CIRCOLARE NAZIONALE, APRILE 2017

dalla Rete di Verona

Ripensavo a 2 grandi anniversari che ci hanno coinvolti in questo periodo, il centenario della Prima Guerra Mondiale, la Grande Guerra, che ha segnato profondamente l’Italia e l’Europa, le famiglie dei nostri nonni e padri, che hanno condizionato la nostra educazione e il nostro ieri, quindi anche tutta la nostra mentalità in formazione. Quale speranza si aspettava, dopo Caporetto 17, dopo tanti morti, invalidi, disastri, devastazioni ? Quale ricostruzione era possibile ? Quale solidarietà, verso popoli vicini che erano stati ed erano i nostri nemici ? Un termine che sembra lontanissimo, ma che è ancora usato verso certe persone, che non la pensano come noi, o che sono presentati così.

Il secondo anniversario è più vicino, e si riferisce ai 60 anni dai trattati di Roma, con la nascita dell’Europa unita, prima solo come Comunità economica, poi con l’Unione europea, che traballa fortemente, ma che comunque ci ha portato una pace insperata per decenni, dopo una guerra peggiore della prima, dopo i milioni di morti dei combattimenti, delle deportazioni e della Shoah, Unione che ha abbattuto le frontiere e ha permesso una nuova civiltà in Europa.

La nostra vita è cambiata dopo quelle ricorrenze, ed è stato più facile costruirsi una vita più solida e solidale, che cercasse una giustizia più vera e solida, col riconoscimento dei diritti di tutti, vicini e lontani, con leggi che tutelassero le nostre famiglie e i nostri figli. E quando Ettore Masina ci ha proposto di associarsi in questa piccola associazione (la Rete) a molti di noi è sembrato che fosse possbile realizzare quegli ideali di giustizia e di umanità anche con quelle piccole azioni che Paul Gauthier, e Ettore Masina con lui, proponevano, per essere concreti e non solo teorici, non solo con ragionamenti e ideologie, ma con azioni reali di sostegno, perché chi cercava più diritti per sé e più giustizia per i propri figli non ricevesse belle parole, ma un aiuto concreto di sostegno, e un’azione politica diretta anche nel nostro paese, non sui governi dei paesi lontani, su cui possiamo agire ben poco, in modo da favorire l’azione politica di chi nel suo paese cercava più libertà e diritti.

Quella ricerca di giustizia è passata, e passa ancora, attraverso relazioni e conoscenze, attraverso persone, attraverso discussioni e ascolti, tutti sempre fecondi e istruttivi, che hanno aiutato a costruire la nostra umanità e la nostra vita, non tanto a costruire un fondamento teorico e ideologico alle nostra idee politiche, ma piuttosto ad agire in modo da favorire le possibilità di tutti, non in nome di chi ha ragione, che non interessa, ma di chi possa vivere di più e meglio.

Vorrei indicare tre categorie di persone con le quali è stato possibile, e lo è ancora, anzi è necessario, discutere e confrontarsi, in 3 ambiti diversi e importantissimi. Il primo confronto è con gli amici, con cui ci siamo associati ed abbiamo fondato o aderito a questa associazione di solidarietà, con cui assistiamo a dibattiti, a prese di posizione, a proposte. Ed ogni volta che ci incontriamo con essi, con questi amici, siano del gruppo locale o siano del gruppo più ampio, a dimensione nazionale, come nei Convegni o nei Seminari, o nei Coordinamenti, vediamo negli altri il nostro stesso impegno per una società più giusta, per una famiglia aperta e alla ricerca di una giustizia più grande e profonda, e possiamo confrontarci più o meno alla pari, per capire dove sono arrivati gli altri, quali sono i loro interessi e il loro impegno, con le collette e i progetti di solidarietà, che non sono veri progetti, perché non ci sono obiettivi e controlli di efficienza dell’uso dei soldi.

