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Carissima, carissimo,
oggi siamo nella fase in cui troppi vivono nella falsa ideologia che bisogna lasciar fare tutto al mercato, all’economia e alla finanza; debbono pensarci loro! Papa Francesco nella Evangeli gaudium ha denunciato con forza questa deriva, Affermando con forza che ciò non può funzionare, perché l’idea che ognuno possa fare il proprio comodo non può funzionare ma è solo frutto della somma dei nostri egoismi. L’arrivo del Covid ci ha fatto prendere coscienza della nostra interdipendenza e del fatto che non possiamo salvarci da soli ma abbiamo bisogno di cooperazione e coordinamento di fronte ai grandi problemi, questo oggi spero sia più chiaro per tutti. Perché il mercato non soddisfa i bisogni dell’umanità, ma soltanto di quelli che possono pagare. E’ impressionante il fatto che le 85 persone più ricche del mondo abbiano la stessa ricchezza dei tre miliardi e mezzo di persone più povere.
Dobbiamo riappropriarci del nostro singolo valore, farlo diventare comunità fase fondamentale per ogni cambiamento. Dobbiamo riprendere a sognare perché il sogno è la parte più intima di quanto pensiamo e diciamo, ed é anche la parte più vera, la più originale, la più esigente e coerente.
Tutti noi vedendo le immagini sui siti il video di agenti della polizia di frontiera che inseguono e colpiscono con la frusta i migranti haitiani siamo rimasti indignati, abbiamo pensato che quegli agenti sono cattivi e razzisti visto che i migranti sono neri. Questa è l’immagine che nei giorni scorsi ha riempito Internet, ha dominato i titoli dei giornali e ha suscitato aspre critiche da parte di alcuni esponenti politici e difensori dei diritti umani.
I migranti, portando zaini e bambini sulle spalle, stavano cercando di attraversare il fiume in cerca di protezione e opportunità negli Stati Uniti. Per molti, la traversata è stata l’ultima tappa di un arduo viaggio che li ha portati attraverso foreste senza strade e fiumi oscuri nell’America centrale e meridionale. Alcuni hanno iniziato il viaggio nel 2010, quando un forte terremoto ha colpito Haiti, paralizzando l’economia già paralizzata del paese. Il sisma ha ucciso più di 220.000 persone, lasciando altre “in disperato bisogno di assistenza”.
Dopo quella devastazione c’è stato l’assassinio, lo scorso luglio, del presidente Jovenel Moïse. Haiti era alle prese con sconvolgimenti politici “ben prima dell’assassinio”. Ma la violenza è aumentata solo dopo l’uccisione di Moïse. E un mese dopo l’assassinio del presidente, un altro terremoto ha colpito la nazione caraibica.
Le crescenti crisi hanno costretto molti a tentare la fortuna altrove. I migranti le cui immagini hanno inondato Internet erano tra le migliaia di richiedenti asilo haitiani che tentavano di ricominciare la propria vita negli Stati Uniti. Ma gli agenti di pattuglia federale, che indossavano pantaloni e cappelli da cowboy, li hanno affrontati e respinti, dimenticando Una vergogna!
Padre Zanotelli domenica scorsa al termine della Marcia per la pace dalla Rocca di Assisi ha lanciato l’iniziativa di “Andare in massa a Riace” per manifestare la nostra solidarietà a Mimmo Lucano, l’andata è prevista per sabato 6 e domenica 7 novembre. Io ci sarò.
Antonio

 

  Rete RadiéResc-

         associazione di Solidarietà internazionale

         gruppo locale Avola-Noto-Modica-

         www.reterr.it

Luglio 2021

Cari amici, care amiche,

dopo tanti mesi di necessaria sospensione dei nostri periodi incontri

VI ASPETTIAMO

VENERDI 9 LUGLIO 2021

DALLE ORE 19:00

NEL CORTILE DI TILIBELLI (casa di Giuseppe e Maria Rita)

Serata in amicizia e convivialità, dialogando insieme a partire dal brano di Franco Battiato “La cura”

La cena, molto semplice, sarà un’insalata di riso venere e gelato (ciascuno porti solo il proprio piatto, bicchiere e posate)

Durante l’incontro per gli appartenenti alla Rete Radié Resch e per chiunque vuole, sarà possibile fare autotassazione per i progetti di solidarietà internazionale sostenuti dalla RRR.

La cura”

Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via/dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo/dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d’umore/dalle ossessioni delle tue manie/Supererò le correnti gravitazionali/lo spazio e la luce per non farti invecchiare/e guarirai da tutte le malattie/perché sei un essere speciale/ed io avrò cura di te.

Vagavo per i campi del Tennessee/come vie ero arrivato, chissà/Non hai fiori bianchi per me?/Più veloci di aquile i miei sogni attraversano il mare/

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza/Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza/i profumi d’amore inebrieranno i nostri corpi/la bonaccia d’amore non calmerà i nostri sensi.

Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto/conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono/supererò le correnti gravitazionali/lo spazio e la luce per non farti invecchiare.

Ti salverò da ogni malinconia perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te, io sì avrò cura di te.

