Rete di Trento Ottobre 2020
Trento, 28 ottobre 2020
Care amiche e cari amici della Rete trentina,
come vi avevamo promesso nella scorsa circolare, vi proponiamo alcuni spunti emersi dall’assemblea di FaRete, la rete delle organizzazioni di cooperazione e solidarietà internazionale del Trentino che riunisce più di 50 associazioni, tra cui la Rete Radié Resch, che è tra i soci fondatori. La sintesi che vi presentiamo è stata curata da Luigi Moser, che ha partecipato all’assemblea in rappresentanza della Rete, con l’aggiunta di alcune riflessioni tratte dalla relazione di Michele Nardelli sul tema “La cooperazione del cambiamento”.
L’assemblea, alla quale erano presenti 38 delle associazioni aderenti, si è svolta il 18 settembre scorso presso l’ex Convento degli Agostiniani, sede del Centro per la Cooperazione Internazionale (CCI), ed è stata introdotta da Pierino Martinelli, presidente di FaRete, il quale ha ricordato la ricorrenza del primo anno di vita dell’organismo (è stata costituita il 15 giugno 2019).
Chiara Sighele, direttrice del CCI, ha sottolineato le criticità relative ai rapporti con le istituzioni provinciali, soprattutto dopo la drastica riduzione dei fondi destinati alla cooperazione internazionale: criticità che hanno portato alle dimissioni del presidente del Centro, Mario Raffaelli, e che hanno fatto temere per la sopravvivenza del Centro stesso. Tra notevoli difficoltà si è deciso comunque di andare avanti, con fondi ridimensionati, con riduzione dell’attività e riassetto dell’organigramma.
“La situazione è difficile – ha concluso la direttrice – ma continueremo a fare opera di sensibilizzazione nei confronti della nostra comunità e cercheremo di ragionare su quali siano prioritariamente i servizi da valorizzare”.
L’assemblea è proseguita con l’approvazione del bilancio, che presenta un avanzo di gestione di circa 10.000 euro, accantonato come fondo in vista prossime operazioni/progetti.
Il momento centrale dell’incontro è stata la relazione di Michele Nardelli, che ha invitato gli operatori della cooperazione internazionale ad interrogarsi continuamente per capire il contesto in continua evoluzione in cui operano e il senso profondo della propria azione. In sintesi il pensiero di Nardelli è che la cooperazione internazionale deve essere costruzione di relazioni e non aiuto allo sviluppo. L’idea stessa di sviluppo e sottosviluppo che molti di noi hanno è infatti ampiamente superata. La convinzione che il mondo sia diviso tra paesi sviluppati e paesi sottosviluppati è sempre meno rispondente alla realtà. Questo non significa che non ci siano paesi impoveriti, ma in qualsiasi parte del mondo sviluppo e sottosviluppo si intrecciano. Dobbiamo chiederci, ha commentato Nardelli, se la nostra azione stimola dinamiche di cambiamento. Spesso abbiamo agito pensando di far diventare gli altri come noi, ritenendo che il nostro fosse il migliore dei mondi possibili. Senza pensare che le cause della povertà nascono proprio dal nostro mondo ricco e dalla pretesa che il nostro tenore di vita sia non negoziabile. Dobbiamo capire le dinamiche di potere che generano le povertà. Non è possibile gestire gli aiuti senza consapevolezza dei conflitti. Le crisi con cui abbiamo a che fare a livello planetario – sanitaria, demografica, migratoria, ambientale, economica, sociale, politica … – non sono emergenze, sono crisi strutturali. Prima di fare, di agire occorre studiare, capire. Ci sono tanti segnali che avrebbero potuto farci capire dove stavamo andando. Siamo in un mondo in cui le istituzioni non decidono più niente: sono altri i poteri reali, tra cui la criminalità organizzata e l’alta finanza, spesso intrecciate fra loro.
Nardelli ha citato l’affermazione di papa Francesco secondo cui “siamo dentro una terza guerra mondiale a pezzi”. Secondo il relatore il riferimento non era alle guerre in corso, o almeno non solo, ma piuttosto al conflitto tra inclusi ed esclusi. O cambiamo sistema e facciamo posto a tutti, in modo che nessuno sia escluso – ha commentato Nardelli – o continuiamo ad escludere strati sempre più ampi dell’umanità, fino a mettere in discussione la sopravvivenza stessa dell’umanità. È una guerra più subdola di quelle tradizionali, perché ci coinvolge tutti e ci chiede da che parte stiamo. Una parte dell’umanità sta consumando più di quanto il pianeta è in grado di produrre: viviamo in modo insostenibile e questo significa l’esclusione di qualcuno. Già oggi in Italia a metà maggio abbiamo consumato le risorse naturali dell’intero anno, per cui avremmo bisogno di 3 o 4 Italie per continuare con questo livello di consumo: è questa la terza guerra mondiale di cui parla Francesco, ha concluso Nardelli. Ecco perché non possiamo più guardare la realtà con gli occhiali di prima: dobbiamo riconsiderare il nostro modo di stare al mondo e di relazionarci con gli altri. E’ necessaria una cultura del limite. Il nostro compito non è essere cooperanti ma animatori di comunità. Dobbiamo cambiare rotta. E per farlo non dobbiamo cercare di adattarci alla realtà, ma cambiarla.
La relazione di Michele Nardelli ha suscitato notevole interesse. Per chi fa parte della Rete Radié Resch, in realtà, molti dei concetti espressi dal relatore sono tutt’altro che nuovi. Fin dalla sua nascita la Rete ha posto l’accento sull’importanza delle relazioni più che sulla ricerca del risultato, consapevole che le strutture che generano povertà e ingiustizia nascono dal nostro modello di sviluppo. Per questo la Rete ha sempre privilegiato il sostegno a comunità piccole e significative che si pongono in modo alternativo al modello economico dominante. Questa consapevolezza è stata fin dall’inizio la peculiarità della Rete rispetto a tante altre realtà impegnate negli “aiuti” internazionali. Ne è una prova proprio la Circolare nazionale di questo mese, scritta dalla Rete di Cagliari e allegata alla presente, in cui si esplicitano i valori e le sensibilità della Rete Radié Resch fin dalle sue origini.
A conclusione dell’assemblea, il presidente di FaRete, Martinelli, ha ricordato ancora la difficoltà di rapportarsi con l’amministrazione provinciale. Ci siamo adoperati per evitare lo scontro – ha detto – e abbiamo continuato a tessere relazioni, a volte con senso di frustrazione, ma senza mai perdere la speranza.
E con l’invito a non perdere mai la speranza porgiamo i più cari saluti a tutte e tutti
Fulvio Gardumi e Luigi Moser