La seconda categoria di persone con cui abbiamo imparato a confrontarci, sia pure con molti limiti e con pochi aspetti di confronto, è quella che si riferisce ai nostri referenti lontani, a chi ha proposto e gestisce queste piccole iniziative di sostegno in paesi poveri e lontani, a cominciare dalla Palestina, la regione in cui abbiamo iniziato il nostro impegno, per contrastare le enormi ingiustizie e le persecuzioni che hanno sopportato e continuano a sopportare, senza apparente speranza, con questo muro che divide con vergogna, con questi insediamenti che tolgono la terra e la dignità, e le possibilità di autonomia e resistenza. E abbiamo così conosciuto gente dappertutto, o quasi, nel Brasile dei perseguitati politici, nel Cile che cercava una nuova speranza politica, repressa ben presto nel sangue, nell’Argentina dei desaparecidos e di tante altre categorie di poveracci, nel Guatemala degli indios perseguitati e umiliati, nella Haiti della disperazione che una ragazza riesce a illuminare, dando nuove speranze di istruzione e di indipendenza, anche nei disastri del terremoto e della natura, e in tanti altri paesi dell’America Latina, nella Siria dei cristiani isolati e perseguitati, nel Congo, nella Repubblica Centrafricana, nel Ghana ora, e così via in tanti paesi e in tanti luoghi lontani dove qualcuno si è fatto carico di un progetto di nuova umanità che abbiamo sostenuto.

E ognuna di quelle persone che abbiamo conosciuto ci ha mostrato le sue difficoltà, ci ha insegnato la sua geografia, la sua storia, con cosa deve lottare per cercare nuove possibilità di vita e di autonomia, di giustizia, nel suo paese. E ognuno di noi della Rete ha così conosciuto delle persone che faticosamente danno un nuovo senso alla loro vita e al loro paese, con noi che col nostro piccolo aiuto ci mettiamo accanto a loro, per aiutare con la nostra piccola colletta di restituzione quel loro progetto, che faticosamente procede e dà nuove opportunità di umanità e di indipendenza. Sono conoscenze molto importanti, ci hanno segnato la vita, abbiamo aperto le nostre famiglie a nuove logiche e a nuove dimensioni, abbiamo imparato cosa significano certi nomi di luoghi lontani, che abbiamo anche visitato o che abbiamo ascoltato descritti da quei nuovi amici che ci sono venuti a conoscere e ad interpellare.

La terza categoria di persone con cui ci confrontiamo e ci siamo confrontati sono le nuove generazioni, sono i figli e i nipoti, che hanno un’altra mentalità e un’altra umanità, che probabilmente non proseguiranno il nostro impegno nella rete, ma che comunque proseguiranno bene o male il nostro impegno per una società più giusta, per avere loro un lavoro più dignitoso e sicuro, per creare una nuova società, che sarà certamente diversa, come loro saranno diversi.

Ecco perché sono partito dal centenario della grande guerra, per passare dai trattati di Roma e all’Europa degli ideali, dell’utopia, della profezia, come l’hanno proposto i nuovi segretari, Monica, Pier e Angelo, ideali che si sono meglio definiti nel confronto con gli amici e con i rappresentanti di tanti paesi lontani, che potrei descrivere con centinaia di nomi e di persone che ci hanno incontrato nella nostra piccola associazione, tutti con la loro gentilezza, la loro timidezza, e insieme la loro grande dignità e preparazione politica, costruita sulla loro pelle e con grande fatica, perché pochi hanno fatto scuole alte. E tutti ci hanno dato tanto, come esempio.

Vi propongo un paio di ricordi personali particolari, da vecchio della rete: viene a parlarci alla R di Verona un vecchio prete brasiliano, anni 75, bravissimo, della teologia della liberazione, di Sao Paulo, serio e concreto, e quando lo accompagno al mattino al treno, mi chiede a me veronese com’è l’Opera in Arena, e devo cantargli sottovoce il “Va’ pensiero”. Commovente ! O la Rigoberta Menchù, che dorme a casa nostra, non ancora Premio Nobel (90?), e la sera (alle 24) guarda alla nostra televisione un servizio su come la sua azione di denuncia in Guatemala aveva avuto una grande eco, importante, e per questo era stata imprigionata all’aeroporto: era stanchissima, ma si è subito rianimata, ha guardato tutto interessata e sorridendo, e ha chiesto un caffé.

Due piccoli esempi, ma tutti gli amici della Rete che hanno ospitato ospiti lontani hanno goduto questo rapporto previlegiato e fecondo, e possono raccontare episodi pregni e simpatici.

Ora il rapporto nuovo e importante è con le nuove generazioni, con la nuova società, con figli e nipoti, per costruire nel confronto la nuova umanità, una nuova giustizia, per eliminare il male e imparare il bene, come dice papa Francesco, il nostro nuovo profeta, non solo religioso (anche lui viene dalla fine del mondo), e sa insegnarci cose nuove, in questo nuovo mondo che attraversa crisi enormi, il clima e l’ambiente cambiano, cambia la tecnologia che sconvolge tutti e tutto, è globale, la finanza criminale si arricchisce sempre più a scapito dei poveri, che scappano e migrano, per fuggire dalla guerra e cercare una nuova vita. E vengono qui, e chiedono aiuto, aprendo nuovi problemi e scandali.

