Rete di Trento

Trento e Rovereto, come sapete, hanno da due anni e mezzo sui migranti un progetto della Rete.
Fulvio Gardumi aveva dato relazione in recenti coordinamenti dei fatti principali con cui in questo periodo si era cercato di costruire l’aiuto a 7 immigrati, sei africani e un pakistano che ci erano stati segnalati da volontarie locali di Trento e Rovereto ( che li seguivano dal 2011 ) come particolarmente in difficoltà’. La Rete aveva pensato di poter collaborare garantendo, se necessario, per loro il pagamento dell’affitto del posto letto (200- 240 euro mensili) e aiutandoli nella ricerca di qualche lavoro.
Quando li abbiamo incontrati all’inizio abbiamo incrociato visi e occhi dubbiosi, spauriti. Parlavano pochissimo, comprensibilmente, ma non solo perché non conoscevano la lingua. Alcuni di loro, ci dicevano le volontarie con cui abbiamo cominciato a collaborare, per anni non sono quasi riusciti a dire qualcosa di se’ e poi hanno iniziato solo con qualcuna di cui si fidavano; ma avevano dentro angosce, per i loro familiari per esempio, perché’ dopo anni non sapevano e non sanno ancora adesso se siano vivi o morti.
Qui gli immigrati hanno presto cercato di trovare qualche occupazione: infatti le finanze locali non li aiutano più una volta che sono usciti dal programma di protezione e hanno ottenuto il permesso di soggiorno: a quel punto devono sostenersi da soli. Quindi cercano un’occupazione per sopravvivere. Ma e’ sempre molto difficile. Oggi uno è occupato, stagionalmente, in agricoltura, uno nel turismo, uno nell’industria. Per gli altri la Rete – anche costituendo una associazione di promozione sociale per regolarizzare la loro situazione di lavoratori – ha cercato lavoro a lungo e con difficoltà’: oltre che in agricoltura e piccoli lavori di manutenzioni, nel settore della distribuzione di stampa pubblicitaria, che sembra adesso avviarsi verso una certa consistenza, come detto nella relazione ai coordinamenti. Altri trovano lavoretti molto precari, o collaborano in occasione di cene etniche. Ma molto spesso non riescono a coprire le spese per alloggio e vitto. Tutti seguono i corsi obbligatori di italiano. Due hanno fatto la scuola-guida e conseguito la patente ( qualcuno nel suo paese guidava già, ma secondo noi sono stati bravi nell’affrontare e superare gli esami teorici.) Una aderente alla rete locale ha dato loro lezioni pratiche di guida e ne sta aiutando un terzo. Un’altra sta tenendo lezioni di sicurezza sul lavoro.
Quando l’associazione di promozione sociale è stata chiusa da parte della Rete a causa dell’eccesso di burocrazia e’ stata trasformata in impresa, gestita da un immigrato pachistano che si è offerto di cercare lavori anche per qualcuno del gruppo aiutato dalla Rete, perché lui stesso era stato aiutato al suo arrivo in Italia.
Attraverso il rapporto ormai abbastanza stretto con questi immigrati vediamo poi emergere ogni tanto tratti delle loro abitudini di vita, culture, personalità’. Che fanno con le nostre a volte comunanze, a volte diversità .. e pongono questioni anche serie.
Nel novembre scorso abbiamo avuto casualmente notizia di un’iniziativa promossa dall’Associazione per la pace di Rivoli (TO) sollecitata da quella amministrazione comunale: l’allestimento di una interessantissima mostra sul percorso di conoscenza e relazioni fatto con alcuni migranti. Invitati a raccontare qualcosa di se’, dei loro paesi, fermandosi su aspetti più “leggeri” come abitudini, musica, leggende, proverbi; oppure a scoprire la città dove sono arrivati e l’aspetto geografico dei rispettivi paesi e del nostro; a visitare alcune aziende produttive locali; a capire meglio come rapportarsi con gli italiani per non essere fraintesi ecc.. All’allestimento della mostra avevano collaborato volentieri gli stessi immigrati.
Alcune volontarie di Rovereto hanno richiesto la mostra, l’hanno modificata per gli aspetti relativi all’attività locale, e proposta in versione digitale facile da duplicare e diffondere. Cercheremo di portarne copia al coordinamento di Rovereto.
La conoscenza delle capacità lavorative degli immigrati, e di quello che facevano al loro paese, ci sembra un aspetto importante da approfondire. Quando essi si trovano a collaborare, ad esempio con l’ente pubblico, in lavori che gli sono familiari come quelli di cura delle piante e del terreno, sono tutti felici e raccontano: Lo sappiamo fare, perché lo facevamo anche a casa.
“Siamo capaci di lavorare – ci richiamano altri, come ci ha detto la circolare nazionale di febbraio curata dalla rete di Varese – e di fare tanti mestieri…Nei nostri paesi abbiamo imparato a essere utili… Vogliamo farci conoscere per costruire insieme un percorso di reciproco rispetto..”
Un caro saluto dalla
Rete di Trento -Rovereto