Carissima, carissimo,
oggi 5 giugno è la giornata mondiale dell’Ambiente, ci stiamo forse rendendo conto che fino a questo momento ci siamo comportati come se avessimo le mani bucate? Per cinquant’anni l’umanità ha abusato delle risorse del pianeta, spendendo molto più di quanto dispone nel proprio salvadanaio ecologico. Solo in Italia, per soddisfare i nostri stili di vita, è come se utilizzassimo annualmente l’equivalente di 2,7 Terre. Questo cosa significa?
Che non diamo alla natura il tempo fisiologico di rigenerarsi, che la sfruttiamo trascurando il debito ecologico che accumuliamo. I dati scientifici riportano che il 75 per cento della superficie planetaria ha subito alterazioni profonde, a cui sono legati i primi segni di cedimento che negli ultimi anni stiamo notando con maggiore frequenza. La pandemia da Covid-19 è senza dubbio l’indicatore più forte. Non dimentichiamoci però degli incendi in Amazzonia, connessi sì al clima sempre più caldo, ma resi ancora più distruttivi dalla deforestazione illegale. O le piogge torrenziali che colpiscono il nostro Paese, sempre più accompagnate da frane dovute al dissesto idrogeologico, o esondazioni date dalla modifica del corso naturale dei fiumi e dall’indifferenza per le condizioni degli argini. E poi il mare, scrigno di ricchezza e biodiversità e regolatore essenziale del clima, invaso dalla nostra plastica. Ora più che mai, le conoscenze di cui disponiamo e i progressi tecnologici, ci permettono di comprendere la natura e di ascoltare i suoi segnali, ma manca ancora qualcosa.
D’altronde l’economia è quella disciplina che orienta il modo in cui governiamo a nostra casa. Così anche per la Terra: se non è guidata da un approccio ecologico, la sua amministrazione non porterà benefici per nessuno. Per decenni, annebbiati dal guadagno immediato, abbiamo perseguito l’utopia della crescita infinita in un mondo dalle risorse finite, noncuranti delle conseguenze. Ed è questo il punto su cui insistere per attuare la necessaria rigenerazione dei nostri pensieri, a partire dalla consapevolezza che tutto è interconnesso, che le persone possono essere in salute solo se lo è anche il pianeta. Ripristinare i nostri ecosistemi corrisponde a fortificare le fondamenta della nostra sopravvivenza, rendendoci meno esposti alle intemperie che il futuro ci riserverà.
Dobbiamo accogliere questa verità, interiorizzarla e farne la stella polare che orienta le nostre azioni. Solo così porteremo a compimento la transizione ecologica del nostro sistema sociale ed economico.
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Secondo l’UNICEF, ogni giorno più di 700 bambini sotto i 5 anni muoiono di diarrea legata ad acqua e servizi igienico-sanitari inadeguati. Circa 450 milioni di bambini vivono in aree ad alta o estremamente alta vulnerabilità idrica. Questo significa che 1 bambino su 5 nel mondo non ha abbastanza acqua per soddisfare le sue esigenze quotidiane. Entro il 2040, quasi 1 bambino su 4 vivrà in aree a stress idrico estremamente elevato.
L’acqua inoltre è direttamente legata al cambiamento climatico. Circa il 74% delle calamità naturali tra il 2001 e il 2018 sono state correlate all’acqua, tra cui siccità e inondazioni. Quando si verificano delle calamità, possono distruggere o contaminare intere riserve d’acqua, aumentando il rischio di malattie come il colera e il tifo, a cui i bambini sono particolarmente vulnerabili. Il cambiamento climatico aggrava lo stress idrico – aree con risorse idriche estremamente limitate – portando a una maggiore competizione per l’acqua. Eventi meteorologici estremi e cambiamenti nei modelli del ciclo dell’acqua stanno rendendo più difficile l’accesso all’acqua potabile, specialmente per i bambini più vulnerabili. L’acqua contaminata rappresenta un’enorme minaccia per la vita dei bambini. Le malattie legate all’acqua e ai servizi igienici sono una delle principali cause di morte nei bambini sotto i 5 anni.Inoltre, proprio perché bene primario, l’acqua può diventare anche fonte di conflitti o bersaglio in caso di combattimenti. Gli attacchi alle strutture idriche e igienico-sanitarie e agli operatori nei conflitti nel mondo continuano a mettere a rischio la vita di milioni di bambini e a negare loro l’accesso a servizi idrici e igienico-sanitari. Proteggere l’acqua e i servizi igienico-sanitari è fondamentale per la sopravvivenza di milioni di bambini e non solo. Nei paesi fragili, i bambini sotto i 5 anni hanno una probabilità 20 volte maggiore di morire a causa di malattie diarroiche che a causa della violenza, e i bambini in contesti estremamente fragili vivono spesso una situazione 8 volte peggiore per quanto riguarda gli indicatori idrici e igienico-sanitari rispetto ai bambini nati in ambienti stabili e protetti. L’acqua è un bene prezioso che va tutelato e garantito a tutti. Particolarmente in quest’anno di pandemia abbiamo avuto modo di accorgerci del suo valore perché strumento fondamentale per le attività di igiene personale e quindi per contrastare la diffusione del COVID-19. Difendere l’acqua significa lottare per la vita e preservare quella di milioni di bambini e delle loro famiglie in tutto il mondo. Sviluppare la pace bluè fondamentale per la cooperazione tra paesi e disinnescare tensioni politiche.
SABATO 13 Giugno troviamoci tutti a Roma alle ore 15,30 in Piazza Esquilino 
Manifestazione Nazionale dei Beni Comuni, Acqua e Nucleare, indietro non si torna!
A 10 anni dalla straordinaria vittoria referendaria del giugno 2011, quando la maggioranza assoluta del popolo italiano votò SI all’acqua bene comune, SI alla sottrazione alla logica del mercato dell’acqua, dei beni comuni e dei servizi pubblici e pose un chiaro stop a qualsiasi ritorno dell’energia nucleare, l’acqua è ancora sotto attacco. Siamo di fronte, letteralmente, ad uno spartiacque. Da dicembre 2020 l’acqua è stata quotata in Borsa, aprendo un nuovo fronte speculativo che minaccia i diritti umani fondamentali delle persone e delle comunità. Noi sappiamo che non è così: l’unica strada è l’uscita collettiva dall’economia del profitto e da questo sistema insostenibile per costruire la società della cura, basata sull’interdipendenza fra le persone, e fra queste e l’ambiente di cui sono parte. E sappiamo che la cura inizia dall’acqua e dai beni comuni. Si tratta di una partita miliardaria. E’ venuto il momento di dirlo tutte e tutti assieme, dentro la piazza che ci appartiene e una dignità che non conosce dominio, né profitti. Draghi sta provando con il PNRR a portare avanti le stesse privatizzazioni di allora, la finanza globale è sempre più spregiudicata nel fare profitto su questo fondamentale Bene Comune, indispensabile per la vita. L’hanno fatta diventare l’Oro Blu, mentre la crisi climatica impone una sempre più urgente inversione di rotta per la sua conservazione e per un futuro ecocompatibile. Si tratta di una partita miliardaria. Stiamo parlando di “un utile complessivo pari a 9,5 miliardi di euro. Solo sugli investimenti. Ma dove sono i partiti? Perchè non fanno gli interessi della collettività? Perchè si stanno impegnando ancora una volta a privilegiare i ricchi? Quelli che anche durante la Pandemia hanno raddoppiato i loro guadagni? Nell’enciclica Fratelli tutti papa Francesco ha messo nero su bianco un auspicio. Passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora di più in un febbrile consumismo. E in nuove forme di “auto-protezione egoistica“. Quindi voglia il Cielo che alla fine non ci siano più gli altri. Ma solo un noi. Che racchiude un programma di azione politica e sociale. Urge andare verso un noi sempre più grande per un nuovo cammino in questo mondo.
Introdurre la cultura del noi è l’unico argine all’indifferenza globalizzata. Si è placato in fretta il moto di commozione. Troppo forte la globalizzazione dell’indifferenza. Eppure sono un pugno nello stomaco le foto dei bambini morti in un naufragio di migranti nel Mediterraneo, lasciati senza neppure una sepoltura sulla spiaggia libica di Zuwara. Quelle immagini-choc sono la punta di un iceberg. Dietro quegli scatti sconvolgenti c’è un generale deterioramento di una civiltà. Che non concede neppure un gesto di pietà alle proprie vittime innocenti. Dietro la reazione indifferente al Golgota fotografato in quel metro di arenile in Libia, c’è il relativismo etico. Sempre più diffuso. Che fa da supporto a una certa cultura dominante nel mettere tra parentesi gli imperativi della legge morale. Arrivando, da un lato, a minare le basi stesse della società. Sempre più individui soffrono, a vari livelli, in una situazione di grave degrado individuale e sociale. Ma se anche l’uomo è capace di grandi malvagità e di errori, la nuova cultura deve indurci a ritrovare la dimensione costitutiva del nostro stesso essere. Da qui possiamo ripartire come credenti e uomini e donne di buona volontà. Per riaffermare la verità sull’uomo. Sulla sua singolarità unica di persona. In possesso di diritti inalienabili. Perciò alla disumanità di una mentalità imperante che calpesta i più deboli, papa Francesco ci propone incessantemente la centralità dei poveri. Dei fragili. Degli indifesi. Qui sta lo spartiacque di civiltà.