Un saluto affettuoso e un abbraccio solidale


Dino, R di Verona

Brasile – Aguadoce  (2016)

Brasile – Remigio Colombo (2023-2025)

Perù – Yanamayo (2021-2023)

Bolivia – Assistenza sanitaria a Cochabamba (2022-2024)

Brasile – Coorizonte (2020-2023)

Cile – Mapuche Folilko (2022-2024)

  Condividendo la vita dei Mapuche (2023-2025)

Perù – Adotta un pasto (2021-2023)

Ecuador-Fundacion JR Arrobo Cevallos (2023)

Ecuador -Frente Antiminero di Pacto (2023-2025)

Brasile – Progetto ELAA (2023)

Argentina – Mesa Campesina (2023-2025)

Brasile – Clinica Piccolo Ponte (2023-2024)

CIRCOLARE NAZIONALE MARZO 2017

Buongiorno a tutti. Vorremmo Vi giungesse il fraterno, caloroso abbraccio della segreteria.
Soprattutto a coloro che non abbiamo ancora avuto occasione di incontrare personalmente.

Quel clima di famiglia allargata è forse l’aspetto più peculiare ed importante della Rete.
“ Un circuito di affetti profondissimi al servizio dei poveri a cui vengono negate giustizia e libertà ma che a questa negazione non si arrendono”. 1

Emozione in “ScalzaRicerca ” potremmo definirla. Che non è un laboratorio scientifico asettico di analisi ma una serie di piccoli, semplici testimonianze di “mondi diversi possibili ”.
Una ricerca che non si sceglie ma si scopre insieme, camminando. Con la lungimiranza di chi

“camminando si interroga ” sui motivi e le ricadute del proprio operato.

Già interrogarsi.

In questi primi mesi di segreteria abbiamo raccolto la forte esigenza di un confronto su

Quale Solidarietà la Rete debba metter in campo in questa modernità liquida “.

Da tempo questo argomento affiora inespresso nei nostri incontri. A Roma, in occasione dell’ultimo coordinamento, è divenuto esplicito con la richiesta alla segreteria di disegnare un percorso che ci aiuti a condividere una risposta a tale domanda.

Un quesito non originale che ha attraversato ciclicamente l’inquieto cammino della Rete. Soprattutto in periodi di grande fermento e trasformazione storico – sociale.
E se tempi e contesti mutano ci pare normale, anzi doveroso, ritornare a verificare il significato del proprio agire. Il tornante di storia che stiamo attraversando ha tutte queste caratteristiche.

Percepiamo tutti la difficoltà e la fatica a vivere un contesto inafferrabile, foriero di cambiamenti repentini ed epocali. In un tempo che si è fatto breve. 2

Forse davvero siamo chiamati all’Ascolto. Del Noi, del Qui e del Là.
Diamoci tempo. Concediamoci gli spazi di un confronto, di una comune riflessione.

Per non farsi travolgere da insicurezze e ansie. Per non cedere al “Demone della paura “.3

Interrogarsi sul “Quale solidarietà ? ” vuol dire interrogarsi su “Quale Rete ?

Cioè andare all’essenza della nostra stessa identità.

Non per ricercare appartenenze esclusive, omologate e uniformanti ma, appunto, per verificarsi e, se necessario, ridefinirsi al veloce mutare di questi attuali, liquidi contesti.
Se è certo che esista già una identità di Rete dalle forti radici, imprescindibile e da custodire4, è altrettanto vero che, nel contempo, vada ricercata una identità di Rete in divenire, dacostruire .

Lo scopo non è quello di individuare delle regole ma rifinire un Noi, plurale e inclusivo.
Perciò c’è necessità di un percorso capace di armonizzare le nostre unità e differenze.
Dentro e fuori. Perché identità e solidarietà sono interdipendenti.

Un percorso quindi, perché una riflessione seria su tale argomento deve avere spazi e tempi
consoni all’ascolto. Partire da noi cercando di arrivare agli aderenti della Rete tutta .

Tenteremo di disegnare quell’itinerario coinvolgendo Singoli, Reti Locali e Rete Nazionale.
Obiettivo ambizioso. Non sarà facile trovare modi e strumenti opportuni.
Ci proveremo. Anticipatamente chiediamo a tutti la disponibilità a “mettersi in gioco ”.

