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Circolare nazionale Giugno 2023

CIRCOLARE DI GIUGNO – RETE DI TORINO & DINTORNI

Noi della Rete Radiè Resch spesso parliamo di un “qui “e di un “là” rischiando a volte di chiuderci in categorie che in questo nostro mondo fluido sono ormai anacronistiche.

Credo che questa dimensione fluida del nostro esistere abbia anche una connotazione positiva: infatti esprime anche movimento, cambiamento, dinamicità, aspetti che caratterizzano le società in cui viviamo, le nostre famiglie, le nostre storie personali.

I popoli si muovono – come sempre è stato – in molte direzioni. Siamo un po’ tutti migranti: chi per fuggire dalle guerre, dalla povertà, dalle persecuzioni; chi in cerca di un impiego dopo un percorso di studi che non trova sbocco nel proprio paese, oppure per la propria attività lavorativa, o ancora perché desidera vivere nuove avventure in un posto sconosciuto.

Capita però di mettersi in movimento, di cambiare qualcosa nella propria vita pur rimanendo a casa, nella propria città, nel proprio Paese.

È ciò che stiamo vivendo noi da quando Turky è entrato nella nostra famiglia, circa un anno e mezzo fa.

Turky aveva 17 anni quando è arrivato in Italia nell’ottobre 2021 grazie a” Pagelle in tasca” un progetto realizzato da Intersos e che che descrivo brevemente qui sotto trascrivendo dal sito dell’organizzazione:

Il progetto “PAGELLA IN TASCA – Canali di studio per minori rifugiati” è un progetto pilota che ha l’obiettivo di promuovere l’ingresso con un visto per studio di 35 minori non accompagnati attualmente rifugiati in Niger, affinché possano avere l’opportunità di venire in Italia a studiare senza dover rischiare la vita su un barcone nel Mediterraneo.

Si tratta della prima sperimentazione a livello internazionale di un complementary pathway per minori non accompagnati, un nuovo canale di ingresso regolare e sicuro fortemente innovativo rispetto ai canali ad oggi attivi, in quanto:

  • è dedicato specificamente alla protezione dei minori non accompagnati, attualmente esclusi dai corridoi umanitari da paesi extra-UE e dalla maggior parte degli altri canali di ingresso;

  • è finalizzato alla promozione del diritto allo studio ed è fondato sul rilascio di un visto di ingresso per studio non universitario, previsto dalla legge italiana per minorenni tra i 15 e i 17 anni, ma ad oggi mai utilizzato per promuovere l’ingresso di minori rifugiati;

  • prevede che i ragazzi vengano accolti da famiglie affidatarie, a differenza di quanto accade alla quasi totalità dei minori non accompagnati presenti in Italia, che sono accolti in strutture per minori. Si tratta di un meccanismo di community sponsorship, che prevede, al fianco delle famiglie, anche il coinvolgimento di tutori volontari e organizzazioni del privato sociale, con un ruolo centrale dei Comuni e delle scuole.

Mi piace sottolineare che questo progetto ha il pregio di aver usufruito di una legge già in vigore ma mai applicata a minori stranieri non accompagnati.

Trovo molto interessante che dall’incontro di leggi istituzionali e organizzazioni attente ed illuminate possano nascere iniziative capaci di creare nuovi percorsi per chi realizza il progetto stesso e nuove prospettive per chi ne beneficia.

Purtroppo spesso risorse e opportunità messe in campo anche in ambito istituzionale e progetti realizzati negli stessi ambiti che beneficerebbero di esse viaggiano su binari paralleli rendendo vana la possibilità di creare sinergie e collaborazioni.

Per rendere realizzabile questo progetto di affido di minori stranieri non accompagnati è stato fondamentale unire diverse forze, istituzionali e non, diventando perfino un modello a cui anche altri paesi si stanno ispirando.

