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Circolare Nazionale Rete Radiè Resch Gennaio 2022

Sempre più arrabbiati.

Sempre negativi.

Siamo a quasi due anni dall’inizio della pandemia in occidente.

Cresce la paura, aumentano i numeri dei contagiati, diminuiscono le informazioni dal mondo, già scarse ed ora nulle.

Tutti concentrati sul virus.

Quando si dice “gli altri siamo noi”: il covid comincia a Whuan in Cina alla fine del 2019 e arriva in occidente all’inizio del 2020.

Oggi a quasi 2 anni dalle prime informazioni ufficiali, gli auguri di un nuovo anno sono velate da insicurezza e speranza, prima fra tutte quella di essere sempre “negativo”.

Mai come in questo periodo la parola “negativo” ha il significato più positivo di tutte! Provate a cercare “essere negativo” su Google: vengono fuori link di quarantena, green pass, contatti, tamponi, FFP2, al quinto posto il significato della parola “negativo” con i suoi sinonimi e i suoi contrari.

Nel frattempo:

  • Non ci emozioniamo della gioia di un bambino che ci sorride se riesce e a scendere da solo un gradino
  • Non ci accorgiamo del camminare lento di un anziano e della sua fatica ad attraversare la strada perché nessuna macchina si ferma prima delle strisce pedonali
  • Le violenze verso le donne aumentano
  • Il governo Draghi per il 2022 ha portato le spese militari a 25,82 miliardi di euro (ma a cosa servono queste armi?)
  • I diritti dei migranti vengono ogni giorno violati lungo e dentro i confini dell’Europa
  • Continuano ad esserci le guerre

Raccontare un percorso, quello della nostra Rete di Torino sembra quasi innaturale, come se lo scorreredelle vicende dipenda unicamente dal virus. Ma proprio per questo, per rientrare nel vivo della nostra umanità, vogliamo condividere con voi la nostra scelta del progetto in Niger. Per lungo tempo siamo rimasti senza un prospetto specifico dopo la chiusura della collaborazione con il giornale di quartiere del Gapa di Catania e spesso ci siamo interrogati sulle possibilità da cogliere. Un progetto nuovo per noi rappresentava una forma viva di interazione con altre persone, di conoscenza, di condivisione di vita che sicuramente rivitalizzava la nostra coscienza, rispondendo ad un bisogno di dare un senso alle parole delle nostre riunioni. Cosi abbiamo preso contatto con diverse realtà; da Operazione Colomba in Palestina ( ci sarebbe piaciuto dare ancora un contributo per una terra alla Rete cosi familiare e martoriata) ad altre realtà che operano sul territorio, che però non ci hanno mai convinto…ma un “fil rouge” sembrava accompagnare silenziosamente le nostre vite: l’Africa ha cominciato a bussare ai nostri cuori quasi in contemporanea ed in vari modi, chi con l’accoglienza in casa di ragazzi, chi con un matrimonio (la nostra Laura è convolata a nozze con Moussa), chi ancora con progetti di affido di migranti non accompagnati. Sembrava proprio un destino segnato, e quando Moussa, durante una riunione, ci ha timidamente parlato del suo sogno di far costruire un pozzo d’acqua (il forage d’eau) per il villaggio in cui è nato è come se avesse tolto un velo davanti ai nostri occhi e ci siamo ritrovati uniti e solidali nell’appoggiare questa iniziativa. E’ bizzarro a volte il destino, ci si incaponisce a cercare con la logica delle risposte alle nostre domande ma magari è già tutto sotto gli occhi e non lo vediamo, non lo riconosciamo.Concentriamoci su quello che abbiamo e non su quello che ci manca.

A Capodanno di ogni anno speriamo che l’anno che verrà sia migliore.

Quest’anno speriamo che nell’anno che verrà saremo noi ad essere migliori.

