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Carissima, carissimo,
vent’anni fa avevamo sognato, noi di una certa età, che il cambio di millennio avrebbe fatto da barriera alle guerre, tutte da lasciare nel cosiddetto secolo breve delle guerre mondiali e degli stermini. Così non è stato e ci troviamo ad oggi con cinquantanove guerre nel mondo.
La guerra in Ucraina ha deluso i nostri sogni di un mondo in cui la mondializzazione del commercio diventasse mondializzazione dei diritti e dei doveri, per abitare insieme in pace la casa comune. Popolazioni e luoghi fragili pagano per primi il conto per  tutti di un ambiente maltrattato: con siccità, inondazioni, malattie, innalzamento delle temperature,  sofferenza per tutti i viventi, piante e animali compresi.
Il virus non si è stancato di mutare e ci ha privato delle nostre abitudini quotidiane. Da poco stiamo riconquistandole a fatica  e con tanta incertezza. Solo di rado il lavoro diventa una base su cui costruire una famiglia. E anche gli effetti sembrano segnati dall’evanescenza. Forse è l’incertezza il sentimento comune che ci abita in questo tempo: viviamo con l’ombrello sempre aperto.
Si pone dunque il problema di che cosa sia legittimo sperare. Tanti si rassegnano all’ingiustizia e cercano spazi individuali di felicità; altri si lasciano andare allo scoraggiamento; altri ancora lottano comunque tenacemente per la giustizia e vivono la fraternità.
La COP 27 è stata un fallimento, non mi aspettavo niente e niente è successo se non le medesime promesse. Mi è sembrato di tornare al vertice di Rio de Janeiro quando le promesse e gli accordi tra capti di Stato si sono sprecati.
Eppure al termine del vertice di Rio 92, con Alex Langer e tanti altri amici,  partimmo fiduciosi per Manaus dove avevamo organizzato un convegno di una settimana sull’Amazzonia. Convegno indetto dalla chiesa brasiliana e quella italiana. Passammo dalle grandi analisi intellettuali con le grandi denunzie dello  stato del pianeta, allo scambio di  esperienze con comunità indigene,  visitandole lungo il Rio Amazonas. Al termine c’era una grande fiducia per ciò che ascoltammo e vedemmo da parte delle comunità indigene. Ripartimmo pensando che il popolo indigeno avesse la capacità di invertire la tendenza allo sfruttamento a cui era sottoposto dall’allora governo brasiliano.
Oggi,  la crisi climatica, per essere affrontata, ha bisogno di una governance globale: altra chimera?
Le emissioni di gas serra stanno già provocando l’innalzamento del livello del mare, la riduzione del ghiaccio marino e montano. Il caldo eccessivo di questa estate ha scatenato enormi incendi. La calotta polare della Groenlandia sta collassando mentre la salute umana è sempre più minacciata dall’inquinamento atmosferico ed esposta a malattie infettive.
Noi umani siamo  a rischio di estinzione, a causa di un’insensata disuguaglianza sociale, dell’aggressione all’ambiente e di un modello di consumo insostenibile nei Paesi ricchi, imposto dal capitalismo con la sua logica centrata sul profitto.
Il cambiamento climatico è permanente e si manifesta con intense ondate di calore, riscaldamento globale, piogge torrenziali, cicloni tropicali e scomparsa dell’acqua in diverse regioni del Pianeta che ha prodotto 90 milioni di rifugiati climatici.
La foresta amazzonica   estesa in  9 Paesi, ha già perso il 30% della sua copertura vegetale, per produrre  legname  e far posto al bestiame e  alla soia, esportati in Europa e Cina.
Siamo ancora in  tempo per salvarci. E con noi la nostra Casa Comune, il pianeta Terra. Per questo dobbiamo avere il coraggio di adottare misure concrete e urgenti a livello globale, vietando di impoverire  le aree forestali native, impedire l’uso di pesticidi e sementi transgeniche in agricoltura, vietare l’attività estrattiva nei territori delle popolazioni indigene e delle comunità tradizionali nelle aree d protezione ambientali ecc.
Duemila anni fa, è venuto fra noi un uomo del tutto comune e del tutto straordinario. Ha osato credere, ha osato piegare la sua vita ad un progetto di un mondo riscattato dalla schiavitù del male, ha saputo amare anche chi lo inchiodava a una legno. La speranza porta il suo nome.
Chi crede in lui, ne riceve forza per camminare sulle sue tracce, attratto dalla stessa invincibile speranza. Come tutti, non ho alcuna certezza su come sarà il futuro prossimo ma,  riposo il mio cuore nella convinzione che Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio e  lasciarci pervadere da questo amore. Vivere la prossimità nel quotidiano è mettere in atto la speranza che ci viene dal Natale, con la sua nuova “luce” segno di nascita e rinascita. La vita è possibile solo dove c’è luce, perchè ha un effetto terapeutico e interiore. 
Se in tale contesto si pensa che ancora vi sono le ferite del Covid, le piaghe della guerra e una crisi economica con pochi precedenti. Forse possiamo pensare al Natale come un toccasana anziché farci esclusivamente prendere dalla pur fisiologica nostalgia di tempi andati. In fondo dipende da noi che possiamo provare ad essere artefici del nostro destino laddove le condizioni lo permettano. Se vogliamo, per molti di noi il Natale può certamente essere “luce”. Sogno un Natale in cui accendiamo il fuoco, ricordandoci che a nascere è Gesù. A volte, o spesso, invece illuminiamo come se dovessimo “accendere” le vetrine, le luminarie, le pubblicità, i video, i social, così per avere un po’ di luce, di fuoco. Spesso inseguiamo la luce per avere qualcosa che un poco scalda la vita, ma di certo non la soddisfa, non la riempie. A volte sembriamo persi tra festoni e luminarie, in attesa di non si sa cosa. O forse inconsciamente lo sappiamo.