La Rete è un variopinto e ricchissimo macramè .
Del cui ordito, tessuto nel locale telaio, poco conosciamo. 5

All’interno del nostro gruppo ci sono storie di vita personali fantastiche.

Dovremmo imparare a godere un po’ di più di noi stessi.

Conoscersi e nutrire quella relazione che tanto auspichiamo nei rapporti con il “”.

Antidoto alle posizioni difensive, al “ non detto ”.
Al rischio di diventare il “consiglio di amministrazione delle nostre operazioni”.

Per ritrovare significati, valori condivisi ed affinità di intenti.

Memori della nostra innata precarietà e fragilità che regolarmente sperimentiamo nella frequentazione delle diversità.

Ribadiamo che la ridefinizione della nostra piccola, leggera struttura ha bisogno di tutti.

Di ogni piccolo mattoncino. Grande e Piccolo. Nuovo e Vecchio.

Salvaguardando le diverse e feconde attività dei gruppi locali, ritrovarsi resta indispensabile.
L’ incontro personale, l’affetto ed il calore sono momenti insostituibili per nutrire la relazione.

Come segreteria, rimarchiamo l’appello alla partecipazione dei singoli e delle reti più giovani.

I “veterani” della Rete non lesinano il loro apporto e la loro esperienza.

Non perdetevi questo patrimonio umano e la vita che ne fluisce.

Da più di cinquant’anni hanno costruito, arredato questa abitazione.
A volte ristrutturando, l’hanno resa calda, aperta, accogliente.

Scansando l’intento del far proseliti e l’ansia del perpetrarsi e pronti a “chiuder l’uscio” nel caso tale dimora avesse perso senso e funzione.

In conclusione se “questo gruppo di riferimento e non di appartenenza6 ha un qualche valore, l’invito è quello di investirci un po’ di energie e tempo.

Il salotto entro cui ora siete accolti sarete soprattutto Voi ad abitarlo.

Sempre che decidiate di raccoglierne l’eredità.

Un rinnovato abbraccio dalla segreteria
Angelo, Monica e Pier

1 Ettore Masina ( dal discorso di addio alla RRR).

2 Papa Francesco (EG 223) « Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi.
[..] Si tratta di privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi. [..]

Senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci » .

3 Zygmunt Bauman

4 Lo spazio per la “Narrazione” dei nostri coordinamenti ha questo significato. Senza memoria non c’è profezia.
Senza salde radici non possiamo sporgersi verso l’altro.

5 Ne è un esempio la scheda raccolta delle esperienze personali e di Rete locale con Migranti e Richiedenti Asilo.

6 G. Montagnoli – E. Ongaro “ Vivere la Rete, tra memoria e futuro ”. Seminario Nazionale RRR – Rimini 1999

CIRCOLARE NAZIONALE FEBBRAIO 2017

“Parrocchie monasteri e santuari d’Europa accolgano una famiglia di profughi a iniziare da Roma e dal Vaticano” (Papa Francesco, appello del 6 settembre 2015)1.

“Visto che noi siamo, per voi, infedeli: ma perché non ve ne andate nel vostro CALIFFATO di Iraq con il santo califfo El Bagdadi il quale vive di armi e uccide a tutto spiano coloro con non sono sunniti?” (Parroco di Gorino (MN)), lettera affissa fuori dalla chiesa parrocchiale, 27 ottobre 2016)2.

“La gente è preoccupata perché non sa darsi ragione di quanto avviene e anche perché dubita che gli occupanti siano persone clandestine, senza alcun controllo e lasciati liberi di agire a piacimen-to. Gli avvenimenti recenti creano sospetti e inquietudini nella popolazione. Ricordo che i locali in oggetto sono collocati proprio di fronte all’Oratorio della Parrocchia ed i genitori vedono con preoccupazione questi insediamenti e occupazioni abusive” (Parroco di Villa San Giovanni (MI), lettera alla Questura, 30 dicembre 2016) 3.

Tre diverse prese di posizione della Chiesa, a diversi livelli e latitudini, rispetto al fenomeno dei mi-granti. Sono, credo, interessanti, sia perché la Chiesa Istituzione è, o pretende di essere, il maggiore riferimento etico nel nostro Paese, sia perché essa è una delle pochissime istituzioni, forse l’unica diffusa in modo uniforme e capillare.
Facile sarebbe liquidarle, tutte, in maniera superficiale:
L’appello del Papa è una presa di posizione animata da buone intenzioni, da parte di chi non ha la minima percezione dei problemi reali. Non a caso, l’ineffabile Salvini lo ha prontamen-te invitato ad iniziare con l’ospitare i migranti a casa propria.
La lettera del Parroco di Gorino è un volgare rigurgito di razzismo ed ignoranza.
Quella del Parroco di Villa San Giovanni, una reazione “di pancia” al fatto che pochi giorni prima, nella vicina Sesto San Giovanni, veniva ucciso Anis Amri, l’attentatore di Berlino.
Credo, invece, che esse siano facce della stessa medaglia, che ci offrono prospettive diverse e, a vol-te, spiacevoli di un fenomeno estremamente complesso. Facce particolarmente significative, perché provenienti, come dicevo, da un osservatorio molto qualificato.