Un abbraccio fraterno a tutti

RRR Torino

Carissima, carissimo, anno nuovo, vita nuova? Dipende. Possiamo continuare a ingozzarci di carne e dolci, inzuppati di bevande alcoliche, come se la gioia uscisse dal forno e la felicità venisse imbottigliata. O l’opzione di un momento di silenzio, una preghiera, l’effusione di umanità in abbracci affettuosi. Dobbiamo ritrovare l’umanità. Spogliarci dal lupo vorace che, nell’arena competitiva del mercato, ci rende estranei a noi stessi. Perché accelerare così tanto se dobbiamo fermarci al semaforo rosso? Perché tanta dipendenza dal cellulare e difficoltà nel dialogare faccia a faccia? In politica, la tolleranza è complicità.
Anno di nuova qualità della vita. Meno ansia e più profondità. Urge rinascere. Immergerci in noi stessi, facendo spazio, braccia e cuori si aprino agli altri. Ricreare e appropriarsi della realtà circostante, libera dalla pastorizzazione che ci massifica nella mediocrità bovina di chi rimugina sulle meschine abitudini, come se la vita fosse una finestra da cui contempliamo, notte dopo notte, la realtà che sfila negli illusori sogni ad occhi aperti di una telenovela.
La pandemia del coronavirus sta rigettando tutte le tesi del neo-liberismo e dello stesso capitalismo. Entrambi difendono la competizione, mentre adesso l’importante è la cooperazione e la solidarietà. Difendevano l’individualismo quando ora ci rendiamo conto del fatto che tutti siamo interdipendenti.
Sfruttavano in una forma impietosa la natura e ora ci rendiamo conto che dobbiamo rispettare e prenderci cura della Madre Terra, in quanto il virus è una reazione e una rappresaglia della stessa Terra contro le aggressioni che gli facciamo da più di due secoli. Il piccolo sta sconfiggendo il grande.
Il coronavirus rende ridicolo tutto l’apparato bellico dei paesi militaristi che hanno costruito armi di distruzione di massa, nucleari, chimiche e biologiche. Ci sta dando una lezione: cosi come stiamo trattando la Casa Comune, con pochissimi miliardari a spese di miliardi di poveri e della sistematica depredazione della natura, non possiamo continuare. Il virus non distingue ricchi e poveri, gente di potere e altri senza potere. Attacca indistintamente tutti.
Sicuramente non distruggerà la specie umana, ma la Madre Terra ci sta dando segnali. Questa è la prima guerra globale dentro un mondo globalizzato. Tutti sono colpiti: o stabiliamo relazioni di solidarietà e cooperazione, prendendoci cura gli uni degli altri o ingrosseremo la processione di quelli che spingono nella direzione di un abisso. Possibilmente il mondo sarà un altro dopo che avremo attraversato la crisi del coronavírus. O il sistema si imporrà con ancora più violenza, o dovremo cambiare la direzione del nostro destino su questo pianeta.
La pandemia ci fa scoprire le nostre false sicurezze e la nostra incapacità di vivere insieme. Questo tempo così difficile ci aiuta a comprendere che ci sono anche altre malattie sia fisiche che spirituali. Abbiamo bisogno gli uni degli altri e soprattutto di qualcuno che dia un senso profondo alla nostra vita.
Gesù è venuto nonostante le barriere, le umiliazioni, le negazioni che vengono disseminate, nonostante gli scenari di guerra in Yemen, Siria, Afghanistan, Ucraina, Bielorussia e delle decine di conflitti dimenticati in Africa e in Asia.
Donne, uomini e bambini trovano rifugio solo nelle capanne della marginalità globalizzata di un mondo che cancella tutto ciò che contrasta con l’effimero e l’utile economico.
Quanti discendenti dell’assassino Erode ci sono oggi, dallo sterminio dei bambini ai quali mancano i farmaci basilari mentre si spendono miliardi per armamenti sempre più sofisticati e crudeli, all’infanzia ridotta alla fame e al gelo lungo le frontiere di “nonna Europa”. Ma quale nonna lascerebbe i nipoti morire di freddo davanti ai muri dell’indifferenza spietata e del calcolo geopolitico?
Mai quanto in pandemia l’egoismo uccide: che senso ha vincolare ai brevetti la diffusione di un vaccino che, come disse lo scienziato Sabin per l’antipolio, deve essere patrimonio dell’umanità e non strumento di tornaconto per l’industria farmaceutica? Papa Francesco ha ribadito la necessità di rendere universale l’accesso alla vaccinazione perché “nessuno si salva da solo”, lasciare miliardi senza immunizzazione equivale a condannarsi a continue mutazioni del virus e ad una emergenza senza uscita. Anche questa è l’avidità omicida dei moderni Erode.
La stessa che costringe famiglie sempre più disperate ad affidare i loro piccoli, alle acque in tempesta del Mediterraneo: ottomila bambini arrivati nel 2021 senza genitori, il doppio dello scorso anno. Quali ferite rimarranno nel cuore di questi bambinelli sopravvissuti alla brutalità di un tempo ostile e privo di Misericordia? Che adulti diventeranno i bambini che il terzo millennio rifiuta?
don Tonino Bello ci esortava così a non avere paura: “La speranza è stata seminata in te. Non avere paura, amico mio. Dio è sceso su questo mondo disperato. E sai che nome ha preso? Emmanuele, che vuol dire: Dio con noi. Coraggio, verrà un giorno in cui le tue nevi si scioglieranno, le tue bufere si placheranno, e una primavera senza tramonto regnerà nel tuo giardino”