Forse attendiamo un annuncio. Forse questo tripudio di luce si dimentica il “perché” a vantaggio del “come”. Tanti cuori confusamente desiderano incontrare una luce. La luce, badiamo bene, non deve per forza venderci qualcosa. Non deve rischiare di spegnersi in poco tempo. La luce, quella i cui raggi penetrano in profondità, scalda cuore e anima. La luce di cui parlo è l’alba dell’incontro con la nostra vera interiorità e con la nostra spiritualità. È la luce del Natale vero. Quello che non si vende ma riempie il cuore di ognuno di noi.

Buone feste, antonio

 

Circolare mese di Dicembre

Vorrei condividere con la Rete questa esperienza della Tenda per la Pace di Empoli, un segno, un simbolo, uno stimolo nel mare dell’indifferenza, che caratterizza anche questo Natale, rispetto ai temi cari a tutti noi.

Metti una tenda in piazza, un presidio permanente dove ogni giorno, a partire dal 20 luglio 2022, si alternano singoli e associazioni per dire NO alla guerra in Ucraina e a ciascuna delle guerre che insanguinano il nostro mondo. Ogni giorno, per un’ora dalle 18 alle 19.

Siamo al 144 giorno e si sono alternate oltre 150 persone.

Una cosa simile, molto bella, aveva fatto la Comunità delle Piagge (don A.Santoro, il gruppo dei Disobbedienti di Firenze & C.) con il digiuno di giustizia per i migranti OGNI giovedi sotto il palazzo della Regione, per centinaia di giorni giorni.

Il nostro manifesto, le nostre richieste sono quelle che vi allego nel Comunicato stampa stilato pochi giorni fa dopo la decisione (scontata) del governo Meloni sull’invio di armi anche per il 2023.

In silenzio, oppure leggendo poesie, cantando, distribuendo volantini, facendo cartelloni, disegni , video, balli popolari, ecc., cerchiamo di ricordare, alle persone che passano, le atrocità delle guerre e il dolore di chi le subisce.

A volte è frustrante, a volte esaltante, a volte riscopriamo il senso di parlare con la gente, la più varia, non quella selezionata che viene ai dibattiti.

