Forse attendiamo un annuncio. Forse questo tripudio di luce si dimentica il “perché” a vantaggio del “come”. Tanti cuori confusamente desiderano incontrare una luce. La luce, badiamo bene, non deve per forza venderci qualcosa. Non deve rischiare di spegnersi in poco tempo. La luce, quella i cui raggi penetrano in profondità, scalda cuore e anima. La luce di cui parlo è l’alba dell’incontro con la nostra vera interiorità e con la nostra spiritualità. È la luce del Natale vero. Quello che non si vende ma riempie il cuore di ognuno di noi.
Buone feste, antonio
Lettera Ottobre 2022
Carissima, carissimo,
sabato 9 settembre dal palco della 29a Marcia per la Giustizia di Quarrata, si è alzato forte il grido: si metta fine a questa guerra, facciamo tacere le armi, siamo di fronte ad una crudeltà senza fine, disumana e insensata. Sono ormai 59 le guerre in atto tra locali, regionali e tra Stati.
Oggi urge riappropriarci delle proprie decisioni, partecipando ad un nuovo progetto culturale comune. E’ durante le crisi che la cultura ci permette di guardare lontano.
Il divario tra ricchi e poveri si allarga sempre di più; ormai siamo all’incredibile, sono quasi 3.000 le persone che hanno ricchezze quanto 7 miliardi degli attuali 8 miliardi che abitano la Madre Terra.
Il Grido dei poveri sale sempre più insopportabile e imprevedibile. Siamo incamminati verso un precipizio che ha tanti nomi.
Il primo è la sempre più lontana auspicata coesione sociale proprio quella che servirebbe a neutralizzare le crescenti tensioni sociali. Lo scandalo delle disuguaglianze viene in gran parte dallla speculazione finanziaria che ha come scopo primario il guadagno facile come scopo fondante, da qui una strage che non terminera mai.
Oggi dobbiamo rimettere la dignità umana al centro e su questo pilastro vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno.
Urge costruire una nuova fratellanza, il filosofo francese Morin, diceva che “creare fratellanza è l’unico mezzo per resistere alla crudeltà del mondo”. Questa fraternità va consapevolmente coltivata, creando una volontà politica di vera fraternità, per un vero e duraturo dialogo, per scoprire la reciprocità e il mutuo arricchimento attraverso nuovi valori.
All’interno dell’attuale contesto da tempo l’uomo massa ha rinunciato al suo ruolo attivo all’interno del processo democratico, le masse sono completamente distratte dai loro desideri ed i partiti sono il sottoprodotto dell’omologazione e del conformismo. Non a caso una stragrande maggioranza di cittadini ha deciso deliberatamente di esprimere il proprio dissenso boicottando le urne elettorali. Nessuno è capace di ascoltare il dissenso, o meglio è più opportuno ignorarlo.
Non bisogna sottovalutare la capacità della società dei consumi, nel momento in cui viene messa in discussione da atteggiamenti e comportamenti capaci di minare la sua sopravvivenza, di riuscire con un abile stratagemma a rendere inoffensivo il dissenso fagocitandolo e assorbendolo al suo interno. In sostanza ogni forma di protesta, è stata abilmente in questi anni assorbita dal sistema e riutilizzata come strumento per la sua riproduzione. Siamo una società che stiamo generando puro consumo per pochi. Perché questa corsa sempre più tesa versa il consumo? Perché abbiamo sposato il fondamentalismo della crescita.
Urge iniziare a coltivare un sogno, non c’è più tempo! La mia non è una profezia, è solo l’inizio di un pensare che andiamo verso un mondo finito…
Ma allo stesso tempo urge la volontà, il desiderio, la forza e l’impegno che deve essere possibile interrompere questo circolo infinito: produzione-consumo.
Dobbiamo lavorare nuovamente e solertemente per una rivalutazione della politica, per una restituzione ai poveri e alla Madre Terra e resistere, per uscire dalla prigionia dell’impero del consumo dell’accumulazione.