Diventare famiglia affidataria per noi significava dare a Turky l’opportunità di realizzare il suo sogno di studiare. Ciò che ci ha spiazzati è stato accorgerci che Turky è un ragazzo che, come tutti gli altri ragazzi arrivati con lui, vive nella contraddizione di cercare da un lato di diventare come “noi” e dall’altro di conservare e difendere la sua identità. Vediamo in lui la volontà di identificarsi nel modello nord-euro-occidentale soprattutto nei suoi aspetti peggiori: la ricerca della ricchezza, il consumismo, l’individualismo. Allo stesso tempo però percepiamo il suo orgoglio di appartenere ad una cultura che, per alcuni aspetti considera “migliore” della nostra e che lo autorizza a criticare il nostro modo di vivere.

Relazionarci con Turky è come guardarsi in uno specchio: in lui vediamo le contraddizioni del nostro “qui” ma al tempo stesso vediamo anche quelle del suo “là”.

Appartenere al “qui” o al “là” non è più, quindi una questione geografica, ma di senso della vita, di valori, di riferimenti.

L’unico modo per superare questo dualismo è contaminarsi, modificarsi, essere disposti a cambiare prospettive, paradigmi

Quando due mondi si incontrano, inevitabilmente gli equilibri cambiano, si iniziano a percorrere nuove strade. Ci si rende conto che i registri comunicativi sono diversi, come anche il modo di intendere le relazioni reciproche. Il significato stesso e il valore di realtà come famiglia, casa, tempo, sono differenti. Parole come rispetto, fiducia, affetto, possono esprimere concetti diversi.

Tutti ci siamo messi in movimento: imparando a cucinare e a mangiare cibi nuovi; modificando quegli atteggiamenti che potrebbero essere fraintesi e provocare sofferenza; modificando alcune abitudini; imparando a conoscere le nostre reciproche culture e individuandone ricchezze e limiti.

Inizialmente pensavamo che le difficoltà sarebbero state abituarsi a relazionarsi con un ragazzo che ha una cultura diversa, che ha abitudini differenti. Invece la sfida più grande per noi è cercare di aiutarlo a prendere coscienza dell’iniquità del modello nord-euro-occidentale che sembra capace di fagocitare anche le menti e i cuori di chi ha vissuto su di sé gli effetti di tale modello: l’ingiustizia, la povertà, il sopruso, la violenza,

Quando parliamo di valori, così cari alla Rete come la giustizia, la difesa dei diritti nei confronti dei più fragili e di chi non ha voce, la solidarietà, la cura dell’ambiente, la gratuità, ci rendiamo conto che Turky fa fatica a riconoscersi in essi. Aver vissuto il dramma della guerra in Sudan, essere dovuto scappare a 9 anni con la mamma in Libia, essersi separato da lei a causa della prigionia, essere scappato da solo per ritrovarsi prima in Niger e poi in Algeria; essere nuovamente catturato e rimandato in un campo profughi in Niger prima di riuscire ad aderire al progetto di Pagelle in tasca, sicuramente gli ha insegnato che ognuno deve combattere la propria battaglia da solo per sopravvivere.

Per tutto ciò sentiamo forte la responsabilità di essere il più possibile coerenti con i valori che vogliamo testimoniare, sia nelle piccole che nelle grandi scelte quotidiane: è in gioco la nostra credibilità.

Certo non sempre è semplice vivere questa esperienza, perché è un continuo ridefinirsi, rimettere tutto in discussione, rivedere punti di vista. Nonostante ciò sono contenta di aver intrapreso questo cammino perché mi ha permesso di scoprire nuovi mondi: mondi propri di un’altra cultura, mondi nascosti nel cuore di un ragazzo che è dovuto fuggire dalla sua terra, dalla sua famiglia, dalla sua storia, ma soprattutto ho scoperto una parte di mondo che era dentro di me e che ancora non conoscevo.

Desideravo condividere con voi tutti questa nostra esperienza perché la considero una grande ricchezza, un grande dono e, come tale, ha valore solo se condiviso.

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