Abbiamo avuto vari ‘ospiti’ che si sono fermati a parlare e a farsi intervistare per dare il loro sostegno:

Associazioni come: Scouts, Uisp, Arci, Anpi, Lilliput, Atlante delle guerre e dei conflitti

Don Andrea Bigalli (Libera e non solo) L’Imam di Firenze

Il preposto della Collegiata di Empoli

Marcelo Barros

Olga e altre donne dell’Ucraina

Chiara Riondino (cantautrice) Alice Pistolesi (giornalista)

don Mario Costanzi, con la sua chitarra e le sue canzoni Mirincoro

Sandra Gesualdi Beniamino Deidda

Che fare di questa preziosa esperienza? Come continuare a portarla avanti? Qual è il suo valore? Mera testimonianza? Punto di riferimento?

Sicuramente vorremmo tenere il filo di una matassa che non perda MAI di vista il fatto che la pace è una priorità . Sempre.

Quindi l’iniziativa mantiene il suo alto (benchè inascoltato) valore POLITICO. Le istituzioni locali ci hanno concesso lo spazio fisico, dove ogni giorno montiamo la Tenda, ma ci ignorano. Ora siamo ‘assediati’ dalle bancarelle, stand, luci, alberi, casette, auto in esposizione…insomma il Natalone tutto commerciale di Empoli.

E’ un cammino in fieri. Resisteremo fino alla fine della guerra, come ci eravamo proposti all’inizio?

Comitato Empoli per la Pace

COMUNICATO STAMPA

Il Comitato Empoli per la Pace ribadisce un nuovo fermo “no all’invio delle armi in Ucraina” deciso dal governo Meloni.

Il consiglio dei ministri presieduto dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha deciso di prorogare la decisione dell’invio di armi all’Ucraina fino al dicembre del 2023. In continuità con le decisioni adottate dal precedente governo Draghi, Giorgia Meloni dopo aver avuto l’approvazione della Camera, ha dato il via libera al cosiddetto “Decreto Nato” che prevede di fornire all’Ucraina materiali ed equipaggiamenti militari per combattere l’invasione russa, per tutto il prossimo anno.

A breve potrebbe essere emanato il sesto decreto per gli aiuti all’Ucraina che, con l’avvicinarsi dell’inverno ha avanzato la richiesta di sistemi di difesa aerea per far fronte ai continui bombardamenti.

Il Comitato Empoli per la Pace, fin da subito, ha contrastato la decisione presa dai governi italiani. E ribadisce ancora una volta e con maggiore forza: no alle armi, sì alla diplomazia.

Il Comitato ha cercato di contrastare questa decisione e di coinvolgere l’opinione pubblica con diverse iniziative. Prima lanciando una petizione, poi con l’organizzazione di una Notte Bianca servita a discutere, con esperti, le questioni del conflitto. E, adesso, con l’iniziativa in corso della Tenda della pace, presidiata, ogni giorno ormai da 136 giorni, dai cittadini, nella centralissima piazza della Vittoria. Con la manifestazione che ha coinvolto numerosi cittadini proprio nello spazio adiacente alla tenda (scrivendo la parola “Pace” con le fiaccole dei partecipanti) e con una massiccia presenza alla manifestazione nazionale che si è tenuta all’inizio di novembre a Roma.

Anche stavolta il Comitato promotore di Empoli per la Pace dice NO all’invio di armi.

Siamo solidali con i cittadini ucraini vittime di una aggressione da parte della Russia, con le vittime di tutte le altre guerre dimenticare, con chi in Russia si batte per la pace e con chi ha subito persecuzioni antirusse”, è il principio ispiratore del Comitato empolese.

La richiesta del Comitato Empoli per la Pace alle istituzioni nazionali e internazionali è chiara:

  • che si fermi l’invio delle armi, sempre più potenti e letali, per riaprire lo spazio della diplomazia
  • Di investire tutte le energie possibili in uno sforzo diplomatico che possa avvicinare le forze in conflitto: un’attività diplomatica e di dialogo che oggi può apparire difficile ma che, ne siamo certi, sia l’unica che può portare a una ricomposizione del conflitto
  • Di coinvolgere in questa attività le più importanti istituzioni internazionale
  • Di fermare la corsa al riarmo
  • Di portare avanti con forza il percorso per l’eliminazione delle armi nucleari che rappresentano il pericolo più grande per la sopravvivenza dell’umanità. In questo senso l’Italia dovrebbe ratificare il trattato di proibizione delle armi nucleari.

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