Rovesciare la narrativa: le radici del sistema di protezione dei rifugiati sono coloniali e razziste
di Sana Mustafa (attivista femminista dei diritti umani e amministratore delegato di Asylum Access, una famiglia di organizzazioni che si batte per un sistema di risposta ai rifugiati più equo)
New York, 14 marzo 2023
In qualità di prima e unica donna direttrice di un’organizzazione internazionale per i diritti dei rifugiati con un’esperienza vissuta di fuga forzata dal proprio paese, sono dolorosamente consapevole che il colonialismo e la supremazia bianca sono centrali nella formazione e nel funzionamento del sistema globale di protezione dei rifugiati.
Dover dimostrare continuamente questa ovvietà è estenuante, ma so che fa parte della mia lotta per porre fine alla stigmatizzazione e all’oppressione sistematica delle persone sfollate con la forza operate delle stesse istituzioni che pretendono di aiutarci.
Sono stata costretta a lasciare il mio paese il 2 luglio 2013, quando mio padre – un importante attivista politico – è stato fatto sparire dal regime siriano per aver parlato a fianco di milioni di altre persone che chiedevano libertà, giustizia e stato di diritto.
di Manuela Valsecchi —Altreconomia.it
Dalla Grecia alla Bosnia, passando per la Serbia, le misure di contenimento per l’emergenza Covid-19 hanno avuto gravi ripercussioni sulla vita delle persone dentro e fuori i centri di accoglienza. Le testimonianze dei volontari e operatori umanitari rimasti e dei richiedenti asilo
Le condizioni dei migranti in transito lungo la rotta balcanica verso l’Unione europea si fanno sempre più difficili, aggravate dall’introduzione di misure di contenimento del virus Covid-19. A denunciarlo sono i (pochi) volontari e operatori umanitari rimasti sul campo, dalla Grecia fino alla Bosnia ed Erzegovina.
Grecia: la quarantena senza protezione
“La quarantena in Grecia è entrata in vigore a partire dalle 6 del 23 marzo: non si può uscire se non per questioni urgenti come fare la spesa, andare in farmacia o andare a
(Ansa) – «Un bambino è morto durante il tentativo di sbarco di un gruppo di migranti a Mitilini, sull’isola di Lesbo. Secondo il sito Cnn greca, il barcone – partito dalla vicina costa turca – si è ribaltato quando è stato avvicinato da un’unità della Guardia costiera greca. Secondo quest’ultima, 46 persone sono state salvate. Il cadavere del bambino è stato rinvenuto poco dopo».
La Grecia in stato di massima allerta di fronte al flusso di migliaia di migranti dalla Turchia. «Il nostro consiglio di sicurezza nazionale ha deciso di innalzare a massimo il livello di protezione alle frontiere», ha detto il premier Kyriakos Mitsotakis. Atene ha deciso di rafforzare le pattuglie alle frontiere marittime e terrestri e di sospendere le richieste di asilo per coloro che entreranno illegalmente nel Paese, ha aggiunto il portavoce del governo Stelios Petsas. Ma episodi di diffuse violenze poliziesche sostenute da squadracce di ‘volontari’ dell’ultra destra, screditano il Paese ed aumentano le tensioni.
«L’Europa prova a mobilitarsi per cercare una soluzione al nuovo assalto dei migranti alle sue frontiere esterne e per disinnescare la bomba del conflitto tra Turchia e Siria. Ma la strada da percorrere per arrivare a sciogliere i nodi sul tappeto appare lunga, piena di ostacoli e tutta in salita».
Far west tra Grecia e Turchia
Tra i soldati di leva in Grecia, dove c’è ancora il servizio militare obbligatorio di 9 mesi, esiste una rete contro guerra e nazionalismo. Si chiama Spartakos e può contare sul supporto esterno di un comitato di solidarietà composto da civili. Sono loro che si occupano di diffondere le denunce che vengono da dentro l’esercito.
Cosa fa l’esercito greco sul confine con la Turchia?
«A dicembre il governo ha varato una legge che gli attribuisce all’esercito compiti di sicurezza interna, funzioni di polizia –spiega Giansandro Merli sul Manifesto-. Adesso durante uno sciopero, ad esempio, potrebbe essere ordinato all’esercito di scendere in strada. Questa è la logica della legge, ma finora è stata applicata solo lungo le frontiere. I genitori di alcuni militari ci hanno detto che ormai li addestrano ad ammanettare i migranti ed effettuare i respingimenti illegali».
Varese: progetto di assistenza sanitaria per immigrati
Sanità di Frontiera è un’esperienza di volontariato attiva a Varese dal marzo 2009. E’ un progetto di assistenza sanitaria rivolto esclusivamente a cittadini Stranieri extracomunitari “Temporaneamente Presenti” in Italia (STP) ed alle persone senza fissa dimora, “perdute” al Servizio Sanitario Nazionale.
L’ ambulatorio è nato dall’impegno di un gruppo di volontari, professionisti della salute e non che, con il sostegno di parecchie Associazioni varesine, hanno dato vita ad un esperimento di libera e gratuita assistenza sanitaria ambulatoriale, avvalendosi dei provvedimenti della legge Bossi- Fini. In un ambulatorio idoneo, allestito presso la sede provinciale Acli di Varese, i volontari due volte la settimana offrono una completa assistenza sanitaria di base, forniscono a chi ha difficoltà con la lingua o problemi di autonomia un orientamento o un accompagnamento ai servizi sanitari specialistici, offrono consulenza psicologica e, verificate le necessarie condizioni sanitarie, fanno proposta alla ASST di eventuale rilascio/rinnovo del codice STP, che permette agli stranieri “irregolari” di ricevere le cure necessarie nelle strutture sanitarie pubbliche ed accreditate, “a parità di trattamento coi cittadini italiani”.
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