Dobbiamo pur dircelo: l’accoglienza non è una passeggiata. E’ una strada irta di difficoltà sia per “noi”, spesso costretti nei nostri piccoli orizzonti e nelle nostre, altrettanto piccole, avarizie; sia per “loro”, che arrivano da mondi alieni, senza il bagaglio di un minimo di cultura e di esperienza di vi-ta. Immaginarla come una marcia dalle sorti inevitabili, magnifiche e progressive non è utopistico: è stupido.
La solidarietà ai migranti ci costringe a sporcarci le mani, ben consapevoli del rischio di scottature e delusioni. Farlo è, però, una scelta inevitabile: le migrazioni continueranno per decenni e non potre-mo tenere altrettanto a lungo la testa sotto la sabbia. E, poi, che uomini saremmo, se continuassimo a vivere le nostre piccole vite protette, senza neppure accorgerci del dramma epocale che sfiora le nostre porte?

Cosa fare, allora? Qualche volta, fortunatamente, la stessa realtà, ci offre le risposte. Questa la lette-ra scritta al quartiere, dagli occupanti dell’immobile di Villa San Giovanni, con l’evidente aiuto di qualche volontario o operatore sociale che già si interessa a loro.

Residenti del quartiere, non abbiate paura, chiediamo solo solidarietà

Il 21 dicembre siamo entrati negli ex uffici di via Fortezza, 27 alla ricerca di un riparo dal freddo inverno cittadino.
Siamo emigranti chi da pochi mesi chi da anni
Siamo fuggiti a causa di guerre, dittatori, rapitori di ragazzi per costrigerli a diventare militari, fabbricanti di armi.
Siamo fuggiti anche a causa di fame e povertà dovute alla scelte internazionali e delle multinazio-nali che hanno impoverito i nostri paesi
Siamo qui, senza distinzioni tra chi è emigrato per guerre o per ragioni economiche: in realtà sia-mo tutti vittime di guerre anche non dichiarate, come quelle economiche, le stesse che voi tutti state subendo a causa di questa crisi ed un sistema ingiusto
Dormivamo per strada, continuiamo a mangiare nelle mense dei poveri quando riusciamo, siamo capaci di lavorare e di fare tanti mestieri. Con il vostro aiuto e la vostra accoglienza possiamo di-ventare una risorsa per il quartiere e per la città.
Nei nostri paesi abbiamo imparato ad essere utili e potremmo esserlo anche qui se ci fosse la possi-bilità.
Vogliamo farci conoscere per costruire insieme un percorso di reciproco rispetto. Non è scatenan-do una guerra tra poveri che possiamo risolvere i problemi.
Vi chiediamo di abbandonare ogni forma di pregiudizio e di collaborare insieme per restituire al quartiere uno spazio che possiamo riqualificare con il nostro lavoro e la vostra solidarietà.
Vi invitiamo lunedì 9 a prendere il tè con noi, alle 20.30 per conoscerci, parlare e costruire insieme un percorso comune di condivisione degli spazi”4.

Aggiungere qualcosa rischia di essere presuntuoso o, almeno, ridondante. Mi limito ad osservare che questa è l’integrazione che serve; un’integrazione che passa, nel piccolo, dai rapporti tra le per-sone, che non è mai uguale a sé stessa, perché si adatta alle situazioni e che richiede duttilità e fan-tasia.
È quasi paradossale che un fenomeno dai numeri enormi, come quello degli attuali flussi migratori, trovi risposta nell’impegno, caso per caso, di singoli o di piccoli gruppi. Mi chiedo se ci saranno ab-bastanza uomini e donne di buona volontà per accettare questa sfida. Credo, però, che essa sia, pri-ma di tutto, un’opportunità per tutti noi, per uscire dalla prigione di agi e compromessi ci siamo costruiti intorno: un assetto sociale che scricchiola da tempo e, comunque, ci sta stretto.

Rete Radié Resch Varese

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