Lettera Maggio 2021

Carissima, carissimo
ciò che il Covid-19 ci ha mostrato in modo brutale, è che l’equilibrio tra Terra e Umanità si è rotto. Diventiamo troppo voraci, strappando alla terra ciò che non può darci. Non rispettiamo i limiti di un piccolo pianeta con beni e risorse limitate, comportandoci come se fossero inesauribili. Questa è l’illusione che ancora persiste in quasi tutti gli uomini d’affari e i capi di Stato. Aumentare i guadagni per gli uni e il PIL per gli altri.
Il virus ci dovrebbe far recuperare la nostra vera umanità, poichè l’amore, la solidarietà, l’empatia, la collaborazione e la dimensione umano-spirituale forniscono il giusto valore agli elementi materiali senza assolutizzarli e il virus riconosce molto più valore ai beni immateriali come quelli sopra menzionati, perché la Terra e l’umanità hanno un destino comune. Se la Terra si ammala, ci ammaliamo anche noi, siamo uniti nel bene e nel male.
Perché siamo arrivati a tutto questo? La ragione non sta solo nel virus, è sbagliato vederlo come un fatto isolato senza il suo contesto. Il contesto è come abbiamo organizzato la società negli ultimi centocinquanta anni: saccheggio illimitato e sistematico delle sue risorse a nostro unico beneficio e arricchimento. Ciò ha portato alla deforestazione dell’80% del pianeta, all’aria inquinata, all’acqua e al suolo. La Terra l’abbiamo ammalata e ci ha trasmesso la sua malattia attraverso una serie di virus. La reazione della Terra alla nostra violenza è dimostrata dal riscaldamento globale, che non è una malattia, ma la indica, come l’alto livello di contaminazione dei gas serra. Dal 19 luglio del 2020 si è verificato il sovraccarico, abbiamo consumato tutto quanto la Terra può darci in un anno. Di fronte a questa nostra continua rapina la Terra quanto resisterà?
Tutti noi a causa dell’isolamento sociale ci sentiamo prostrati, devitalizzati, irritabili, in una parola, presi da un incubo che non sappiamo quando finirà. D’altro canto, stiamo imparando a costi elevati che, ciò che ci può salvare non sono il mantra del capitalismo e del neoliberismo: profitto, concorrenza, individualismo, sfruttamento illimitato della natura e centralità del mercato. Ciò che ci salva è il valore centrale della vita, la solidarietà, l’interdipendenza di tutti con tutti, la cura della natura, uno Stato ben attrezzato per soddisfare le esigenze sociali, soprattutto i più bisognosi, la coesione della comunità al di sopra del mercato. Solo così ci renderemo conto che prendersi cura, recuperare la vitalità degli ecosistemi, migliorare il cibo, la pulizia dell’aria, il biologico, preservare le acque e le foreste, ci farà sentire più sani e così facendo, renderemo anche la Madre Terra più sana e rivitalizzata.
La ricerca dell’essere di più non può realizzarsi nell’isolamento, nell’individualismo, ma nella comunione, nella solidarietà delle esistenze concrete; non può verificarsi nei rapporti antagonistici tra oppressori e oppressi. Nessuno può essere con autenticità, mentre impedisce che gli altri siano. Per questo, urge agire, nella pratica dell’empatia, nell’amare in perdita, perchè se non c’è un prezzo da pagare, non c’é neppure nessun valore, per questo dobbiamo essere solidali con gli sfruttati, perchè amare il prossimo, significa amare lo sconosciuto e il discriminato; implica amare gli invisibili, gli zero sociali, quelli che nessuno guarda e accoglie. Urge amare coloro che sono nel bisogno.
Non facciamoci illusioni; la pace non è un regalo, ma una conquista. Questo è vero anche per le religioni. Esse infatti rappresentano le maggiori forze di intolleranza che dividono gli uomini. La prima tentazione che ovunque nel mondo insidia la religione è il suo travaso nell’ideologia politica, per assorbimento o soffocamento. Tutte le ere, tutti i paesi hanno conosciuto l’asservimento della religione all’ideologia. La storia del cristianesimo, dalle crociate fino alle guerre di religione, la storia dell’Islam in Africa, ancora ai nostri giorni, con i suoi movimenti fanatici e i disordini sanguinosi in Nigeria, in Egitto, nel Sudan e altrove… sono per noi un monito. In questo mondo di guerre ideologiche, nel quale l’umanità ferita si sente minacciata nel suo essere e nel suo divenire, possano le religioni liberarsi dalle ideologie ed essere solo forze spirituali per la salvezza dell’uomo e per la salvezza del mondo. Salvino la vita là dove le ideologie propagano l’odio. Portino la pace nei campi della desolazione delle guerre ideologiche.
10 anni fa, il 12 e 13 giugno 2011, una coalizione ampia e determinata ha sancito una vittoria storica nel nostro Paese con 27 milioni di sì ai Referendum su acqua, servizi pubblici e nucleare. 10 anni dopo, in piena pandemia, quella vittoria basata sulla difesa dei beni comuni e sull’affermazione dei diritti di tutti sui profitti di pochi, ha un significato ancora più attuale. Infatti la cosiddetta riforma del settore idrico contenuta nel Recovery Plan così come aggiornato dal governo Draghi punta ad un sostanziale obbligo alla privatizzazione, in particolare nel Mezzogiorno. D’altronde Draghi non ha mai dissimulato la volontà di calpestare l’esito referendario visto che solo un mese e mezzo dopo firmò insieme al Presidente della Banca Centrale Europea Trichet, la lettera all’allora Presidente del Consiglio Berlusconi in cui indicava come necessarie privatizzazioni su larga scala. L’attuale versione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza risulta in “perfetta” continuità con queste indicazioni e rimane, dunque, una risposta del tutto errata alla crisi che ha causato il cambiamento, riproponendo le stesse ricette che hanno contribuito a crearla.
Il 26 aprile 1998 veniva assassinato in Guatemala Juan Gerardi, vescovo, difensore dei diritti umani, promotore del recupero della memoria storica del genocidio degli indios commesso dalla dittatura militare. Con lui come Rete Radiè Resch abbiamo avuto un intenso rapporto anche attraverso un progetto. Tutti gli anni in questa data lo ricordiamo come un maestro di nonviolenza e un compagno di lotta per la vita, la dignità e i diritti di tutti gli esseri umani.
Il 20 aprile 1993 don Tonino Bello vescovo di Barletta, ci lasciava, il suo messaggio era stato chiaro e forte. Dinanzi a noi non la fine del mondo, ma la fine di un mondo. Quello vecchio. Muoiano i falsi miti: confine, patria, guerra, razze.
Antonio

