Circolare nazionale Marzo 2023
Essere parte della Rete Radiè Resch non può che essere, oggi, per donne e uomini di speranza.
Speranza di intessere relazioni umane significative con coloro che si incontrano, speranza di collaborare concretamente nella giustizia verso un mondo più equo, speranza nella possibilità di umanizzare l’umanità.
Internet oggi ci permette di essere in una connessione perenne e di essere informati su ciò che accade molto lontano e vicino a noi. Sono notizie che entrano nel campo della nostra attenzione, ma accade che il loro valore, la loro significatività dipenda poi da molti fattori: ad esempio può diventare realmente significativa se conosciamo in qualche modo le persone coinvolte, se è possibile che accada anche a noi, può dipendere da cosa ne pensano i nostri amici, ma anche se abbiamo la pancia piena, se stiamo bene in salute…
Ecco… in questo tempo colgo in me – e in molte persone che mi sono vicine – che l’abbondanza di notizie che mi arrivano amplificate dai media, a cui posso aggiungere quelle che cerco per la personale sete di “controinformazione”, il più delle volte sortisce l’effetto non voluto di una spiacevole ansia.
La propaganda della guerra così vicina al cuore dell’Europa, la siccità che avanza e colpisce popoli che non potranno più abitare le terre dei loro avi, i racconti delle donne in Iran, la subalternità dell’Italia a chiunque prometta un rinnovamento economico di cui sappiamo già il prezzo, la distruzione di tanta parte di foresta amazzonica e dei popoli indigeni, ancora i morti nel Mediterraneo, ma anche la Bolivia, Haiti, Taiwan, il Corno d’Africa, e tutto ciò che conosciamo anche dai nostri testimoni sono solo alcune delle realtà che ci raggiungono quotidianamente.
Le risposte individuali alla conoscenza di tante sofferenze possono essere diverse: indifferenza, immobilismo, catastrofismo, ma anche eco ansia, con paura del futuro e rinuncia alla speranza per la preoccupazione degli scenari ambientali.
Alcuni di noi (del gruppo di Torino) lavorano con i più giovani e gli emarginati nel campo della salute mentale: le sofferenze individuali tendono a chiudere lo sguardo ad un sociale più allargato e la partecipazione non è più uno strumento di denuncia. Una “lettura“ del significato dei tagli che i ragazzi infliggono ai loro corpi indica proprio come sia un modo di affermare una qualche volontà, non esprimibile nel sociale, ma solo su di sé.
Come non farsi invadere dalla contemporaneità di tanto male? Come non rifugiarsi nel “piccolo giardino privato”?
Ciascuno di noi avrà certo la propria risposta.
Coltivare la bellezza nei gesti quotidiani. Essere pronti a relazionarsi con tutti in pace. Guardare ai gruppi e alle comunità che si sentono protagonisti del futuro, giovani e meno giovani. Approfondire il proprio credo religioso. Stare in ascolto per cogliere l’energia delle comunità “resistenti“. Frequentare bambini piccoli.
Quali altri modi, oggi, per moltiplicare la speranza? Condividiamoli… “La speranza è come una strada nei campi, non c’è mai stata una strada, ma quando molte persone vi camminano la strada prende forma“ (Yutang Lin)
Luciana Gaudino, Rete Torino e dintorni