Per questo le azioni individuali possono avere importanti conseguenze ed influenzare il corso della storia umana.Partendo da questa considerazione, non essendo più i Partiti e le loro Leadership, il motore del cambiamento, è necessario, impegno di ogni singolo per convincere le persone che il “sempre di più” non porta ad un benessere superiore, ma che lo stesso benessere può essere raggiunto con meno.
Lo sviluppo delle ingiustizie è direttamente proporzionale alla Società della crescita, i cui membri spinti dal produttivismo esasperato, perdono di vista ogni tipo di coscienza diventando perfino complici della distruzione dell’Ecosistema.
Anche se il futuro è imprevedibile non possiamo ignorare le evidenze del momento, per questo è importante uscire dall’ indifferentismo generalizzato tipico dell’uomo massa, e creare le basi per una ricostruzione dell’immaginario basato su un nuovo modello partecipativo e un luogo d’ascolto e costruzione, in cui sia utile porre le basi organizzative per unire le piazze allo scopo di partecipare realmente ad una nuova società, respingendo il mito storico dell’utilità e del progresso e riscoprire che la felicità dell’uomo non passa dal vivere molto per consumare molto, ma dal vivere bene in relazione con gli altri uomini e donne e la Madre Terra, per questo urge che condividiamo con chi non ha.
Scrivo oggi martedì 11 ottobre, la stessa di sessanta anni fa, il 1962 fu la data che segnò l’inizio del principale evento ecclesiale del XX secolo.
Sessanta anni fa, nella basilica di San Pietro, Giovanni XXIII avvia il Concilio ecumenico Vaticano II. Per conferire nuova vitalità alla Chiesa. Ed aprire nuove vie nel dialogo ecumenico.
Le modalità di attuazione del Concilio sono state profondamente diverse nelle varie parti del mondo, le Chiese più giovani e più povere dei Paesi del Sud del mondo hanno saputo recepire in modo più creativo e innovativo il messaggio conciliare. In Europa, in particolare, la sfida della secolarizzazione e dell’individualismo radicale ha reso più difficile l’accoglienza di quel vento di rinnovamento comunitario originato dal Concilio. Ma anche nelle chiese del Sud America e dell’Africa si presentano oggi sfide altrettanto insidiose, una mancanza di lettura politica del messaggio conciliare, ha lasciato inevasa una domanda di religiosità popolare. Che è stata invece interpretata dal diffondersi di miriadi di Chiese evangeliche pentecostali e del loro radicarsi negli strati più popolari che stanno ostacolando Lula per la corsa alla presidenza.
Non a caso il papa Francesco ha voluto aprire il Giubileo della misericordia -ancor prima che a Roma, a San Pietro- nella cattedrale di Bangui. Capitale della Repubblica Centroafricana.
Penso all’ecumenismo e al dialogo interreligioso, alla custodia del Creato e l’ecologia integrale,all’accoglienza dei immigrati e la convivenza interculturale, alla collegialità nella Chiesa e l’apertura verso i divorziati, infine; la presa di distanza da ogni forma di potere.
Si tratta di prospettive che sono legate tra loro da fondamentali principi: l’inclusione, la comprensione, l’uguaglianza nella dignità e la misericordia. Al quinto Convegno nazionale della Chiesa italiana a Firenze Francesco ha dichiarato con forza il suo no ad una Chiesa ossessionata dal potere. E ha aggiunto, significativamente, che gli piace una Chiesa italiana inquieta. Sempre più vicina agli abbandonati. ai dimenticati, agli imperfetti. Quindi, Francesco non ha certo modificato i principi fondamentali della dottrina della Chiesa, ma ha saputo presentarli non come dogmi lontani dalla vita delle persone. Bensì come vie per trovare un significato pieno alla propria vita, credenti e non credenti.
Papa Francesco appare in tutto e per tutto figlio del Concilio, non può vantare di essere stato uno dei padri conciliari. Ma forse, proprio per questo, è in grado di realizzare le novità conciliari nella loro interezza e integrità, arricchendole, a sessant’anni di distanza, di una ulteriore carica profetica e innovativa contro il fondamentalismo della crescita.