Lettera Aprile 2021
Carissima, carissimo,
anche quest’anno la pandemia ha caratterizzato i giorni di festa, ancora restrizioni, sacrifici, ma soprattutto ancora morti, terapie intensive sotto stress e tanti contagi. Un anno fa, forse, c’era più speranza in circolazione per affrontare tutto questo. Certo, il dolore era già tanto: le famiglie si confrontavano con i lutti e con la lontananza forzata che divideva soprattutto i nonni e i nipoti, restringendo sempre più il nucleo familiare. C’era la solitudine da affrontare e la paura di una nuova fase drammatica e sconosciuta. Ma non mancava -e a dire il vero non è mai mancata- la solidarietà.
Oggi però le energie sembrano essere di meno. C’è molta più familiarità con la pandemia e sebbene siano difficili da accettare, le persone si sono abituate anche alle limitazioni imposte dalla lotta al Covid-19. Sono aumentate le diseguaglianze sociali, la crisi mette a dura prova le famiglie e le imprese. Emergono poco a poco tutte le contraddizioni di una società moderna e impreparata ad un evento di questo tipo. Una crisi certamente sanitaria, sociale ed economica ma non solo: la crisi che viviamo è anche esistenziale. L’uomo è un animale sociale e per quanto possa sforzarsi, da solo soffre, si spegne, muore. Si è instaurata una nuova normalità che non è naturale per chi, come ognuno di noi, si nutre di relazioni: l’uomo si scopre persona quando incontra l’altro, quando vive un amore gratuito e si specchia in ciò che lo circonda. Tutta questa interazione è alterata, bloccata, ridotta al minimo. Come ogni guerra, anche questa porterà le sue conseguenze, i suoi traumi e non è mai presto per cominciare a pensarci. Bisogna proiettarsi, almeno con il pensiero, al dopo pandemia. Chiedersi da dove ricominciare, come ricostruirsi. E non per illudersi ma, per aiutarsi ad affrontare il presente. Non è possibile stare fermi così a lungo, chiudersi in se stessi per troppo tempo. Cominciare a organizzare il domani, quello che ognuno può offrire, farà del bene a tutti.
Brasile.Una ricerca della Fondazione Getúlio Vargas sottolinea che la povertà in Brasile accelera rapidamente. In sei mesi, il numero di brasiliani che vivono in povertà è quasi triplicato. Il numero di poveri è balzato da 9,5 milioni ad agosto 2020 a oltre 27 milioni a febbraio 2021. Manca cibo sulla tavola dei brasiliani. La fame è tornata ancora una volta un problema rilevante nel paese, un grave problema sociale, dopo che la presidenza Lula e Dilma l’aveva quasi totalmente cancellata con il progetto FAME ZERO.
Il sangue scorre per le strade del Myanmar. Da quando lo scorso primo febbraio le forze armate del generale Min Aung Hlaing hanno messo in atto il colpo di Stato e sotterrato definitivamente la fragile democrazia birmana, le violenze e la repressione contro la popolazione che si è opposta al golpe sono aumentate di giorno in giorno provocando centinaia di vittime. Nel frattempo internet è stato oscurato, moltissimi oppositori sono finiti in carcere e in varie zone del Paese è entrata in vigore la legge marziale. Così la popolazione di un Paese isolato, verso il quale la stessa comunità internazionale si sta dimostrando impotente o quasi (anche per l’influenza che la Cina esercita sull’area), sta ora provando a difendere le conquiste raggiunte nel 2011 quando i militari, dopo lunghi anni, passarono la mano pur mantenendo molto del loro potere (secondo quanto stabiliva la nuova Costituzione).
Ma non è bastato. Nel novembre scorso le elezioni politiche hanno segnato una nuova straordinaria affermazione per la leader della Lega nazionale per la democrazia, Aung San Suu Kyi, un successo che i militari non hanno digerito in quanto per la prima volta rischiavano di perdere le posizioni di privilegio delle quali avevano sempre goduto. San Suu Kyi è stata nuovamente arrestata e con lei, numerosi leader civili, politici e religiosi.
Papa Francesco all’Angelus ha denunciato: «Ancora una volta e con tanta tristezza sento l’urgenza di evocare la drammatica situazione in Myanmar, dove tante persone, soprattutto giovani, stanno perdendo la vita per offrire speranza al loro Paese (…). Anch’io mi inginocchio sulle strade del Myanmar e dico: cessi la violenza! Anch’io stendo le mie braccia e dico: prevalga il dialogo! Il sangue non risolve niente». Francesco richiamava così esplicitamente l’immagine di suor Ann Rose Nu Tawng, la religiosa saveriana inginocchiatasi davanti ai reparti della polizia birmana in tenuta antisommossa a Myitkyina, capitale dello stato Kachin (nel nord del Paese) che chiedeva di fermare la repressione, di non aprire il fuoco sui manifestanti. I quali hanno, come denunciato da Amnesty, munizioni italiane.
Suor Ann, solidale con il suo popolo, mi ha fatto ricordare le parole di Oscar Romero quando nella sua ultima omelia nella cattedrale di San Salvador esordì rivolgendosi ai militari: “vi scongiuro, vi prego, vi ordino: cassi la repressione”, alcuni giorni dopo fu assassinato.
E’ notizia che la Chiesa non può benedire coppie omosessuali. E’ illecito! Ma la Chiesa non è custode delle benedizioni di Dio. Benedizione significa “il bene”, benedire “dire-bene”, pronunciare una parola di bene, di coraggio, augurio di bene-essere, di futuro, di felicità. Gesù è passato su questa terra solo facendo il bene e bene-dicendo. Ha pronunciato parole buone su tutti, delinquenti, ladri, prostitute, adultere, assassini, traditori… Le uniche parole non di bene le ha rivolte ai sacerdoti e ai funzionari della religione: “Ipocriti, serpenti, razza di vipere, guide cieche, sepolcri imbiancati…”. Gesù vedeva già allora così lontano…
Sono centinaia le benedizioni possibili che la Chiesa autorizza a dispensare. Tra queste: benedizione di aerei, eserciti con tutti gli armamenti annessi, vedi cappellani militari; computer, fiumi, gola, palestre, pecore, prati, stadi, asini, telefoni, api, radio, negozi… e uova pasquali! Sì, anche uova pasquali! Sono più di cento le benedizioni ammesse.
A questo proposito la gran parte della Conferenza episcopale tedesca si è così espressa con vari suoi alti rappresentanti:
“Continueremo ad accompagnare tutte le persone nella cura pastorale se lo richiedono, indipendentemente dalla situazione di vita”. “Dà l’impressione che l’attuale dibattito teologico in varie parti della Chiesa universale, anche qui in Germania, debba terminare il più rapidamente possibile”, cosa che non è perché la discussione procede intensamente e con buoni argomenti, e le indagini teologiche sulla pratica pastorale oggi non possono essere eliminate semplicemente con un’affermazione di potere”.
Aldo Antonelli, prete di Artrosano-AQ e redattore della nostra rivista scrive: “Mi chiedo di quale disegno divino facciano parte gli eserciti e i carri armati e tutte le armi che puntualmente vengono benedette! Mi chiedo di quale strano disegno divino facciano parte le ville dei mafiosi benedette da preti consenzienti e mai richiamati dai pasdaran del Sant’Uffizio che, invece, si permette di richiamare i vescovi tedeschi che benedicono le coppie omo. Benedicono e non celebrano come sacramento!
In conclusione sono portato a pensare due cose:
1- A monte della dichiarazione dell’ex Sant’Uffizio ci sia la mania sessuofobica che sempre ha accompagnato gli uffici curiali della grande Organizzazione/Chiesa.
2- Che papa Francesco abbia dovuto cedere alla parte ultraconservatrice della Curia Romana al fine di evitare strappi ulteriori”.
Il fatto, comunque, è che dopo l’enciclica Fratelli tutti non si può pensare che nel “tutti” ci possa essere una categoria di persone da escludere per principio. Se si afferma che “Dio ama ogni persona” se ne devono trarre le conseguenze. Forza!
Acqua bene comune: il 31 marzo è stato il decennale della vincita del Referendum che ha determinato che l’acqua debba essere pubblica, oggi pretendiamo che la legislazione europea sia ispirata dal principio dell’acqua bene comune e non economico. Fuori da ogni trattato commerciale e da quotazioni in borsa, che significherebbe: acqua = merce.
Il teologo Hans Kung è morto martedì 6 aprile nella sua casa di Tubinga, in Germania. Aveva 93 anni. sicuramente uno dei più grandi teologi della Chiesa cattolica romana del XX secolo, aperto all’ecumene cristiano, religioso e politico. La sua produzione è stata immensa, frequentando i temi principali che sono passati dalla musica alla nuova cosmologia, attraverso lo studio delle grandi religioni, la teologia ecumenica, la filosofia, la politica, l’economia e l’etica mondiale.
Il 18 dicembre 1979, il Vaticano gli ha revocato la licenza per insegnare come teologo cattolico all’Università di Tubinga, dove insegnava dal 1960.
Küng mostrò un certo sgomento nel 1979 quando venne a conoscenza del coinvolgimento del cardinale Joseph Ratzinger nella rimozione della suo insegnamento di insegnante. come decano di teologia a Tubinga, perchè nei primi anni ’60, aveva offerto a Ratzinger una cattedra a Tubinga, lui accettò. Ma dopo le rivolte studentesche in Germania nel 1968, Ratzinger lasciò l’accademia, tornando nella sua città natale di Monaco, dove divenne arcivescovo e poi cardinale. In seguito diresse la Congregazione per la Dottrina della Fede per 25 anni sotto Giovanni Paolo II.
Con sorpresa di molti, Küng chiese un incontro con Ratzinger poco dopo essere stato eletto papa nell’aprile 2005. I due sacerdoti mantennero il rispetto reciproco e la corrispondenza per più di 45 anni. Ratzinger, ora Papa Emerito Benedetto XVI, accettò rapidamente di incontrare Küng. I due parlarono per quattro ore e cenarono nella residenza estiva di Benedetto XVI a Castel Gandolfo. Kung ha sempre lottato per la riforma della Chiesa, rendendo facoltativo il celibato, assumendo un’etica evangelica e umanitaria in materia di famiglia e sessualità.
La Libia e le armi di Draghi. In politica estera abbiamo assistito ieri a un altro capolavoro. La visita di Draghi nella Libia che con i soldi italiani fa morire i migranti o in mare o nei centri di detenzione dopo averli torturati, ha ribadito la linea Minniti-Salvini sul Mediterraneo: un accordo sulla transizione energetica e le fonti rinnovabili nel Fezzan, in soldoni petrolio, in cambio della prosecuzione nella complicità italiana per la strage continua di chi fugge da fame e guerre. Nel 2020 il Progetto ferma-migranti ha comportato un finanziamento di 58.292.664 euro alla Libia, quasi dieci milioni in più rispetto all’anno precedente. Sui media compiacenti però in politica estera troviamo soltanto notizie (che non esistono per gli altri giornalisti europei) sulla rinnovata centralità dell’Italia in un Europa. Si sa, i fatti sono soltanto un fastidioso ostacolo fra il giornalismo italiano e il suo totale asservimento al potere.
Come spendere i 209 miliardi del Recovery Plan riscritto dai “Draghi boys”. Si aspettano interventi strutturali, in un Paese che dovrebbe strutturalmente creare posti di lavoro a breve e medio termine colmando il gap digitale che ci allontana dal resto d’Europa. Ma l’unica certezza al momento è che nel piano allo studio del governo c’è il progetto d’incrementare la capacità militare attraverso i fondi del Nex tGeneration, che si aggiungeranno ai 36,7 miliardi di euro già stanziati per le spese militari, risorse sottratte all’investimento e allo sviluppo infrastrutturale dell’Italia.