Antonio

Adesso segue “Felice Anno Nuovo” del nostro fratello Frei Betto
Desidero un Anno Nuovo dove, a Dio piacendo, tutti i bambini, quando accendono i loro apparecchi elettronici, ricevano un bagno di Mozart, Pixinguinha e Noel Rosa; imparino la differenza tra impressionisti ed espressionisti; vedano spettacoli e dormano dopo aver detto le preghiere.
Desidero un Anno Nuovo in cui, in campagna, ognuno abbia il suo pezzo di terra, dove prosperino arance e ortaggi, e volino i passeri tra le vacche da latte. In città, un tetto sotto il quale brilli la cucina con pentole piene, la sala sia tappezzata di rammendi colorati, la foto a colori degli sposi esposta in una cornice ovale sul divano.
Aspetto un Anno Nuovo in cui le chiese aprano le porte al silenzio del cuore, l’organo sussurri il canto degli angeli, la Bibbia sia condivisa come il pane. La fede, di pari passo con la giustizia, faccia sì che il cielo smetta di fissare lo sguardo su coloro a cui è negata la felicità su questa terra.
Un Anno Nuovo Felice con le coppie oziose nell’arte dell’amore, la casa che odora di profumo, i figli che contemplano i volti appassionati dei loro genitori, la famiglia così assorta nel dialogo da non rendersi nemmeno conto che TV e cellulari sono dispositivi muti e ciechi in un angolo della stanza.
Auguro un Anno Nuovo in cui i sogni libertari siano così forti che i giovani, con il cuore che pulsa di ideali, non ricorrano alla chimica delle droghe, non temano il futuro, né si esprimano in dialetti incomprensibili. E che si presentino alle urne di ottobre per salvare le politiche pubbliche di protezione sociale, la riduzione delle disuguaglianze sociali, l’autostima del popolo brasiliano e la sovranità nazionale.
Spero in un Anno Nuovo in cui ciascuno di noi eviti di accumulare rancori nelle pieghe del proprio cuore e che lavi le pareti della memoria dalle ire e dai dolori; non scommetta su corse con il tempo né registri la velocità del tempo in base alla frequenza cardiaca.
Un Anno Nuovo per assaporare la brevità della vita come se fosse perenne, in compagnia di orafi di incanti.
Auguro un Anno Nuovo, in cui a tutti sia garantito il diritto al lavoro, l’onore di un salario dignitoso, le condizioni umane di lavoro, le potenzialità della professione e l’allegria della vocazione.
Prego per un Anno Nuovo nuovo anno in cui la polizia sia conosciuta per le vite che protegge e non per gli omicidi che commette; i detenuti rieducati alla vita sociale; e che i poveri riescano a restituire agli occhi della Giustizia il disegno della cecità che li esenta.
Un Anno Nuovo senza politici bugiardi, autorità arroganti, funzionari corrotti, adulatori di ogni tipo. Liberi da estasi infantili, la politica sia la moltiplicazione dei pani senza miracoli, dovere di alcuni e diritto di tutti.
Spero in un Anno Nuovo in cui le città tornino ad avere piazze alberate; le piazze, panchine accoglienti; le panchine, cittadini a cui è concesso il sano svago di contemplare la natura, ascoltare in silenzio la voce di Dio e festeggiare con gli amici le piccole cose della vita – una serie di ricordi, una partita a carte, le risate provocate da chi si distingue come il migliore narratore di aneddoti.
Auguro un Anno Nuovo dove l’uomo non umili mai la donna; l’insegnante di cittadinanza non getti carta per terra; i bambini lascino il posto ai più vecchi; e la distanza tra pubblico e privato sia rispecchiata dalla trasparenza.
Desidero un Anno Nuovo di libri saporiti come i popcorn, il corpo meno intasato di grasso, la mente libera dallo stress, lo spirito inserito in una sala da ballo al suono di misteri più profondi.
Attendo un Anno Nuovo il cui evento principale sia l’inaugurazione del Salone della Persona, dove vengano presentate alternative, affinché mai più un essere umano si senta minacciato dalla povertà o privato del pane, della pace, della salute, dell’educazione, della cultura e del piacere.
Un Anno Nuovo in cui la competitività lasci il posto alla solidarietà; l’accumulazione alla condivisione; l’ambizione alla meditazione; l’aggressività al rispetto; l’idolatria del denaro allo spirito delle Beatitudini.
Aspiro a un Anno Nuovo di uccelli orchestrati dall’alba, fiumi denudati dalla trasparenza delle acque, polmoni che esultano per l’aria fresca e una tavola piena di cibo non inquinato.
Un Anno Nuovo che sia l’ultimo dell’Era della Fame.
Auguro un Felice Anno Nuovo di molta salute e pace ai miei pazienti lettori – quelli che sono d’accordo e anche quelli che non sono d’accordo.
Prego per un Anno Nuovo che non invecchi mai, così come le querce che ci danno ombra, la filosofia dei greci, la luce del sole, la saggezza di Giobbe, lo splendore delle montagne del Minas, la letteratura di Machado e Rosa.
Auguro un Anno Nuovo così nuovo che dia l’impressione che tutto rinasca: il giorno, l’esuberanza del mare, la speranza e la nostra capacità di amare. Tranne quello che in passato ci rendeva meno belli, generosi e solidali.

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