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Rete di Quarrata Dicembre 2022

Carissima, carissimo,
vent’anni fa avevamo sognato, noi di una certa età, che il cambio di millennio avrebbe fatto da barriera alle guerre, tutte da lasciare nel cosiddetto secolo breve delle guerre mondiali e degli stermini. Così non è stato e ci troviamo ad oggi con cinquantanove guerre nel mondo.
La guerra in Ucraina ha deluso i nostri sogni di un mondo in cui la mondializzazione del commercio diventasse mondializzazione dei diritti e dei doveri, per abitare insieme in pace la casa comune. Popolazioni e luoghi fragili pagano per primi il conto per  tutti di un ambiente maltrattato: con siccità, inondazioni, malattie, innalzamento delle temperature,  sofferenza per tutti i viventi, piante e animali compresi.
Il virus non si è stancato di mutare e ci ha privato delle nostre abitudini quotidiane. Da poco stiamo riconquistandole a fatica  e con tanta incertezza. Solo di rado il lavoro diventa una base su cui costruire una famiglia. E anche gli effetti sembrano segnati dall’evanescenza. Forse è l’incertezza il sentimento comune che ci abita in questo tempo: viviamo con l’ombrello sempre aperto.
Si pone dunque il problema di che cosa sia legittimo sperare. Tanti si rassegnano all’ingiustizia e cercano spazi individuali di felicità; altri si lasciano andare allo scoraggiamento; altri ancora lottano comunque tenacemente per la giustizia e vivono la fraternità.
La COP 27 è stata un fallimento, non mi aspettavo niente e niente è successo se non le medesime promesse. Mi è sembrato di tornare al vertice di Rio de Janeiro quando le promesse e gli accordi tra capti di Stato si sono sprecati.
Eppure al termine del vertice di Rio 92, con Alex Langer e tanti altri amici,  partimmo fiduciosi per Manaus dove avevamo organizzato un convegno di una settimana sull’Amazzonia. Convegno indetto dalla chiesa brasiliana e quella italiana. Passammo dalle grandi analisi intellettuali con le grandi denunzie dello  stato del pianeta, allo scambio di  esperienze con comunità indigene,  visitandole lungo il Rio Amazonas. Al termine c’era una grande fiducia per ciò che ascoltammo e vedemmo da parte delle comunità indigene. Ripartimmo pensando che il popolo indigeno avesse la capacità di invertire la tendenza allo sfruttamento a cui era sottoposto dall’allora governo brasiliano.
Oggi,  la crisi climatica, per essere affrontata, ha bisogno di una governance globale: altra chimera?
Le emissioni di gas serra stanno già provocando l’innalzamento del livello del mare, la riduzione del ghiaccio marino e montano. Il caldo eccessivo di questa estate ha scatenato enormi incendi. La calotta polare della Groenlandia sta collassando mentre la salute umana è sempre più minacciata dall’inquinamento atmosferico ed esposta a malattie infettive.
Noi umani siamo  a rischio di estinzione, a causa di un’insensata disuguaglianza sociale, dell’aggressione all’ambiente e di un modello di consumo insostenibile nei Paesi ricchi, imposto dal capitalismo con la sua logica centrata sul profitto.
Il cambiamento climatico è permanente e si manifesta con intense ondate di calore, riscaldamento globale, piogge torrenziali, cicloni tropicali e scomparsa dell’acqua in diverse regioni del Pianeta che ha prodotto 90 milioni di rifugiati climatici.
La foresta amazzonica   estesa in  9 Paesi, ha già perso il 30% della sua copertura vegetale, per produrre  legname  e far posto al bestiame e  alla soia, esportati in Europa e Cina.
Siamo ancora in  tempo per salvarci. E con noi la nostra Casa Comune, il pianeta Terra. Per questo dobbiamo avere il coraggio di adottare misure concrete e urgenti a livello globale, vietando di impoverire  le aree forestali native, impedire l’uso di pesticidi e sementi transgeniche in agricoltura, vietare l’attività estrattiva nei territori delle popolazioni indigene e delle comunità tradizionali nelle aree d protezione ambientali ecc.
Duemila anni fa, è venuto fra noi un uomo del tutto comune e del tutto straordinario. Ha osato credere, ha osato piegare la sua vita ad un progetto di un mondo riscattato dalla schiavitù del male, ha saputo amare anche chi lo inchiodava a una legno. La speranza porta il suo nome.
Chi crede in lui, ne riceve forza per camminare sulle sue tracce, attratto dalla stessa invincibile speranza. Come tutti, non ho alcuna certezza su come sarà il futuro prossimo ma,  riposo il mio cuore nella convinzione che Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio e  lasciarci pervadere da questo amore. Vivere la prossimità nel quotidiano è mettere in atto la speranza che ci viene dal Natale, con la sua nuova “luce” segno di nascita e rinascita. La vita è possibile solo dove c’è luce, perchè ha un effetto terapeutico e interiore. 
Se in tale contesto si pensa che ancora vi sono le ferite del Covid, le piaghe della guerra e una crisi economica con pochi precedenti. Forse possiamo pensare al Natale come un toccasana anziché farci esclusivamente prendere dalla pur fisiologica nostalgia di tempi andati. In fondo dipende da noi che possiamo provare ad essere artefici del nostro destino laddove le condizioni lo permettano. Se vogliamo, per molti di noi il Natale può certamente essere “luce”. Sogno un Natale in cui accendiamo il fuoco, ricordandoci che a nascere è Gesù. A volte, o spesso, invece illuminiamo come se dovessimo “accendere” le vetrine, le luminarie, le pubblicità, i video, i social, così per avere un po’ di luce, di fuoco. Spesso inseguiamo la luce per avere qualcosa che un poco scalda la vita, ma di certo non la soddisfa, non la riempie. A volte sembriamo persi tra festoni e luminarie, in attesa di non si sa cosa. O forse inconsciamente lo sappiamo.

Forse attendiamo un annuncio. Forse questo tripudio di luce si dimentica il “perché” a vantaggio del “come”. Tanti cuori confusamente desiderano incontrare una luce. La luce, badiamo bene, non deve per forza venderci qualcosa. Non deve rischiare di spegnersi in poco tempo. La luce, quella i cui raggi penetrano in profondità, scalda cuore e anima. La luce di cui parlo è l’alba dell’incontro con la nostra vera interiorità e con la nostra spiritualità. È la luce del Natale vero. Quello che non si vende ma riempie il cuore di ognuno di noi.

Buone feste, antonio

 

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