Lettera Marzo 2021

Carissima, carissimo,
quando una società può dirsi giusta? Una domanda che ognuno di noi dovrebbe porsi per trovare il suo piccolo-grande contributo da dare alla realizzazione di un mondo migliore.
La nostra Costituzione, all’articolo 3 recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge” ed anche che “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.
La giustizia sociale si intreccia inevitabilmente con le opportunità economiche e la libertà. Concetti questi, tutti relativamente recenti. Appartiene infatti al dibattito moderno la riflessione sulla giustizia sociale perché nella pratica, riguarda soprattutto il mondo post rivoluzione industriale nel quale lo sviluppo economico ha determinato la crescita esponenziale delle differenze tra le persone, in particolare in termini di opportunità.
La giustizia sociale più che un obiettivo, dovrebbe essere una metodologia di lavoro della politica e di tutte le istituzioni mondiali chiamate a decisioni che incideranno sulla vita dei cittadini. Giustizia sociale non è solo un insieme di diritti e doveri di ordine sociale; è anche – e soprattutto – la realizzazione della libertà delle persone: libertà dalla fame, dalla povertà, dall’ignoranza, dalla disoccupazione. E’ un concetto dinamico che cambia con la società, è un percorso storico culturale, che avanza con il raggiungimento del benessere collettivo e non certo con quello di pochi.
Per i cristiani invece, il tema della giustizia sociale è parte integrante della loro stessa fede: la carità e la condivisione sono le principali forze propulsive per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera e la manifestazione concreta e operativa dell’amore è la forza straordinaria che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della lotta alle ingiustizie sociali e della affermazione della pace per realizzare una piena e completa dignità di ogni persona oltre che per la difesa della nostra Madre Terra.
Papa Francesco ha spesso affrontato questi temi, a lui molto cari, sottolineando come il problema della povertà non sia solo della Chiesa. Oggi è anche un problema dei singoli e delle comunità. Bergoglio ha ricordato più volte come non può esserci giustizia sociale “che possa fondarsi sull’iniquità” rappresentata dalla “concentrazione della ricchezza” e ha poi insistito sul valore del lavoro come mezzo di liberazione dalla povertà e dalle disuguaglianze: “la precarietà uccide la dignità, uccide la salute, uccide la famiglia”.
Dopo la crisi finanziaria, il terrorismo e la pandemia è ormai evidente come tutto il mondo sia interconnesso. Questo richiede un cambio di prospettiva e l’aggiunta di un ulteriore termine: giustizia sociale globale. Cresce l’impegno sociale dei giovani. A certificarlo è la Conferenza nazionale del servizio civile. C’è un boom di domande presentate. Urge aumentare i posti messi a disposizione. Accogliere giovani al servizio della comunità rende la nostra società più giusta e umana, creando un’empatia contagiosa.
Leggo che sono 125.286 le domande di partecipazione al Servizio civile universale presentate, un numero altissimo, a ennesima dimostrazione della disponibilità dei giovani a impegnarsi. Record di domande significa anche forte varietà di condizioni sociali, culturali, territoriali dei giovani. Le nuove generazioni prendono sul serio l’obiettivo del Servizio civile universale per conoscere i veri bisogni delle comunità, cosa che i politici dovrebbero non solo accogliere ma sostenere nei loro programmi. La pratica favorisce la conoscenza e la realtà dei problemi del Paese. Il Servizio ancora una volta raccoglie l’entusiasmo dei giovani. La loro voglia di darsi da fare. Di contribuire a costruire una società più giusta, inclusiva, resiliente e incentiva il protagonismo attivo nei territori. Un anno di pandemia ha fortemente condizionato e limitato le esperienze formative e relazionali. Il boom di domande è un messaggio esplicito. Il nuovo governo è chiamato a farsene carico. Sosteniamoli, non deludiamoli.
Il tempo quaresimale ci domanda di ritornare all’essenziale. Per molte delle grandi cose bastano poche parole. Le cose essenziali parlano da sé, sono opere, gesti che racchiudono un’eloquenza più grande. Non possono essere sostituite o mascherate con un discorso – anche se fosse molto bello. Le opere hanno il loro peso. Generano le parole, ma solo per toccarci, per arrivare in fondo al nostro cuore. Il resto è solo un’interpretazione. Non si devono confondere le opere coi fatti. I fatti sono la realtà che vediamo da fuori. Le opere – i frutti delle nostre azioni – scendono più a fondo. Non possono essere pienamente visibili. Ciò che facciamo deve arrivare nella nostra parte più profonda perché è destinata ad operare e trasformare. Nessuna delle nostre opere rimane indifferente. Tutte portano con sé conseguenze di cui non sempre ci accorgiamo. Le parole non potranno mai avere la forza delle opere. Possono solo raccontarle, interpretarle. Ma non basteranno mai.
Il Vangelo vive di questo rapporto opere-parole. Il testo di Marco che stiamo leggendo in queste settimane di Quaresima ne è uno degli esempi migliori: riduce le parole per mettere in rilievo le opere di Gesù. Anche le sue parole sono sempre inserite in un contesto operativo. La vita di Gesù non è nient’altro che la pratica del Vangelo annunciato e vissuto, quel vangelo che papa Francesco ha tolto dal cassetto e ce lo ripropone continuamente per praticarlo non per raccontarlo come una storiella. Per questo Gesù vive, agisce piuttosto che parlare. Le sue parole risultano dalle sue opere, le accompagnano. Buona Pasqua. Antonio

Lettera Febbraio 2021

Carissima, carissimo,
venerdì 22 gennaio è entrato in vigore il Trattato per la proibizione delle armi nucleari TPAN.
Si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che vieta esplicitamente questi ordigni, il cui utilizzo ha un impatto indiscriminato, colpisce in breve tempo una grande quantità di persone e provoca danni all’ambiente di lunghissima durata.
“Incoraggio vivamente tutti gli Stati e tutte le persone a lavorare con determinazione per promuovere le condizioni necessarie per un mondo senza armi nucleari, contribuendo all’avanzamento della pace e della cooperazione multilaterale di cui oggi l’umanità ha tanto bisogno”. (papa Francesco)
L’entrata in vigore del Trattato per la messa al bando delle armi nucleari è un punto di partenza. L’obiettivo finale è liberare l’umanità dall’incubo atomico, smantellare tutte le testate, rendere immorale e illegale il loro possesso. Ci sono 15000 ordigni negli arsenali nucleari, ognuno almeno 10 volte più potente delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Un pericolo costante che minaccia la vita del pianeta.

Il Trattato proibisce agli stati di sviluppare, testare, produrre, realizzare, trasferire, possedere, immagazzinare, usare o minacciare di usare gli armamenti atomici, o anche solo permettere alle testate di stazionare sul proprio territorio e di assistere, incoraggiare o indurre altri paesi ad essere coinvolti in tali attività proibite. Le Nazioni che già possiedono armi di questo tipo e che aderiscono al Trattato, devono impegnarsi a distruggere i propri arsenali in accordo con un piano definito e legalmente vincolante; le nazioni, come l’Italia, che ospitano armi atomiche sul proprio territorio dovranno rimuoverle entro una data stabilita.I 50 stati che hanno già adottato il Trattato sono i pionieri di un accordo che deve diventare globale. Sono solo 6 gli stati europei che l’hanno finora approvato e ratificato: Austria, Irlanda, Malta, San Marino, Liechtenstein, Città del Vaticano. Nessuna delle potenze nucleari, Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord, l’ha firmato. Ora vogliamo che anche il nostro paese, l’Italia, si assuma le proprie responsabilità, prendendo una posizione non subalterna alla potenza atomica americana, e si aggiunga agli Stati che hanno ratificato il Trattato. Sono 13.400 le testate atomiche esistenti nel mondo, in continua modernizzazione e con costi da capogiro: 140.000 dollari al minuto per un totale di oltre 70 miliardi di dollari solo nel 2019. «Se si calcolano anche i costi indiretti come i danni ad ambiente e salute o la difesa missilistica per proteggere le testate nucleari, il costo supera i 100 miliardi l’anno. Cifre enormi e in costante crescita. Insopportabili e vergognose di fronte all’emergenza sanitaria, economica e sociale dovute alla pandemia oltre che alle cifre attuali della povertà e del sottosviluppo». Purtroppo l’Italia e i paesi della NATO non hanno sottoscritto il TPAN, mentre il Vaticano lo ha fatto. Preoccupa la presenza di 40 bombe nucleari nelle basi di Ghedi e di Aviano che saranno presto sostituite con le più moderne e letali B61-12. Queste bombe atomiche di nuova generazione saranno montate sui nuovi cacciabombardieri F35, dal costo di 150 milioni di euro l’uno, proprio quelli che l’Italia si appresta ad acquistare in numero di 90 per un costo totale di 14 miliardi!
Non è uno spreco di risorse oltre che un rischio permanente per il nostro Paese? Urge abolire tutte le bombe atomiche.

