Carissima, carissimo,
questa pandemia ci sta insegnando una cosa importante, che nessuno si salva da solo, che la nostra vita (anche se non lo vogliamo) è connessa con il resto del mondo e che ne possiamo uscire solo tutti insieme. Lo abbiamo annunciato con uno slogan dai balconi nella primavera di 2 anni fa con quel “Ce la faremo”.
La lezione dei vaccini sta nella vittoria del “noi” sull’io”, sul farsi carico tutti insieme di questo tempo e di prodigarsi per dare ciascuno il proprio contributo per uscire dalla pandemia. Facile a dirsi e difficile a farsi. Ragionare in termini di “noi” è scomodo, ci costringe ad uscire dalle nostre sicurezze ed ad affrontare nuove esperienze. Per indole a nessuno piace cambiare se non si è costretti, troveremo mille motivi per desistere.
Questa pandemia ci sta insegnando che coltivare solo il proprio orticello non è la soluzione. La paura non può avere la meglio sul futuro. Ce lo ricorda Papa Francesco parlando dei vaccini come di “un atto di amore disinteressato, come di un modo semplice ma profondo di promuovere il bene comune e di prenderci cura gli uni degli altri”, bisogna intervenire a livello globale, far sì che anche ai paesi più poveri sia consentito l’accesso ai vaccini.
Con la pandemia le disuguaglianze sono aumentate.
Si è indebolire il diritto alla scuola, alla mobilità, alla formazione lavorativa, allo sport, alla fruizione della cultura, della natura, dell’intrattenimento, al gioco, alla convivialità e alla condivisione. Ciò ha significato allargare la forbice fra coloro che vedono garantito tutto questo dal normale stato di diritto e fra i pochi fortunati che riescono ad accedervi, anche in una situazione di emergenza, grazie a risorse e spazi privati.
Quello che abbiamo appena descritto è il risultato più nefasto della pandemia, ovvero un’accelerazione spaventosa delle diseguaglianze a livello mondiale.
A certificare questo vero e proprio solco tracciato tra ricchi e poveri, l’ultima in ordine di tempo, è stata l’Ong Oxfam, tramite il rapporto “La pandemia della diseguaglianza”, pubblicato a metà gennaio.
Lo studio rileva che nei primi 2 anni di pandemia i 10 uomini più ricchi del mondo hanno più che raddoppiato i loro patrimoni, passati da 700 a 1.500 miliardi di dollari, al ritmo di 15.000 dollari al secondo, nello stesso periodo si stima che 163 milioni di persone siano cadute in povertà a causa della pandemia.
Sempre per rendere l’idea vale la pena riportare qualche altro dato raccolto dalla Ong. “In questo momento le 10 persone più ricche del mondo detengono una ricchezza sei volte superiore al patrimonio del 40% più povero della popolazione mondiale, composto da 3,1 miliardi di persone” ha spiegato Gabriela Bucher, direttrice di Oxfam International. E ancora, il surplus patrimoniale del solo Jeff Bezos, fondatore di Amazon, nei primi 21 mesi della pandemia (+81,5 miliardi di dollari) equivale al costo completo stimato della vaccinazione per l’intera popolazione mondiale.
La pandemia ha infatti non solo ha contribuito ad allargare la distanza tra una minoranza di super ricchi e una fetta importante di popolazione mondiale che vive nell’indigenza ma ha inoltre lanciato e fatto definitivamente affermare alcuni settori della new economy e affossato altri dell’economia tradizionale. Ad esempio, questa accelerazione spaventosa ha offerto grandi opportunità di mercato che sono state colte dall’informatica, dalla cyber sicurezza, dal mangiare quotidiano e dalle grandi piattaforme digitali dell’intrattenimento ma ha spazzato via migliaia di posti nel commercio tradizionale, nella ristorazione e nel turismo. Molti lavoratori della classe media che conducevano tenori di vita più che dignitosi nella migliore delle ipotesi (nei Paesi che li prevedono) ora sopravvivono con sussidi e aiuti di ogni tipo.
I rapporti però ci dicono che la ricchezza non è sparita ma si è solo spostata concentrandosi sempre di più nelle mani di pochi. In un’ottica di una giusta redistribuzione c’è anche chi parla di un reddito unico universale per tutti coloro che restano senza lavoro. Una soluzione che non si può escludere ma sulla quale non può reggere la sostenibilità del sistema economico mondiale. Ancora più necessario sarebbe allargare le opportunità della tanto declamata transizione ecologica finanziando un piano mondiale di riconversione dei sistemi di produzione. Agricoltura, industria e servizi necessitano di nuove competenze che il mercato non offre e che potrebbero essere apprese da milioni di persone che chiedono di rientrare nel mercato del lavoro.
Per fare tutto questo, urge una rapida uscita dalla pandemia che mina anche il futuro dei più giovani. In questi due anni la dispersione scolastica ha raggiunto livelli record anche in molti Paesi occidentali dove sono aumentati i ragazzi che non studiano e non lavorano. Due anni di disagi e distanziamento hanno creato un barato educativo e didattico che avrà conseguenze nefaste per molti anni a venire e che si riverbera soprattutto sui figli delle famiglie meno abbienti, che non hanno i mezzi per colmare privatamente queste lacune formative.
E’ entrata con forza, senza chiedere il permesso una parola comune: paura. La paura, spesso, genera angoscia e paralizza non solo il corpo, ma anche la mente. Solo chi riesce ad affrontare le proprie paure allarga i confini dell’immaginazione e dell’azione. Affrontarla significa addentrarsi nell’ambito della ragione, significa osare mettere in discussione ciò in cui crediamo, ciò che siamo e che ci circonda, non allo scopo di confermare i nostri timori, ma per aprirci alla scoperta delle nostre origini e dei nuovi mondi a cui siamo esposti ogni giorno.
Dal Sud del mondo ci giungono continue grida di sofferenza, richieste di giustizia e di aiuto. I profughi aumentano ogni giorno per le cause che noi ben conosciamo -guerre, carestie, oppressioni civili e religiose, e per il cambiamento climatico- ma i governanti non hanno la capacità di vedere, pensare, agire per affrontare tutto ciò, hanno solo il desiderio di parlare all’egoismo e alla paura che abbiamo dentro, quindi urge un’inversione di tendenza, urge impegnarsi quotidianamente per creare una nuova coscienza planetaria che contempli una nuova azione politica e di solidarietà.