano un’altra realtà: il numero dei migranti in Cile (0,33 migranti per 1000 abitanti) non è tale da destare preoccupazioni. Chile | migrationpolicy.org

In un mondo globalizzato come quello di oggi, è sbagliato scaricare tutte le responsabilità sui più deboli, sui migranti. Anche in Cile. Unica speranza, a differenza di quanto sta avvenendo negli USA (con il famoso Titolo 42, voluto da Trump e utilizzato da Biden), il fatto che molte espulsioni di migranti irregolari sono state bloccate dalla Corte Suprema.

Operazione Yanamayo

In questi ultimi mesi ci siamo dedicati soprattutto a sostenere economicamente alcuni ex prigionieri che avevano contratto il Covid e altri che necessitavano di cure mediche urgenti per altre ragioni (totale per ora stanziato: 500 euro). In Perù, infatti, la sanità pubblica è praticamente inesistente, e medicinali e cure mediche sono tutti a pagamento: anche se ricoverati in un ospedale pubblico, i pazienti devono pagare le medicine e i materiali terapeutici che vengono consumati.

Sono stati stanziati anche dei fondi per spese legali di alcuni dei prigionieri che sono ancora in carcere (300 euro). Questi fondi servono soprattutto a coprire le spese vive degli avvocati (trasporti, fotocopie, richiesta di documenti alle cancellerie dei tribunali, ecc.) perché nella maggior parte dei casi gli avvocati che lavorano ai casi dei prigionieri politici sono professionisti solidali che rinunciano ai propri onorari. Spesso però le famiglie non riescono a coprire neanche le piccole spese sostenute dagli avvocati.

Infine, sono stati inviati dei fondi a una ex detenuta che ha deciso di intraprendere una piccola attività economica (chiosco di alimentari) e che necessitava di 500 euro per far partire questa attività. Grazie a questa attività le sarà possibile ricavare un piccolo reddito mensile che servirà per sostentare sé stessa e la figlia che vive con lei. Per ora la cifra stanziata è sufficiente, ma ci riserviamo di integrarla con una piccola aggiunta già concordata, se fosse necessario.

Questo sito web utilizza cookie tecnici e di terze parti. I cookie sono normalmente utilizzati per consentire il corretto funzionamento del sito (cookie tecnici), per generare report sull’utilizzo della navigazione (cookie statistici) e per pubblicizzare adeguatamente i nostri servizi / prodotti (cookie di profilazione). Possiamo utilizzare direttamente i cookie tecnici, ma hai facoltà di scegliere se abilitare o meno i cookie statistici e di profilazione. Abilitando questi cookie, ci aiuti a offrirti un’esperienza migliore. Cliccando sul pulsante di seguito, acconsenti all’utilizzo dei cookie di terze parti utilizzo in conformità alla nostra informativa sulla privacy e cookie policy. Il consenso può essere revocato in qualsiasi momento. Informazioni