A parte i vaccini che giungono molto più lentamente di quanto sarebbe necessario, questo momento non permette ancora che la gente si riunisca domenica 14 febbraio per il prossimo Carnevale e per San Valentino, come invece desidererebbe la maggior parte. Su questa base l’ONU considera il 14 febbraio come “il giorno dell’amicizia”.
Oggi viviamo immersi in un mondo virtuale dove le reti sociali ci classificano in gruppi. Basta un clic per avere un amico virtuale, mentre là fuori, nel mondo reale, non può essere così.
Quanto siano vere le parole scritte da Saint Exupéry: “Gli amici non si trovano come i prodotti nei negozi. Non ci sono negozi di amici. Affinché le persone diventino amiche serve tempo e gratuità”.

Per la nostra epoca rappresenta una grande sfida valorizzare le relazioni personali e approfondirle allo stesso tempo, ed è ciò che Papa Francesco nella sua recente enciclica Fratelli Tutti definisce come “amicizia sociale”.
Alcuni gruppi di giovani parlano di “socializzare l’amore”.
Indipendentemente dalle diverse forme ed espressioni che assume, qualsiasi forma di amore ha lo stesso DNA. Sia l’amore di madre, tra fratelli, fra innamorati o amici, tutto l’amore deriva dalla stessa fonte. Si tratta dell’intelligenza amorosa, presente nell’universo e che attua in tutte le persone ed in ogni essere vivente. Le religioni e le tradizioni spirituali la associano a Dio. La tradizione giudaica insegna che nel momento della creazione del mondo, la luce divina si diffuse come fiamme d’amore in tutto l’universo.
Al ricevere queste scintille di Amore così grande, fonte di tutto l’amore, tutti gli esseri viventi vennero divinizzati. Fra loro, ogni essere umano è chiamato a coltivare e a sviluppare questa fiamma affinché non si spenga. Le relazioni familiari, la partecipazione comunitaria e i rapporti di amicizia e di amore coniugale sono strumenti per la piena realizzazione di questa vocazione all’amore.
L’amore coniugale ha una dimensione più esclusiva. L’amore nell’amicizia è più aperto, gratuito ed incondizionato. Per questo mistici di diverse religioni considerano l’amicizia come il segnale per eccellenza dell’amore divino nel mondo. Amare è la nostra vocazione. Tutti gli esseri umani sono chiamati a vivere questo cammino. Siamo felici quando ci sentiamo parte di esso e lasciamo che sia l’amore a guidarci.
Tutte le forme di amore sono assunte nella nostra interiorità che si manifesta in ogni e qualsiasi amore umano.
Pertanto l’Amore ci esorta ad essere sempre più capaci di un amore gratuito e più generoso. Si tratta di amare anche chi non ama, di portare amore dove non c’è amore, in modo incondizionato e senza limiti. Come ribadisce, per chi è credente di qualsiasi fede, la 1a lettera di Giovanni: “Dio è amore; e chi dimora nell’amore dimora in Dio e Dio in lui.” (1 Giovanni 4, 16)

Urge di fronte a ciò più che mai in questo tempo di Pandemia nel quale aumenta la sofferenza riconoscere a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro, ove necessario mettendo a disposizione adeguati mezzi di trasporto pubblici e gratuiti; è l’unico modo per far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani.
Urge abolire la schiavitù e l’apartheid in Italia; riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio “una persona, un voto”: un Paese in cui un decimo degli effettivi abitanti è privato di fondamentali diritti non è più una democrazia.
Urge abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese; si torni al rispetto della legalità costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani.
Urge formare tutti gli appartenenti alle forze dell’ordine, alla conoscenza e all’uso delle risorse della nonviolenza; poiché’ compito delle forze dell’ordine è proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza è la più importante risorsa di cui hanno bisogno.
Urge comprendere che siamo una sola umanità in un unico mondo vivente e salvare le vite è il primo dovere di ogni donna e uomo libero.
Urge amore e solidarietà per gli impoveriti del sistema e la loro inclusione nella comunità, nel rispetto delle differenze, ciò si pone come una dimensione umana e politica.
Oxfam pubblica il rapporto “Time to care”, le vite dei super-ricchi oggi dipendono dal violento sfruttamento di donne, uomini e bambini.
La ricchezza di 2.153 miliardari è oggi pari a quella del 60% di tutta la popolazione mondiale, che senso ha?

Gruppo di Macerata lettera di gennaio 2021
ATTACCO ALLA DEMOCRAZIA — TRUMP IL BARBARO

TRUMP, che doveva rappresentare, in quanto presidente, il custode della democrazia statunitense, con i suoi discorsi populisti e antidemocratici ha seminato fake news congiurando contro la democrazia stessa fiaccata da tanta forza manipolatrice. Nonostante la sconfitta alle recenti presidenziali, e anche grazie alla informazione fuorviante di alcuni media e alla sopravalutazione delle aspettative elettorali, ha continuato a fomentare e incitare alla rivolta un gruppo di esaltati che ricordano i barbari del sacco di Roma. I seguaci di Trump si muovono oggi come i visigoti del 410 che saccheggiarono la città eterna senza conoscere e capire la sua storia e la sua civiltà esportata in tutto il mondo allora conosciuto, contribuendo al crollo dell’impero romano d’Occidente. E’ di oggi l’immagine trasmessa dalla televisione dell’energumeno che con un ghigno strappa dal suo piedistallo il leggio al Campidoglio di Washington o delle masnade che con passo strascicato si incamminano nelle sale del Campidoglio chi con il cappellino alla David Crockett, chi con il viso dipinto, chi con il cappello di pelliccia con corna di bufalo, chi vestito da bucaniere, chi con la bandiera dei Confederati……. Mai un tentativo di insurrezione è stato più sbrindellato di questo eppure ha fatto diverse vittime ( dai notiziari si è saputo che cinque persone hanno perso la vita) fra i “selfie da pensionati in gita”. Una mescolanza fra irrealtà, autolesionismo, rabbia, bisogno di svago e delitto. Non penso che l’America di oggi sia la patria della democrazia, forse non lo è mai stata ma è stata la patria di molte menti democratiche come John Fitzgerald Kennedy, Martin Luther King (I have a dream) che hanno mostrato con il sacrificio della loro vita che la via democratica sia l’unica da perseguire. Chi conosce la storia americana sa che l’America non è la Gerusalemme delle libertà e che la sua storia è piena di dolore e sfruttamento: si pensi ai pellirosse dell’Oklahoma, i veri nativi americani, spazzati via dai conquistatori, si pensi alla schiavitù che ha sconvolto la vita di milioni di esseri umani. Nell’ultimo assalto alla democrazia statunitense mi ha colpito soprattutto la manifestazione spettacolare d’ignoranza e mi sono chiesta come mai in una nazione ricca e potente come gli USA si sono potute estendere così grandi sacche di complottisti, fanatici, negazionisti, che dimostrano di non possedere alcuna educazione scientifica, storica e civica. Altre domande che mi sorgono spontanee sono: a quale persona normale, dotata di un minimo buonsenso, può venire in mente di assaltare un palazzo governativo nello stesso modo con cui si va a fare una scampagnata? Fino a che punto alle classi dominanti conviene lasciare proliferare la mancanza di ragionevolezza e razionalità? Forse conviene al capitalismo spinto lasciare che si diffonda largamente una totale mancanza di senso critico, buonsenso, riflessività?
Maria Cristina Angeletti

Rete di Quarrata Lettera – Gennaio 2021

Carissima, carissimo,
abbiamo vissuto il tempo del Natale facendo un regalo ad un bisognoso vicino o lontano a cui nessuno pensa. Non ci siamo lasciati trascinare dal consumismo che da troppo tempo ci ha sequestrato questo evento. Nella mangiatoia c’erano povertà, realtà e l’amore.

All’inizio del nuovo anno siamo chiamati a trovare tempo per chi è solo, per chi soffre, per chi ha bisogno di ascolto e cura. Se troveremo tempo da regalare, saremo meravigliati e felici.

Nessuno nasce povero, né sceglie di esserlo. Poveri si diventa, la povertà è una costruzione sociale. L’esclusione produce impoverimento, frutto di una società che non crede nei diritti alla vita e alla cittadinanza per tutti, né nella responsabilità politica collettiva per garantire tali diritti a tutti gli abitanti della Madre Terra.

I processi d’impoverimento avvengono in società ingiuste. La lotta contro l’impoverimento è anzitutto la lotta contro la ricchezza sproporzionata e predatrice.