Antonio
Carissima, carissimo,
questa mattina mi sto interrogando sul rapporto che c’è tra la corretta gestione del tempo e la spiritualità. Abbiamo sempre fretta. Ci manca il tempo. Non abbiamo tempo. Il tempo vola. Anche le vacanze sono vissute sotto la pressione del tempo. In pochi giorni si deve riuscire a fare tanto. E magari si ritorna più stressati di prima o con l’impressione di non aver sfruttato bene il tempo.
Ritrovare se stessi, significa inevitabilmente fermarsi, rallentare, sostituire obiettivi pratici ed utilitaristici, con momenti di pura gratuità e riflessione; sedimentare le nostre esperienze di vita, coglierne il valore e il senso, sentirsi radicati nella propria interiorità e capaci noi di pilotare l’esistenza.
L’opposto dello sradicamento a cui ci porta la fretta, la necessità di fare tante cose, il bisogno di rendere, la preoccupazione di essere efficienti: Spesso il riuscire a fare tanto fa a pugni con il riuscire a fare bene.
Con l’avvento della tecnica, specie in questi ultimi decenni, la nostra società ha impresso l’acceleratore a tutto… Spesso nel nome del progresso!
Ciò fa si che sempre di più le persone che sentono la fatica di dover sempre correre, di doversi affannare in continuità per qualche cosa. Quante cose andrebbero in maniera ben diversa se invece di rincorrere le necessità a cui ci hanno obbligato i nostri sistemi di socializzazione, se sapessimo davvero fermarci, fare il punto della situazione, rivedere la gerarchia delle priorità che ci guidano. Per poi ripartire… Saper ricominciare sempre a tutti i livelli, è garanzia di saggezza e di sana spiritualità. Ciò implica sospendere l’uso sfrenato dell’acceleratore, per imparare a vivere più lentamente, più in profondità, assaporando, centellinando.
Certamente siamo tutti consapevoli che la pandemia e l’attuale l’invasione della Russia in Ucraina stanno cambiando le nostre relazioni. Non solo quelle personali e sociali, ma anche quelle politiche, commerciali, economiche…
Ha cambiato tutti il mondo della comunicazione in ogni ambito, rendendola più agile, almeno da un punto di vista di collegamenti, ma allo stesso tempo più continua e, anche, più insidiosa.
Una certezza, però è forte e chiara, c’è tanto da fare. E’ tempo di mettere da parte i conflitti e i protagonismi per essere responsabili e impegnarci a ripartire superando ogni tipo di distanza, non solo quella sociale, per costruire relazioni e rapporti affidabili.
È tempo di cambiare la mentalità crescente di conflittualità ed interessi per cercare veramente la convivenza di tutti e tra tutti, costruendo la pace nella solidarietà e nel rispetto reciproco.
Il bene comune sociale, la vita di ogni persona così come la sua dignità umana, non possono essere oggetto di teatrini politici e di baratti economici. La salute di un bambino come quella di un nonno, in qualunque continente, è un bene che non può in alcun modo essere oggetto di interessi economici e di brevetti privati.
La vita e tutti i beni comuni che ne sono garanzia di qualità e dignità, ci appartiene e ci riguarda tutti allo stesso modo.
La questione delle disuguaglianze sta sempre di più assillando l’opinione pubblica, per le conseguenze deleterie e minacciose che essa sta producendo in seno alla nostra società ma nel mondo intero. L’aumento progressivo della ricchezza da una parte e della povertà dall’altra, sono una mina vagante per l’avvenire dell’umanità. E’ inutile riportare ancora una volta qui le cifre di questo scandalo crescente. Sono cifre ormai note a tutti. La ricchezza mondiale è in mano a pochissimi individui e, su un piano più esteso a pochissimi popoli.
Tutto ciò avviene causa gli egoismi, le sopraffazioni, le ingiustizie di cui gli uomini da soli e in collettività sono maestri specializzati.
Chi porrà rimedio a tutto questo?
A noi la scelta, nasconderci o darci una mano!
La Rete Radié Resch, è nata per approfondire, per capire e denunciare, per questo abbiamo creato relazioni ugualitarie con le comunità referenti dell’America Latina, della Palestina, dell’Africa per poter confrontarsi e sostenersi.
Sappiamo quali sono i meccanismi che determinano la povertà della maggioranza degli abitanti del mondo, per questa presa di coscienza sociale, politica e religiosa (per chi è credente di qualsiasi religione) sosteniamo progetti di solidarietà verso comunità in cammino per la loro liberazione.
Antonio
29a Marcia per la giustizia
Quarrata (Pistoia)
Sabato 10 settembre 2022 ore 20,45
Ritrovo in piazza Risorgimento alle ore 20,45
Alle ore 21,00 inizieranno le riflessioni
da parte degli invitati
FERMIAMO TUTTE LE GUERRE
Antonietta Potente, teologa
don Luigi Ciotti, fondatore Gruppo Abele e Libera
don Mattia Ferrari, cappellano della nave Mediterranea
Mohamed BA, senegalese, attore e scrittore
Moni OVADIA, attore e poeta
Nello SCAVO, inviato di Avvenire
Carissima, carissimo, anno nuovo, vita nuova? Dipende. Possiamo continuare a ingozzarci di carne e dolci, inzuppati di bevande alcoliche, come se la gioia uscisse dal forno e la felicità venisse imbottigliata. O l’opzione di un momento di silenzio, una preghiera, l’effusione di umanità in abbracci affettuosi. Dobbiamo ritrovare l’umanità. Spogliarci dal lupo vorace che, nell’arena competitiva del mercato, ci rende estranei a noi stessi. Perché accelerare così tanto se dobbiamo fermarci al semaforo rosso? Perché tanta dipendenza dal cellulare e difficoltà nel dialogare faccia a faccia? In politica, la tolleranza è complicità.
Anno di nuova qualità della vita. Meno ansia e più profondità. Urge rinascere. Immergerci in noi stessi, facendo spazio, braccia e cuori si aprino agli altri. Ricreare e appropriarsi della realtà circostante, libera dalla pastorizzazione che ci massifica nella mediocrità bovina di chi rimugina sulle meschine abitudini, come se la vita fosse una finestra da cui contempliamo, notte dopo notte, la realtà che sfila negli illusori sogni ad occhi aperti di una telenovela.
La pandemia del coronavirus sta rigettando tutte le tesi del neo-liberismo e dello stesso capitalismo. Entrambi difendono la competizione, mentre adesso l’importante è la cooperazione e la solidarietà. Difendevano l’individualismo quando ora ci rendiamo conto del fatto che tutti siamo interdipendenti.
Sfruttavano in una forma impietosa la natura e ora ci rendiamo conto che dobbiamo rispettare e prenderci cura della Madre Terra, in quanto il virus è una reazione e una rappresaglia della stessa Terra contro le aggressioni che gli facciamo da più di due secoli. Il piccolo sta sconfiggendo il grande.
Il coronavirus rende ridicolo tutto l’apparato bellico dei paesi militaristi che hanno costruito armi di distruzione di massa, nucleari, chimiche e biologiche. Ci sta dando una lezione: cosi come stiamo trattando la Casa Comune, con pochissimi miliardari a spese di miliardi di poveri e della sistematica depredazione della natura, non possiamo continuare. Il virus non distingue ricchi e poveri, gente di potere e altri senza potere. Attacca indistintamente tutti.
Sicuramente non distruggerà la specie umana, ma la Madre Terra ci sta dando segnali. Questa è la prima guerra globale dentro un mondo globalizzato. Tutti sono colpiti: o stabiliamo relazioni di solidarietà e cooperazione, prendendoci cura gli uni degli altri o ingrosseremo la processione di quelli che spingono nella direzione di un abisso. Possibilmente il mondo sarà un altro dopo che avremo attraversato la crisi del coronavírus. O il sistema si imporrà con ancora più violenza, o dovremo cambiare la direzione del nostro destino su questo pianeta.
La pandemia ci fa scoprire le nostre false sicurezze e la nostra incapacità di vivere insieme. Questo tempo così difficile ci aiuta a comprendere che ci sono anche altre malattie sia fisiche che spirituali. Abbiamo bisogno gli uni degli altri e soprattutto di qualcuno che dia un senso profondo alla nostra vita.
Gesù è venuto nonostante le barriere, le umiliazioni, le negazioni che vengono disseminate, nonostante gli scenari di guerra in Yemen, Siria, Afghanistan, Ucraina, Bielorussia e delle decine di conflitti dimenticati in Africa e in Asia.