Il pianeta degli impoveriti è diventato sempre più popoloso a seguito dell’erosione e della mercificazione dei beni comuni; nel giugno 2011 abbiamo vinto il referendum per la pubblicizzazione dell’acqua a difesa del sistema idrico. Fu una grande partecipazione popolare aver detto no al potere delle multinazionali di impossessarsene ma la riforma è stata dimenticata in Parlamento. Quanti governi sono passati nell’indifferenza totale…

I beni comuni locali sono come evaporati, da ripubblicizzare non astrattamente.

Beni via via esternalizzati e privatizzati, letteralmente evaporati e con loro sembrano anche letteralmente evaporate le basi stesse della coscienza comune e della coesione sociale.

Le politiche di riduzione e eliminazione della povertà perseguite negli ultimi 40 anni sono fallite perché hanno combattuto i sintomi e non i meccanismi che la creavano. Oggi la povertà è una delle forme più avanzate di schiavitù, perché basata sul furto di umanità e di futuro. E’ l’ora di liberare la società dal cancro dell’impoverimento crescente, bisogna mettere fuorilegge molte leggi e istituzioni che determinano e perpetuano i processi di impoverimento.

La crisi pandemica, la crisi ambientale, il terrorismo internazionale sono le inquietudini e le paure di oggi.

Ognuno di noi, immerso nei ritmi frenetici della vita quotidiana, appare dominato dall’indifferenza e dal pregiudizio, e non riesce più ad essere umano. Nella società dell’avere stiamo perdendo la voglia di essere, la voglia di vivere, di amare, di essere solidale, dell’umiltà, dell’amicizia, della tolleranza, la gioia del dare, il reciproco scambio di idee ed emozioni.

Urge unione e solidarietà per guidarci nelle nostre azioni e nelle nostre scelte quotidiane, urge mantenere vivo ogni giorno la memoria storica del nostro passato, che non può e non deve essere dimenticata, diffondendo quanto sappiamo ai più giovani.

Non c’è dubbio che il 2020 sia stato difficile per tutti e tragico per molti. Ora vengono finalmente somministrati i vaccini contro il COVID-19, dandoci la tanto desiderata speranza di un ritorno alla normalità e un felice 2021.Tuttavia mesi di ansia, sconforto e solitudine possono facilmente creare una spirale di negatività da cui è difficile uscire. A volte, quando siamo giù di corda, non abbiamo interesse nel fare qualcosa che, in realtà, potrebbe farci sentire meglio. Per vivere al meglio il 2021 è necessario liberarsi delle abitudini distruttive e recuperare i nostri livelli di energia. In alcuni casi, inizialmente, potrebbe comportare uno sforzo per fare ciò che gradualmente ci fa sentire meglio.

Oggi più che mai, dobbiamo impegnarci con le piccole azioni quotidiane, per creare il mondo che vorremmo, per costruire assieme una realtà diversa, una realtà fraterna. Non sappiamo quale direzione prenderà il mondo ma, se ognuno di noi ogni giorno lavora per la pace, sarà sicuramente un mondo migliore.

La frenesia del nostro tempo ci porta a competere per il nostro unico successo, spesso siamo cavalli col paraocchi, galoppiamo e riusciamo a vedere solamente davanti a noi, e così tralasciamo le difficoltà di chi non rientra nella nostra sfera privata, mentre basta prendersi cura l’uno dell’altro, dedicando un po’ di tempo ad ascoltare qualcuno, convincere chi ci è prossimo a seguire questa strada. Non possiamo aver paura di cambiare alcune nostre piccole abitudine se vogliamo fare qualcosa di veramente grande.

Rete di Quarrata Lettera – Gennaio 2021

Carissima, carissimo,
abbiamo vissuto il tempo del Natale facendo un regalo ad un bisognoso vicino o lontano a cui nessuno pensa. Non ci siamo lasciati trascinare dal consumismo che da troppo tempo ci ha sequestrato questo evento. Nella mangiatoia c’erano povertà, realtà e l’amore.

All’inizio del nuovo anno siamo chiamati a trovare tempo per chi è solo, per chi soffre, per chi ha bisogno di ascolto e cura. Se troveremo tempo da regalare, saremo meravigliati e felici.

Nessuno nasce povero, né sceglie di esserlo. Poveri si diventa, la povertà è una costruzione sociale. L’esclusione produce impoverimento, frutto di una società che non crede nei diritti alla vita e alla cittadinanza per tutti, né nella responsabilità politica collettiva per garantire tali diritti a tutti gli abitanti della Madre Terra.

I processi d’impoverimento avvengono in società ingiuste. La lotta contro l’impoverimento è anzitutto la lotta contro la ricchezza sproporzionata e predatrice.

Il pianeta degli impoveriti è diventato sempre più popoloso a seguito dell’erosione e della mercificazione dei beni comuni; nel giugno 2011 abbiamo vinto il referendum per la pubblicizzazione dell’acqua a difesa del sistema idrico. Fu una grande partecipazione popolare aver detto no al potere delle multinazionali di impossessarsene ma la riforma è stata dimenticata in Parlamento. Quanti governi sono passati nell’indifferenza totale…

I beni comuni locali sono come evaporati, da ripubblicizzare non astrattamente.

Beni via via esternalizzati e privatizzati, letteralmente evaporati e con loro sembrano anche letteralmente evaporate le basi stesse della coscienza comune e della coesione sociale.

Le politiche di riduzione e eliminazione della povertà perseguite negli ultimi 40 anni sono fallite perché hanno combattuto i sintomi e non i meccanismi che la creavano. Oggi la povertà è una delle forme più avanzate di schiavitù, perché basata sul furto di umanità e di futuro. E’ l’ora di liberare la società dal cancro dell’impoverimento crescente, bisogna mettere fuorilegge molte leggi e istituzioni che determinano e perpetuano i processi di impoverimento.

La crisi pandemica, la crisi ambientale, il terrorismo internazionale sono le inquietudini e le paure di oggi.

Ognuno di noi, immerso nei ritmi frenetici della vita quotidiana, appare dominato dall’indifferenza e dal pregiudizio, e non riesce più ad essere umano. Nella società dell’avere stiamo perdendo la voglia di essere, la voglia di vivere, di amare, di essere solidale, dell’umiltà, dell’amicizia, della tolleranza, la gioia del dare, il reciproco scambio di idee ed emozioni.

Urge unione e solidarietà per guidarci nelle nostre azioni e nelle nostre scelte quotidiane, urge mantenere vivo ogni giorno la memoria storica del nostro passato, che non può e non deve essere dimenticata, diffondendo quanto sappiamo ai più giovani.

Non c’è dubbio che il 2020 sia stato difficile per tutti e tragico per molti. Ora vengono finalmente somministrati i vaccini contro il COVID-19, dandoci la tanto desiderata speranza di un ritorno alla normalità e un felice 2021.Tuttavia mesi di ansia, sconforto e solitudine possono facilmente creare una spirale di negatività da cui è difficile uscire. A volte, quando siamo giù di corda, non abbiamo interesse nel fare qualcosa che, in realtà, potrebbe farci sentire meglio. Per vivere al meglio il 2021 è necessario liberarsi delle abitudini distruttive e recuperare i nostri livelli di energia. In alcuni casi, inizialmente, potrebbe comportare uno sforzo per fare ciò che gradualmente ci fa sentire meglio.

Oggi più che mai, dobbiamo impegnarci con le piccole azioni quotidiane, per creare il mondo che vorremmo, per costruire assieme una realtà diversa, una realtà fraterna. Non sappiamo quale direzione prenderà il mondo ma, se ognuno di noi ogni giorno lavora per la pace, sarà sicuramente un mondo migliore.

La frenesia del nostro tempo ci porta a competere per il nostro unico successo, spesso siamo cavalli col paraocchi, galoppiamo e riusciamo a vedere solamente davanti a noi, e così tralasciamo le difficoltà di chi non rientra nella nostra sfera privata, mentre basta prendersi cura l’uno dell’altro, dedicando un po’ di tempo ad ascoltare qualcuno, convincere chi ci è prossimo a seguire questa strada. Non possiamo aver paura di cambiare alcune nostre piccole abitudine se vogliamo fare qualcosa di veramente grande.

I diritti universali, quelli che non spettano soltanto a noi, dobbiamo e possiamo fare in modo che siano di tutti, perché non dobbiamo batterci l’un l’altro, ma dobbiamo lottare uno al fianco dell’altro per vivere la condivisione.