Donne, uomini e bambini trovano rifugio solo nelle capanne della marginalità globalizzata di un mondo che cancella tutto ciò che contrasta con l’effimero e l’utile economico.
Quanti discendenti dell’assassino Erode ci sono oggi, dallo sterminio dei bambini ai quali mancano i farmaci basilari mentre si spendono miliardi per armamenti sempre più sofisticati e crudeli, all’infanzia ridotta alla fame e al gelo lungo le frontiere di “nonna Europa”. Ma quale nonna lascerebbe i nipoti morire di freddo davanti ai muri dell’indifferenza spietata e del calcolo geopolitico?
Mai quanto in pandemia l’egoismo uccide: che senso ha vincolare ai brevetti la diffusione di un vaccino che, come disse lo scienziato Sabin per l’antipolio, deve essere patrimonio dell’umanità e non strumento di tornaconto per l’industria farmaceutica? Papa Francesco ha ribadito la necessità di rendere universale l’accesso alla vaccinazione perché “nessuno si salva da solo”, lasciare miliardi senza immunizzazione equivale a condannarsi a continue mutazioni del virus e ad una emergenza senza uscita. Anche questa è l’avidità omicida dei moderni Erode.
La stessa che costringe famiglie sempre più disperate ad affidare i loro piccoli, alle acque in tempesta del Mediterraneo: ottomila bambini arrivati nel 2021 senza genitori, il doppio dello scorso anno. Quali ferite rimarranno nel cuore di questi bambinelli sopravvissuti alla brutalità di un tempo ostile e privo di Misericordia? Che adulti diventeranno i bambini che il terzo millennio rifiuta?
don Tonino Bello ci esortava così a non avere paura: “La speranza è stata seminata in te. Non avere paura, amico mio. Dio è sceso su questo mondo disperato. E sai che nome ha preso? Emmanuele, che vuol dire: Dio con noi. Coraggio, verrà un giorno in cui le tue nevi si scioglieranno, le tue bufere si placheranno, e una primavera senza tramonto regnerà nel tuo giardino”
Antonio
Adesso segue “Felice Anno Nuovo” del nostro fratello Frei Betto
Desidero un Anno Nuovo dove, a Dio piacendo, tutti i bambini, quando accendono i loro apparecchi elettronici, ricevano un bagno di Mozart, Pixinguinha e Noel Rosa; imparino la differenza tra impressionisti ed espressionisti; vedano spettacoli e dormano dopo aver detto le preghiere.
Desidero un Anno Nuovo in cui, in campagna, ognuno abbia il suo pezzo di terra, dove prosperino arance e ortaggi, e volino i passeri tra le vacche da latte. In città, un tetto sotto il quale brilli la cucina con pentole piene, la sala sia tappezzata di rammendi colorati, la foto a colori degli sposi esposta in una cornice ovale sul divano.
Aspetto un Anno Nuovo in cui le chiese aprano le porte al silenzio del cuore, l’organo sussurri il canto degli angeli, la Bibbia sia condivisa come il pane. La fede, di pari passo con la giustizia, faccia sì che il cielo smetta di fissare lo sguardo su coloro a cui è negata la felicità su questa terra.
Un Anno Nuovo Felice con le coppie oziose nell’arte dell’amore, la casa che odora di profumo, i figli che contemplano i volti appassionati dei loro genitori, la famiglia così assorta nel dialogo da non rendersi nemmeno conto che TV e cellulari sono dispositivi muti e ciechi in un angolo della stanza.
Auguro un Anno Nuovo in cui i sogni libertari siano così forti che i giovani, con il cuore che pulsa di ideali, non ricorrano alla chimica delle droghe, non temano il futuro, né si esprimano in dialetti incomprensibili. E che si presentino alle urne di ottobre per salvare le politiche pubbliche di protezione sociale, la riduzione delle disuguaglianze sociali, l’autostima del popolo brasiliano e la sovranità nazionale.
Spero in un Anno Nuovo in cui ciascuno di noi eviti di accumulare rancori nelle pieghe del proprio cuore e che lavi le pareti della memoria dalle ire e dai dolori; non scommetta su corse con il tempo né registri la velocità del tempo in base alla frequenza cardiaca.
Un Anno Nuovo per assaporare la brevità della vita come se fosse perenne, in compagnia di orafi di incanti.
Auguro un Anno Nuovo, in cui a tutti sia garantito il diritto al lavoro, l’onore di un salario dignitoso, le condizioni umane di lavoro, le potenzialità della professione e l’allegria della vocazione.
Prego per un Anno Nuovo nuovo anno in cui la polizia sia conosciuta per le vite che protegge e non per gli omicidi che commette; i detenuti rieducati alla vita sociale; e che i poveri riescano a restituire agli occhi della Giustizia il disegno della cecità che li esenta.
Un Anno Nuovo senza politici bugiardi, autorità arroganti, funzionari corrotti, adulatori di ogni tipo. Liberi da estasi infantili, la politica sia la moltiplicazione dei pani senza miracoli, dovere di alcuni e diritto di tutti.
Spero in un Anno Nuovo in cui le città tornino ad avere piazze alberate; le piazze, panchine accoglienti; le panchine, cittadini a cui è concesso il sano svago di contemplare la natura, ascoltare in silenzio la voce di Dio e festeggiare con gli amici le piccole cose della vita – una serie di ricordi, una partita a carte, le risate provocate da chi si distingue come il migliore narratore di aneddoti.
Auguro un Anno Nuovo dove l’uomo non umili mai la donna; l’insegnante di cittadinanza non getti carta per terra; i bambini lascino il posto ai più vecchi; e la distanza tra pubblico e privato sia rispecchiata dalla trasparenza.
Desidero un Anno Nuovo di libri saporiti come i popcorn, il corpo meno intasato di grasso, la mente libera dallo stress, lo spirito inserito in una sala da ballo al suono di misteri più profondi.
Attendo un Anno Nuovo il cui evento principale sia l’inaugurazione del Salone della Persona, dove vengano presentate alternative, affinché mai più un essere umano si senta minacciato dalla povertà o privato del pane, della pace, della salute, dell’educazione, della cultura e del piacere.
Un Anno Nuovo in cui la competitività lasci il posto alla solidarietà; l’accumulazione alla condivisione; l’ambizione alla meditazione; l’aggressività al rispetto; l’idolatria del denaro allo spirito delle Beatitudini.
Aspiro a un Anno Nuovo di uccelli orchestrati dall’alba, fiumi denudati dalla trasparenza delle acque, polmoni che esultano per l’aria fresca e una tavola piena di cibo non inquinato.
Un Anno Nuovo che sia l’ultimo dell’Era della Fame.
Auguro un Felice Anno Nuovo di molta salute e pace ai miei pazienti lettori – quelli che sono d’accordo e anche quelli che non sono d’accordo.
Prego per un Anno Nuovo che non invecchi mai, così come le querce che ci danno ombra, la filosofia dei greci, la luce del sole, la saggezza di Giobbe, lo splendore delle montagne del Minas, la letteratura di Machado e Rosa.
Auguro un Anno Nuovo così nuovo che dia l’impressione che tutto rinasca: il giorno, l’esuberanza del mare, la speranza e la nostra capacità di amare. Tranne quello che in passato ci rendeva meno belli, generosi e solidali.
Cari e care,
ci facciamo vivi per augurarci reciprocamente il meglio possibile per le prossime feste.
Ma cominciamo con riferirvi innanzitutto del Seminario del 13 e 14 novembre.
Come ricorderete, era stato deciso per ripensare insieme il nostro lungo cammino. Ci eravamo dati come titolo IL SOGNO DELLA RETE: UN LEGAME CON IL FUTURO
Ed è stato realmente un momento molto partecipato, sia per l’interesse dell’argomento, sia per la gioia di potersi rivedere dopo tanto tempo. Si erano iscritte al Seminario più di 70 persone e quindi anche i momenti di confronto sono risultati molto vivaci e ricchi di spunti.