La solidarietà in questo senso diviene un valore politico in senso lato, di compartecipazione alla vita della comunità. La comunità intesa in modo universalistico, è il nostro pianeta, il cui sfruttamento è da condannare. Essere solidale vuol anche dire avere ma non sprecare, conservare, pensare al prossimo.

Rabbia e insoddisfazione sono emozioni presenti in questo tempo, la povertà spinge sempre più persone alla violenza, i disordini sociali sono sempre più legati alla miseria. Urge una politica all’altezza al fine di risolvere il “grande” problema dell’impoverimento di milioni e milioni di persone. Altrimenti, come evidenziava Paolo VI: “siamo alla viglia della QUARTA GUERRA MONDIALE che non sarà combattuta dagli eserciti, ma dalla COLLERA DEI POVERI”.
Buon anno, Antonio

I diritti universali, quelli che non spettano soltanto a noi, dobbiamo e possiamo fare in modo che siano di tutti, perché non dobbiamo batterci l’un l’altro, ma dobbiamo lottare uno al fianco dell’altro per vivere la condivisione.

La solidarietà in questo senso diviene un valore politico in senso lato, di compartecipazione alla vita della comunità. La comunità intesa in modo universalistico, è il nostro pianeta, il cui sfruttamento è da condannare. Essere solidale vuol anche dire avere ma non sprecare, conservare, pensare al prossimo.

Rabbia e insoddisfazione sono emozioni presenti in questo tempo, la povertà spinge sempre più persone alla violenza, i disordini sociali sono sempre più legati alla miseria. Urge una politica all’altezza al fine di risolvere il “grande” problema dell’impoverimento di milioni e milioni di persone. Altrimenti, come evidenziava Paolo VI: “siamo alla viglia della QUARTA GUERRA MONDIALE che non sarà combattuta dagli eserciti, ma dalla COLLERA DEI POVERI”.

Buon anno, Antonio

Trento, 28 ottobre 2020

Care amiche e cari amici della Rete trentina,

come vi avevamo promesso nella scorsa circolare, vi proponiamo alcuni spunti emersi dall’assemblea di FaRete, la rete delle organizzazioni di cooperazione e solidarietà internazionale del Trentino che riunisce più di 50 associazioni, tra cui la Rete Radié Resch, che è tra i soci fondatori. La sintesi che vi presentiamo è stata curata da Luigi Moser, che ha partecipato all’assemblea in rappresentanza della Rete, con l’aggiunta di alcune riflessioni tratte dalla relazione di Michele Nardelli sul tema “La cooperazione del cambiamento”.

L’assemblea, alla quale erano presenti 38 delle associazioni aderenti, si è svolta il 18 settembre scorso presso l’ex Convento degli Agostiniani, sede del Centro per la Cooperazione Internazionale (CCI), ed è stata introdotta da Pierino Martinelli, presidente di FaRete, il quale ha ricordato la ricorrenza del primo anno di vita dell’organismo (è stata costituita il 15 giugno 2019).

Chiara Sighele, direttrice del CCI, ha sottolineato le criticità relative ai rapporti con le istituzioni provinciali, soprattutto dopo la drastica riduzione dei fondi destinati alla cooperazione internazionale: criticità che hanno portato alle dimissioni del presidente del Centro, Mario Raffaelli, e che hanno fatto temere per la sopravvivenza del Centro stesso. Tra notevoli difficoltà si è deciso comunque di andare avanti, con fondi ridimensionati, con riduzione dell’attività e riassetto dell’organigramma.

La situazione è difficile – ha concluso la direttrice – ma continueremo a fare opera di sensibilizzazione nei confronti della nostra comunità e cercheremo di ragionare su quali siano prioritariamente i servizi da valorizzare”.

L’assemblea è proseguita con l’approvazione del bilancio, che presenta un avanzo di gestione di circa 10.000 euro, accantonato come fondo in vista prossime operazioni/progetti.

Il momento centrale dell’incontro è stata la relazione di Michele Nardelli, che ha invitato gli operatori della cooperazione internazionale ad interrogarsi continuamente per capire il contesto in continua evoluzione in cui operano e il senso profondo della propria azione. In sintesi il pensiero di Nardelli è che la cooperazione internazionale deve essere costruzione di relazioni e non aiuto allo sviluppo. L’idea stessa di sviluppo e sottosviluppo che molti di noi hanno è infatti ampiamente superata. La convinzione che il mondo sia diviso tra paesi sviluppati e paesi sottosviluppati è sempre meno rispondente alla realtà. Questo non significa che non ci siano paesi impoveriti, ma in qualsiasi parte del mondo sviluppo e sottosviluppo si intrecciano. Dobbiamo chiederci, ha commentato Nardelli, se la nostra azione stimola dinamiche di cambiamento. Spesso abbiamo agito pensando di far diventare gli altri come noi, ritenendo che il nostro fosse il migliore dei mondi possibili. Senza pensare che le cause della povertà nascono proprio dal nostro mondo ricco e dalla pretesa che il nostro tenore di vita sia non negoziabile. Dobbiamo capire le dinamiche di potere che generano le povertà. Non è possibile gestire gli aiuti senza consapevolezza dei conflitti. Le crisi con cui abbiamo a che fare a livello planetario – sanitaria, demografica, migratoria, ambientale, economica, sociale, politica … – non sono emergenze, sono crisi strutturali. Prima di fare, di agire occorre studiare, capire. Ci sono tanti segnali che avrebbero potuto farci capire dove stavamo andando. Siamo in un mondo in cui le istituzioni non decidono più niente: sono altri i poteri reali, tra cui la criminalità organizzata e l’alta finanza, spesso intrecciate fra loro.

Nardelli ha citato l’affermazione di papa Francesco secondo cui “siamo dentro una terza guerra mondiale a pezzi”. Secondo il relatore il riferimento non era alle guerre in corso, o almeno non solo, ma piuttosto al conflitto tra inclusi ed esclusi. O cambiamo sistema e facciamo posto a tutti, in modo che nessuno sia escluso – ha commentato Nardelli – o continuiamo ad escludere strati sempre più ampi dell’umanità, fino a mettere in discussione la sopravvivenza stessa dell’umanità. È una guerra più subdola di quelle tradizionali, perché ci coinvolge tutti e ci chiede da che parte stiamo. Una parte dell’umanità sta consumando più di quanto il pianeta è in grado di produrre: viviamo in modo insostenibile e questo significa l’esclusione di qualcuno. Già oggi in Italia a metà maggio abbiamo consumato le risorse naturali dell’intero anno, per cui avremmo bisogno di 3 o 4 Italie per continuare con questo livello di consumo: è questa la terza guerra mondiale di cui parla Francesco, ha concluso Nardelli. Ecco perché non possiamo più guardare la realtà con gli occhiali di prima: dobbiamo riconsiderare il nostro modo di stare al mondo e di relazionarci con gli altri. E’ necessaria una cultura del limite. Il nostro compito non è essere cooperanti ma animatori di comunità. Dobbiamo cambiare rotta. E per farlo non dobbiamo cercare di adattarci alla realtà, ma cambiarla.

La relazione di Michele Nardelli ha suscitato notevole interesse. Per chi fa parte della Rete Radié Resch, in realtà, molti dei concetti espressi dal relatore sono tutt’altro che nuovi. Fin dalla sua nascita la Rete ha posto l’accento sull’importanza delle relazioni più che sulla ricerca del risultato, consapevole che le strutture che generano povertà e ingiustizia nascono dal nostro modello di sviluppo. Per questo la Rete ha sempre privilegiato il sostegno a comunità piccole e significative che si pongono in modo alternativo al modello economico dominante. Questa consapevolezza è stata fin dall’inizio la peculiarità della Rete rispetto a tante altre realtà impegnate negli “aiuti” internazionali. Ne è una prova proprio la Circolare nazionale di questo mese, scritta dalla Rete di Cagliari e allegata alla presente, in cui si esplicitano i valori e le sensibilità della Rete Radié Resch fin dalle sue origini.

A conclusione dell’assemblea, il presidente di FaRete, Martinelli, ha ricordato ancora la difficoltà di rapportarsi con l’amministrazione provinciale. Ci siamo adoperati per evitare lo scontro – ha detto – e abbiamo continuato a tessere relazioni, a volte con senso di frustrazione, ma senza mai perdere la speranza.

E con l’invito a non perdere mai la speranza porgiamo i più cari saluti a tutte e tutti

Fulvio Gardumi e Luigi Moser

 

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