I relatori in parte sono stati presenti e in parte hanno mandato il loro contributo videoregistrato. Già questa è stata per noi una bella novità, rispetto alla difficile organizzazione dei precedenti convegni. Come vedrete, per esempio, è stato sempre presente come osservatore Filomeno Lopes, giornalista originario della Guinea Bissau. Ma abbiamo avuto contributi importanti in videoconferenza da Haiti, dal Brasile, dal Cile e dall’Africa.
Tutti i relatori hanno sottolineato l’importanza di restare fedeli ai valori portanti della Rete, piccola realtà che non ha ceduto alla tentazione di diventare una struttura burocraticamente organizzata. Ci hanno invitato, anzi, a ritornare alle fonti senza cedere alla paura o alla nostalgia, ma ricercando ancora una volta in esse la spinta di quell’utopia mobilizzatrice che ha sempre accompagnato il cammino della Rete, ancora oggi convinta che un altro mondo è possibile.
Di seguito il link che contiene il materiale del Seminario, dove potete scegliere anche i singoli interventi che vi interessa ascoltare
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Intanto gli eventi si accavallano e non possiamo tacere sull’ipocrisia dell’Europa che da una parte condanna il regime della Bielorussia che usa i migranti come arma di ricatto, ma dall’altra non si assume la responsabilità di corrette politiche di accoglienza, né al confine polacco (si tratta di alcune migliaia di persone), né sulle coste francesi della Manica, né ai confini orientali, dove la polizia croata mette in atto respingimenti del tutto illegali, infliggendo vere e proprie torture anche a ragazzi minorenni. Nel frattempo, si rinnovano gli accordi con la Libia, finanziando la guardia costiera perché possa riportare nelle terribili prigioni di quel paese chi tenta di attraversare il Mediterraneo.
Di fronte a questo “naufragio di civiltà”, come l’ha definito papa Francesco nel suo ultimo viaggio a Lesbo, crediamo che più che mai oggi sia necessario testimoniare con le proprie scelte di vita la solidarietà, consapevoli al contempo della portata politica del proprio agire.
Anche qui in Italia denunciamo che si cerca di intimidire chi fa solidarietà: la più nota vicenda è quella di Mimmo Lucano; ma continua il tentativo di mettere sotto accusa le ONG che operano i salvataggi in mare. Quest’anno, inoltre, un’anziana coppia di Trieste (Fornasir Franchi) è stata denunciata e ha subito perquisizioni al proprio domicilio. Hanno fondato un’associazione che si dedica ad assistere chi arriva stremato e disperato a Trieste. La loro prima attività è proprio il curare e il fasciare i loro piedi feriti.
Vediamo alzarsi, dunque, sempre nuovi muri materiali e sempre nuove barriere economico-politiche, ma sappiamo che per la nostra salvezza e per quella del pianeta c’è una sola possibilità: “uscirne insieme”. Questa è l’utopia verso cui ancora una volta ci spinge la Rete.
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Per quanto riguarda i nostri progetti, sono appena arrivate dal Ghana le foto che testimoniano che, ad Adjumako, i lavori di costruzione del blocco mensa e servizi per la scuola stanno andando avanti molto bene, tanto che si è arrivati al tetto.
In memoria di Emilio Butturini abbiamo raccolto, come rete locale e con le offerte di amici di altre reti, 3300 euro. Inoltre, 470 euro sono stati versati da amici di Emilio e di Paola, che frequentavano, insieme a loro, uno stesso gruppo biblico.
Questi contributi sono stati suddivisi tra i due progetti che sosteniamo come rete di Verona:
il microcredito in Guatemala e il diritto allo studio delle ragazze in Ghana.
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Infine, stiamo aspettando che suor Alicia dalla Palestina possa trovare una data possibile per un incontro on-line. Speriamo così di vederci presto anche tra noi, almeno su zoom, per farci gli auguri di buone feste insieme a lei.
Anche Emma, la nostra referente in Ghana si è resa disponibile per inviarci un video sull’andamento del progetto. Questo video probabilmente sarà pronto all’inizio del prossimo anno e sarà un altro motivo di sentirci e ritrovarci.
Un caro saluto e un augurio affettuoso a tutti e a tutte.
Maria e Gianni
Verona, 13 dicembre 2021
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